Dite che per Edward Cullen si sono ispirati alla mia pettinatura?
Ma Lynch lo sa?!
Dire qualcosa su Eraserhead è quasi un'impresa.
Primo film di David Lynch, segnato da un'inquietudine allucinata che portava Stanley Kubrick a farlo vedere durante la lavorazione di Shining proprio per far trasmettere quell'inquietudine, si può dire che questo sia il suo manifesto.
A parte una piccola trasgressione con Una storia vera del 2007, il suo segno distintivo è stato quello di un cinema per immagini, onirico, senza un nesso logico a volte esagerando il tutto come è successo con INLAND EMPIRE.
La mente è il suo tema prediletto con i suoi inganni, i suoi labirinti e se non è diventato psichiatra come desiderava, alla fine ha potuto mettere questo interesse nei suoi film.
Ma un po' come succede con quasi tutti i registi che affrontano il tema dell'orrore (Alfred Hitchcock in primis), il realizzare un film è un po' un tentativo di esorcizzare qualcosa che è rimasto incompiuto, una paura terribile, qualcosa che a parole non può essere rilevato.
Eraserhead è il più spirituale di tutti i miei film. Quando lo dico nessuno capisce, ma è così.
Eraserhead si stava sviluppando in una certa direzione, e non avevo idea di cosa volesse dire. Cercavo la chiave d'accesso al significato di quelle sequenze. Qualcosa capivo ovviamente ma non sapevo quale fosse il cemento che teneva insieme tutto il film. Una bella fatica. Così tirai fuori la Bibbia e iniziai a leggerla. Un giorno lessi una frase. Chiusi la Bibbia: era fatta. Fine del discorso. Allora vidi il film come un tutt'uno. La frase completò questa visione al posto mio, al cento per cento.
Penso che non rivelerò mai quale fosse quella frase.
Durante i cinque anni necessari per terminare le riprese di Eraserhead pensavo di essere morto. Credevo che il mondo sarebbe stato radicalmente diverso prima di riuscire a portare a termine il film. Mi dicevo: "Eccomi qui, in questa dannata cosa. Non riesco a finirla. Il mondo mi sta lasciando indietro.". Avevo smesso di ascoltare musica e la televisione non la guardavo comunque. Non volevo che mi raccontassero cosa mi succedeva nel mondo perché per me era come morire.
A un certo punto, pensai addirittura di costruire un piccolo set di cartone e un pupazzetto del protagonista Henry, alto magari venti centimetri, e animarlo in stop motion fino alla fine. Era l'unico modo immaginabile per portare a termine il film, perché non avevo un soldo.
Poi un giorno mio fratello e mio padre mi fecero accomodare in una stanza buia, forse un salotto. Mio fratello era un tipo molto responsabile, come nostro padre. Mi fecero un bel discorsetto. Ci mancò poco che il mio cuore si spezzasse, perché dissero che avrei dovuto trovare un lavoro e lasciar perdere Eraserhead. Essere responsabile e trovare un lavoro, avendo una figlia piccola.
Beh un lavoro lo trovai: consegnavo a domicilio il Wall Street Journal, e guadagnavo cinquanta dollari alla settimana. Risparmiavo il necessario per girare una scena e finalmente chiusi l'intera faccenda. Iniziai anche a meditare. Jack Nance, l'attore che interpretava Henry, mi aspettò per tre anni conservando il ricordo del personaggio, tenendolo in vita. C'è una scena del film in cui si trova davanti ad una porta chiusa e solo un anno e mezzo dopo girammo la scena seguente in cui la varcava. Mi chiedevo come fosse potuto succedere. Come ha fatto a rimanere coerente con il personaggio per così tanto tempo. Invece Jack aspettò e ci riuscì.
David Lynch, da In acque profonde. Meditazione e creatività
Eraserhead è il più spirituale di tutti i miei film. Quando lo dico nessuno capisce, ma è così.
Eraserhead si stava sviluppando in una certa direzione, e non avevo idea di cosa volesse dire. Cercavo la chiave d'accesso al significato di quelle sequenze. Qualcosa capivo ovviamente ma non sapevo quale fosse il cemento che teneva insieme tutto il film. Una bella fatica. Così tirai fuori la Bibbia e iniziai a leggerla. Un giorno lessi una frase. Chiusi la Bibbia: era fatta. Fine del discorso. Allora vidi il film come un tutt'uno. La frase completò questa visione al posto mio, al cento per cento.
Penso che non rivelerò mai quale fosse quella frase.
Durante i cinque anni necessari per terminare le riprese di Eraserhead pensavo di essere morto. Credevo che il mondo sarebbe stato radicalmente diverso prima di riuscire a portare a termine il film. Mi dicevo: "Eccomi qui, in questa dannata cosa. Non riesco a finirla. Il mondo mi sta lasciando indietro.". Avevo smesso di ascoltare musica e la televisione non la guardavo comunque. Non volevo che mi raccontassero cosa mi succedeva nel mondo perché per me era come morire.
A un certo punto, pensai addirittura di costruire un piccolo set di cartone e un pupazzetto del protagonista Henry, alto magari venti centimetri, e animarlo in stop motion fino alla fine. Era l'unico modo immaginabile per portare a termine il film, perché non avevo un soldo.
