lunedì 5 dicembre 2016

Laboratorio teatrale 100 ore con Ivano Marescotti (seconda parte)


foto di Chiara Roncuzzi, un'insegnante del Circolo



Qui la prima parte


3 dicembre, riparte il secondo weekend con il laboratorio teatrale 100 ore con Marescotti organizzato dal Circolo degli Attori.
Ivano Marescotti ci presenta subito uno spezzone dello sceneggiato televisivo Le avventure di Pinocchio diretto da Luigi Comencini ovvero quando Geppetto, interpretato da Nino Manfredi, parlava a Pinocchio mentre si trovavano nello stomaco del pescecane.
Pinocchio non poteva sentirlo, era addormentato, e Geppetto gli stava preparando la colazione parlando anche di quale guaio fosse incappato per cercarlo.
Poteva anche stare seduto, ma in quel momento era stato scelto questo.
Ogni azione che si fa deve avere una funzione drammaturgica.

Anche se il discorso di Geppetto sembrava andare in una direzione, le sue azioni mostravano preoccupazione e amore verso Pinocchio.
Un altro esempio che ci ha fatto è di quando nel film Un tram che si chiama desiderio di Elia Kazan, Marlon Brando, che interpreta Stanley Kowalsky, mangia in maniera vorace, senza alcun riguardo verso sua moglie Stella e sua cognata Blanche.
Ogni azione ha la sua importanza e non è necessario che venga spiegato.
Invece di dimostrare, di dirlo con le parole, si può fare lo stesso con le azioni.
Azione non vuol dire per forza movimento. Anzi, certi movimenti sono superflui e servono solo per dimostrare ossia qualcosa che ha del didascalico.
All'inizio ci ha fatto sedere uno di fronte all'altro e potevamo dialogare di qualsiasi cosa. L'importante era tenere alta la concentrazione verso l'altro.
Poi due che parlavano mentre noi guardavamo.
La richiesta di Marescotti è stata poi quella che i due dovevano prendere la postura, l'intonazione dell'altro.
Infine un altro esempio con un luogo e una situazione specifici.
Si è in un bar e uno deve comprare una macchina. L'altro gliela vende, ma in realtà lo vuole truffare.
Ovviamente non deve essere chiaro l'intento.
Il tutto però deve essere fatto solo con le azioni.
Ed ecco come è venuta la scena: arriva quella che deve comprare la macchina, si siede e già si dimostra impaziente con l'orologio che viene continuamente guardato. Arriva l'altra e si parlano senza volume.
Ivano Marescotti interrompe subito la scena dicendo che si tratta di pantomima ovvero quando si tratta di sostituire le parole con i gesti, mimandole, qualcosa che non si deve assolutamente fare.
Ribadisce ancora una volta che se si sbaglia un esercizio, questo non è da considerare un errore a tutti gli effetti. Anzi, è un modo per imparare che cosa non funziona.
Mi viene in mente un esercizio che ci ha proposto al Circolo degli Attori un amico dell'insegnante Davide Allevi ovvero con un compagno dovevamo inscenare una situazione sapendo bene che tipo di rapporto avevamo, se amici, parenti o altro.
Il tutto solo con le azioni tranne due frasi tratte da un dialogo di Macbeth (una frase per ognuno) che non dovevano fare da risposta all'altro.
Così, in questo primo esercizio io ho fatto la stessa identica cosa: ovvero mimare la parlata, come se ad un certo punto avessero tolto il sonoro.
Quindi negli esercizi successivi ho cercato di essere più attenta a ciò, a esserne maggiormente consapevole.
Anche perché fare solo azioni vuol dire che non ci deve essere bisogno delle parole.


