sabato 10 dicembre 2016

Poesie come grida di notti disperate

La notte spesso lascia spazio a grida dell'anima, come urla silenziose che si protraggono e ascoltarle può essere doloroso perché sembra che ti lacerano e senti la pelle spaccarsi.
Purtroppo queste grida vengono spesse ignorate e dico purtroppo anche se so benissimo che non è facile ascoltarle, che si vorrebbe farle tacere.
Dico purtroppo perché il farle tacere non le farà sparire.
Ritorneranno più forti e più dolorose.
E anche il solo fatto di guardarle e non fare niente sembra qualcosa di impossibile.
Così sembra crearsi un circolo vizioso di cui spesso ci si vergogna e si mettono in moto meccanismi, ripetizioni per poter controllare gli eventi ma sarebbe come imbrigliare un cavallo selvatico e pretendere che faccia ciò che gli ordini.


Ho deciso di condividere con tutti voi due mie poesie scritte anni fa, poesie scritte di notte, degli sputi di un grido che mi sembrava assordante.
Le foto che vedrete sono state scattate da Francesca Woodman, una fotografa purtroppo morta suicida a 23 anni ma quello che qui mi interessa è il suo lavoro, il suo scandagliare gli abissi della psiche.






Autoritratto

La scelta
Assaggiai del sangue l'essenza,
ma fu così blu
che ne rimasi indignata
Ora, la mia vita è persa
e nient'altro
Una bocca s'aprì:
"Nel cielo verde
e nel prato blu
va' ad incontrare l'arcobaleno
e la risposta avrai."
Due labbra ribattono:
"O vivi o muori.
O resti o scappi.
O amata o umiliata.
Tocca a te decidere."
Il tempo decide da sé.
La vita non è più affar mio.
Solo una cosa mi domando:
ma che razza di tempo è
il mio?

Avevo 13 anni quando l'ho scritta.
Non si tratta di un errore quando ho scritto "cielo verde" e "prato blu". Intendevo un mondo che fosse letteralmente alla rovescia.
Una volta temevo il blu. Mi faceva paura quella sensazione degli abissi, era come se mi venisse l'apnea al pensare che mi potesse circondare.
Ora è uno dei miei colori preferiti. Continuo a non amare quello particolarmente scuro, specialmente se associato all'acqua, ma riesco a guardarlo più serenamente.


Ci sono poi notti disperate nelle quali ti sembra che ogni tua sensazione sia ampliata e allora lì gli occhi sembrano spalancarsi come se fossero loro stessi ad urlare.
Voler scappare, voler andare via. Ad ogni costo!
E così scrivi, per poter trasferire sulla carta tutte quelle sensazioni come se le vomitassi direttamente su quel foglio.


Appesa

Creatura infame
che non appartieni a questo mondo,
che passeggi libero,
prigioniera solo della tua malattia,
spirito in carne, 
burattino del fato,
perché esisti?
Pretendi di vivere,
ma desideri morire.
Pretendi di essere,
ma desideri sparire.
Allora perché sei ancora qui?
Forse l'illusione,
la brama fantasia
ti fanno stare appesa 
con i piedi che sfiorano terra,
ma la testa nel cielo.
Eppure lo sai benissimo anche tu
che non puoi stare in un posto,
perché non hai casa
ed il tuo rifugio
sarà quello che temi tu:
la pazzia.
Perché una volta pazza,
ti sarai tolta la maschera
e penserai di essere libera
ma sarai condizionata dal fatto
che ne sei anche prigioniera
ed il vero nemico che hai di fronte
sei tu.
Allora perché sei ancora qui?
Forse perché sogni
ed un sogno può avvicinarti sempre di più
a quello che sei:
una persona.


Una persona.
Nonostante tutto. Nonostante quello che senti ti sembra essere fuori dal mondo, incomprensibile.
Anche quest'ultima mia poesia l'ho scritta anni fa quando avevo poco più di vent'anni.
Adesso ne ho 33 e anche se a volte mi sento male, quel tempo lì è lontano come se fosse una vita fa, come se avessi ucciso quella parte di me stessa, a morsi, a graffi, strappandomi le viscere e riscrivere da capo con queste.
A volte alcuni fantasmi del passato ricorrono, ma dentro mi sento più forte.


Perché espongo tutto questo?
L'arte, qualsiasi tipo di arte, può essere un ottimo ponte per chi vive nella solitudine della loro psiche, pensando magari che tutto ciò che provano non possa essere compreso.
Forse non completamente, ma alcuni stralci possono risuonare coi propri.
E io dentro sto continuando a scrivere il mio percorso coi stralci della mia anima, cucendola in diversi punti, creare un manto che mi possa andare bene mentre attendo che le ali si rigenerino permettendomi così di volare.

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