Poi un giorno mio fratello e mio padre mi fecero accomodare in una stanza buia, forse un salotto. Mio fratello era un tipo molto responsabile, come nostro padre. Mi fecero un bel discorsetto. Ci mancò poco che il mio cuore si spezzasse, perché dissero che avrei dovuto trovare un lavoro e lasciar perdere Eraserhead. Essere responsabile e trovare un lavoro, avendo una figlia piccola.
Beh un lavoro lo trovai: consegnavo a domicilio il Wall Street Journal, e guadagnavo cinquanta dollari alla settimana. Risparmiavo il necessario per girare una scena e finalmente chiusi l'intera faccenda. Iniziai anche a meditare. Jack Nance, l'attore che interpretava Henry, mi aspettò per tre anni conservando il ricordo del personaggio, tenendolo in vita. C'è una scena del film in cui si trova davanti ad una porta chiusa e solo un anno e mezzo dopo girammo la scena seguente in cui la varcava. Mi chiedevo come fosse potuto succedere. Come ha fatto a rimanere coerente con il personaggio per così tanto tempo. Invece Jack aspettò e ci riuscì.
David Lynch, da In acque profonde. Meditazione e creatività
Quando uscì, dopo 4 anni di realizzazione e dopo una lunga battaglia per la sua poca commerciabilità, fu sconsigliato alle madri incinte perché avrebbe rilevato una paura comune: il bambino che sto partorendo è un mostro?
Solo che qui vediamo una creatura che è sì deforme, ma si comporta come un bambino qualsiasi: piange, ha fame...
Ma a differenza di altri film dell'orrore come anche La mosca di David Cronenberg (in una sequenza la giornalista ha un incubo sulla nascita del piccolo concepito con l'uomo-mosca), qui il piccolo è già nato e viene lasciato alle cure di Harry.
Una paternità saputa improvvisamente e in più di una creatura che, nato prematuramente, sembra ben lontano dai visi sorridenti che spesso vediamo nelle pubblicità dei pannolini.
In più all'inizio conosciamo la famiglia di Mary, la sua amata, una famiglia stramba che per cena ti prepara cosce di pollo mignon che sanguinano e si muovono e tra una crisi e l'altra, ti rilevano della nascita del piccolo.
Dopo che Mary se ne va perché infastidita dal pianto del bambino, Harry cala sempre di più in un incubo che si fa "reale" e si sa che il mondo onirico ha regole che non ha nulla a che fare con la logicità del mondo reale e spesso quello che mostra nasconde e significa ben altro.
Inoltre David Lynch, come un prestigiatore, ci tiene a non rivelare nulla del film neanche sulla realizzazione della creatura.
Quindi, come in un quadro astratto, ognuno ci vede quel che vede perché lo vede coi propri occhi. E con film simili l'unica cosa da fare è abbandonarvisi.
E poi come dice la Lady Radiator
In heaven/ everything is fine
Curiosità:
Per realizzare la pettinatura di Harry ci volevano 5 ore.
Il protagonista in seguito a questo film ha avuto una carriera da caratterista, in secondo piano e ha partecipato a quasi tutti i suoi film con piccole parti:
Dune: Capitano Nefud degli Harkoonen
Velluto Blu: Paul, uno degli amici del personaggio interpretato da Dennis Hopper
The Cowboy and the Frenchmen: Pete, uno dei cowboy
Twin Peaks: Pete Martell
Cuore Selvaggio: "00 Pool"
Strade Perdute: meccanico del garage (una delle sue ultime interpretazioni).
Muore nel 1996 in seguito, sembra, ad una rissa.
Nel 2002 fu realizzato un documentario I don't know Jack prodotto dalla Next Stop Production
Qui il link del sito ufficiale del documentario
Aggiornato
anche per la pettinatura di edward cullen mi sa che ci vogliono almeno 5 ore :)
RispondiEliminasempre grande occhio di lynch!
Non è vero il nesso logico c'è, altrimenti sarebbero inutili accozzaglie, il cinema di Lynch è un cinema astratto, ma i significanti sono ben presenti, basta sforzarsi e si trovano subito, Lynch lascia che sia lo spettatore a fare libere interpretazioni ai suoi film, non è certo cinema come lo intendiamo noi, che fa capire tutto, ma è un cinema che deve essere lo spettatore a capire, non c'è bisogno che Lynch ti spiega il film :)
RispondiEliminaCredo che quella su Kubrick sia solo una diceria..
RispondiEliminaPer il resto, è un capolavoro di regia.
Un mio stimatissimo professore, riferendosi ai lavori di Lynch, mi ha chiaramente detto che "chiunque dica di averci capito qualcosa non ha capito un c***o!", perchè alla fine osno come dei sogni, li vivi, punto e basta. E' inutile cercarci un significato. E io li apprezzo per questo motivo!
@ Marco Goi: Di sicuro. Se una cosa è sviluppata in Lynch è il suo occhio in tutti i sensi: da anticipare il futuro a creare le visioni.
RispondiElimina@ Arwen Lynch: Infatti ho precisato che è il nesso dei sogni perché anche i sogni hanno una sua logicità seppur bizzarra
@ Studentesso: Ammetto che verso la seconda parte quando viene lasciato da solo col bambino non posso dire di essere sicura di aver visto quello che intendeva il regista. O forse neanche lui sa. Ha avuto una visione, un'immagine e l'ha voluto inserire.