Nuova situazione: si è nella sala d'attesa del dentista.
Bisogna avere chiaro chi siamo e che cosa portiamo con noi ovvero da quale situazione veniamo.
Questo esercizio è stato ripetuto in modo che partecipassero tutti, quattro ogni volta.
Piano piano si vedeva che la situazione stava andando sempre meno verso l'omologazione.
Marescotti ci fa presente come anche un personaggio di poco conto in un film in realtà è il protagonista della sua storia. Solo perché il film non è incentrato su di lui, non vuol dire che quando compare abbia poca importanza. Ha la sua storia, sia quella che sta vivendo in quel momento, sia quella da dove viene.
C'è chi per esempio ascoltava la musica (non sentendo i gemiti di dolore che Marescotti faceva), chi non si staccava dal cellulare, chi è passato davanti a una perché faceva il rappresentante e si mostrava prima immobile come una sfinge.
Quando ci andai io, ci fu una frase di Ivano Marescotti che mi tornò in mente ovvero "Cercate l'impedimento ovvero tutto quello che non ti porta direttamente alla scena. Non si va mai in un posto per fare la scena. L'impedimento crea opportunità."
Così, quando sono uscita con le altre tre per entrare, ho chiesto di essere l'ultima.
Quando fu il mio turno, rimasi impietrita.
Presa la mia decisione, mi sono messa a sedere ma subito dopo ho cambiato di posto e sono rimasta lì immobile, fissando un punto finché non mi hanno chiamata. 
Perché tutto questo?
Quando ho chiesto di entrare per ultima è perché volevo trovarmi in quella situazione ovvero che quasi tutte le sei sedie fossero occupate e non c'era abbastanza spazio. Inevitabilmente sarei andata vicino a un'altra persona e per il mio personaggio non rappresentava una cosa da poco.
Ma poco dopo essermi seduta, la persona accanto a me si è un attimo distesa colpendomi un attimo. Un'inezia, ma per il mio personaggio era abbastanza per farmi cambiare di posto.

Il mio comportamento non era qualcosa che era spiegato ed era appunto quello che chiedeva Marescotti ovvero: "A teatro non va svelato quel che si è, va velato. Nascondendo, si deve capire il personaggio."

A volte Ivano Marescotti faceva dei rumori come lamentele e noi vedevamo le reazioni oppure aveva chiesto ad uno di uscire dolorante con la mano che si teneva la guancia.
In un altro caso, aveva fatto presente all'ultima che aspettava che il dottore era già andato via.

Tra altri che hanno provato c'era una che ha preferito andarsene prima di essere chiamata e uno che ha saltato il turno in corsa.

Marescotti ha detto che va bene scegliere a priori di fare un'azione. E' lo stesso con le battute che sono ovviamente imparate a memoria. L'importante è che scaturiscano come un'esigenza del momento e quindi non far capire che eravamo preparati a ciò.
Anche il fattore della fantasia. Avere fantasia per un attore non vuol dire far vedere quanto è bravo in quella cosa, com'è bravo a fare acrobazie, ma serve per cercare, per non andare appunto nell'omologazione e lasciare che il personaggio sia quel che è.
Senza dimenticare l'importanza del sottotesto. Le intenzioni non sono sempre chiare e palesi.
A volte una frase serve per dire il contrario.

Non è necessario poi che le reazioni siano esagerate e qui ci ha fatto l'esempio di quando è stato comunicato all'allora presidente George W. Bush che le Torri Gemelle erano state colpite.
Lui era in una scuola che stava leggendo a dei bambini piccoli e la sua reazione fu apparentemente impassibile. Ma in quel momento c'è da chiedersi "Che cosa stava pensando?" 
Si pensa che ad un fatto sconcertante, la reazione debba essere enfatica, esagerata ma è più forte che quella reazione sia interna o che almeno parta dall'interno.
Come ho specificato prima, non bisogna dimostrare.
  

Si passa al pomeriggio e dalla Domus dei tappeti di pietra, si va in una nuova sede (quella che vedete in queste foto), una chiesa in via Oberdan.



da sinistra a destra: un'allieva, Cristiano Caldironi, Chiara Roncuzzi e Ivano Marescotti


Nuova situazione: si è in un bar e i personaggi sono un uomo e una donna. A lui piace lei e bisogna vedere se lui si dà alla conquista oppure pensa di non essere abbastanza e se lei si accorge di essere vista e la sua reazione.
Così mi alzo e Marescotti chiama un ragazzo.
Usciamo ed entro io per prima.
Mi siedo e dalla borsa, che non ho, tiro fuori un libro.
Arriva lui, mi vede e rimane lì impiantato, immobile che mi fissa.
Io sono impegnata nella lettura mentre bevo un tè e poco a poco mi accorgo della sua presenza, all'inizio in maniera distratta.
Poi si siede e mi guarda, gli sorrido e continuo a leggere il libro.
Mi fissa ancora e tutto ciò mi inquieta ma poi mi fa sospettare che gli interesso.

Tutto ciò è andato bene quindi Marescotti ci chiede di dimostrare, per far vedere l'errore.
Arriva lui che fa segno di sedersi accanto a me e ordina a un cameriere così io faccio quest'ultimo il segno del due.

Ritorniamo a posto. Anche in questa maniera siamo stati convincenti.

Passiamo ad altre prove.
Quello che ho notato è che quando si tratta di una scena che si fa in due ci deve essere una reazione all'altro anche se uno è molto restio. Comunque è una persona che occupa uno spazio e che ha bisogno del suo spazio.
Quando ho fatto quel personaggio alla sala d'attesa del dentista, il mio spazio personale equivaleva al mio corpo. Tutto ciò che mi colpiva, anche qualcosa che mi sfiorava, era visto come un'intrusione.
Inoltre per mostrare l'interesse non è necessario mettersi davanti.
Anzi, se tutti si mostrano davanti facendo reazioni di totale, troppa disponibilità a farsi vedere, colpisce di più l'attenzione uno che si allontana un attimo. Questo è un esempio che Ivano Marescotti ci ha raccontato dalla sua esperienza di un provino.

Altra situazione: si è in una stazione d'aeroporto e si parte.
Sempre senza parlare.



Qui mentre aspettavamo che i due allievi rientrassero per la scena


Ritorna ancora il fatto che non bisogna fare pantomima ovvero sostituire le parole con i gesti.
Inoltre ci sono alcuni gesti che anche se fatti nella vita reale, nella recitazione non sono validi.
Per esempio il gesto di farsi no quando una situazione non è andata come si aspettava, è un gesto che nella recitazione scade in quelli da evitare perché dimostrativo.

Dopo la pausa chiama un ragazzo e gli chiede di fare un animale, un esercizio che hanno fatto la domenica precedente.
Gli chiede di cercarlo nel corpo, di dislocarsi, di cercare di sentire che cosa voglia dire avere zoccoli o artigli, Gli chiede di non impostarsi subito come quando si fa il rinoceronte e allora ci si mette a testa bassa perché si ha il corno e bisogna andare alla carica.
E così vediamo il ragazzo che esplora le possibilità del suo corpo, disarticolandosi.
Si vedeva chiaramente che stava cercando e tramite questa ricerca è arrivato a un animale, alla chiocciola.
Era quasi raggomitolato su se stesso con la testa chinata verso la parte opposta del braccio che fuoriusciva e faceva la testa, esplorando così il terreno.
Era davvero in una posizione scomoda che ha tenuto per tutto il tempo finché Ivano Marescotti l'ha fatto smettere.


Ci propone un altro esercizio ovvero un dialogo da dire prima solo con le parole, poi solo con le azioni e infine parole con azioni.
Il dialogo è qualcosa di assolutamente banale:

Lui: Che giornata di merda.
Lei: Cos'è successo?
Lui: Il direttore dice che ci sono degli errori nei conti
Lei: Non parliamo di lavoro, Dai, usciamo. Andiamo al cinema.
Lui: C'è la partita in tv.

Ma anche una situazione banale come questa richiede comunque una ricerca e domande da farsi.
Nessuna situazione è mai ovvia.
Chi sono lui e lei? Sono sposati, parenti, fidanzati?
E se tipo stanno insieme, da quanto tempo?
E se sono sposati, si tratta di una situazione che perdura oppure è la prima volta che succede?
Inoltre che mondo portiamo noi dentro?
Se è una situazione che si ripete continuamente, allora è importante il sottotesto. Tipo lei è insofferente, ma invece di dimostrarlo o di aggiungere parole come è capitato ovvero è stato detto Cos'è successo stavolta? bisogna affidarsi all'intonazione che non vuol dire affidarsi al birignao, come ho parlato nel post del primo weekend.
Oppure anche la frase Che giornata di merda, Nell'omologazione, si direbbe la frase sottolineando la parola "merda" come se già non si capisse che è stata proprio una giornata di merda.

A volte Ivano Marescotti ci ha chiesto di esagerare.
E' qualcosa che ho visto chiedere spesso nei laboratori, di esagerare per far variare la persona, per farla incorrere in altre strade.
Molte volte ho sentito: "Urla! Incazzati!" ma spesso chi è dall'altra parte si sente inibito nel fare ciò.
Anche perché poi dall'esagerazione si può sempre togliere e può esserci uno spunto da portare.
Così anche gli esercizi che derivano dalle diverse scuole di pensiero sul teatro e sulla recitazione. Per lui sono utili quando portano qualcosa e sempre secondo lui, non c'è una scuola di pensiero migliore di un'altra.

La lezione finisce.
Ci sarebbe domenica che, come è successo per l'altra volta, per diversi motivi non ho potuto partecipare.

Molto di quel che ha detto mi ha fatto molto riflettere sulle mie passate recitazioni. Per esempio il fatto di non dover dimostrare.
Accorgersi di quando poi quando qualcosa non funziona, sia che fatto da me o da altri, è sempre utile


Il prossimo weekend è quello del 17 e del 18 dicembre.

A presto, quindi.


Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte (il mio monologo)

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