Premetto subito una cosa: con "difficile" intendo un ruolo che non solo ti scava nel profondo, ma che normalmente lo temeresti.
Ogni ruolo può presentare la sua difficoltà, anche quello più innocuo, ma io parlo di interpretare un personaggio che ha commesso un omicidio, che ha una storia disastrata alle spalle, un ruolo nel quale non puoi essere al sicuro.
Sarah Bernhardt in Lady Macbeth ritratta da Felix Nadar, 1884
(non il mio ruolo)
Al momento sto lavorando con il Circolo degli Attori, oltre a preparare uno spettacolo, un ruolo che potrebbe rientrare ne "i ruoli della vita". O meglio sto preparando un monologo.
Non vi dirò il personaggio, quello più avanti, però mi sta facendo molto riflettere interpretare un ruolo del genere.
Facendo questi anni di laboratorio, partendo dal 2003, ho interpretato diversi ruoli, tutti disparati e questo mi va più che bene perché non mi interessa essere definita, se mai riuscirò ad andare nel professionale, un'attrice comica o drammatica.
Io sono un'attrice.
Ecco, questo ruolo rappresenta una sfida per me anche se si tratta di un monologo poiché rappresenta un momento cruciale.
Vi posso dire che in seguito ci saranno delle morti causate da questa stessa persona e che scava molto nell'interiorità.
Quando si vede un attore, spesso lo si immagina in atteggiamenti pomposi e molto coreografici, ma se quei movimenti non scaturiscono dall'interno, potranno sembrare solo vuoti.
L'esteriorità di un personaggio non è meno importante della sua interiorità.
Posso anche avere ben in questione che cosa sento, ma si arriva al come esprimerlo.
Quando mi è stato dato questo monologo da colui che gestisce il Circolo degli Attori e ci dirige, ovvero Cristiano Caldironi, ero tutta eccitata e non vedevo l'ora di farlo.
Ma non perché gongolavo bensì perché pensavo subito al confrontarmi con esso.
Leggevo, leggevo e pensavo al come farlo.
Come interpretare un personaggio del genere, che dice di voler commettere un omicidio?
Ora, non sono una psicologa e ci mancherebbe altro.
Non ho neanche intenzione del "Sbatti il mostro in prima pagina" e se lo sentissi in televisione, non credo che starei a giustificarlo.
Come fare allora?
Tutte le persone sono governate da emozioni comuni e se si va a vederle, alla fine le possiamo riconoscere.
Quand'è che mi sono sentita una sola volta così?
Bene.
Prendiamo questa emozione, allarghiamola, facciamola crescere, facciamola scorrere in noi mantenendo il controllo.
Non è facile soprattutto perché certe emozioni come gelosia, invidia, rabbia ecc... il più delle volte vengono taciute e bollate come negatività.
Quindi anche il riconoscere in noi stessi può essere difficile.
Per questo è bello vedere come attori diversi interpretano lo stesso ruolo.
Non si tratta solo di testo, ma anche di come dirlo, che cosa ti muove nel dirlo, perché lo dici e ogni attore può fare la sua differenza.
Personalmente ho scoperto all'inizio che il fare teatro, ancora prima di diventare un mio pensiero di professione, mi ha aiutato molto ad esternare certe emozioni e scoprivo che potevo trasformare le brutture in grandiosità.
Soprattutto in una prova, ho visto come prendere questa emozione ed ero quasi come nel dominarla come se stessi facendo una danza col fuoco.
Quindi, non sto per niente inneggiando a questa donna che uccide, ma sto cercando di riconoscere e scoprire la sua umanità.
Può magari sembrare un controsenso, soprattutto se parliamo di killer seriali, stupratori, gente che stermina un popolo ecc...
Ecco, questa è una faccenda delicata.
Ci sono molte scuole di pensiero su tecniche teatrali che raccontano come affrontare un ruolo del genere (e non esiste solo il metodo Stanislavskij poi Strasberg).
Personalmente trovo molto utili le interviste fatte a persone che hanno avuto situazioni simili e vedere quanto ci sia assolutamente "normale" (per loro) in questo così come non pensano solo a quello nella loro vita.
Quando si pensa a un ruolo del genere, spesso lo si immagina come stereotipo eppure bisogna grattare ben sotto, non accontentarsi di ciò.
Ed è importante sviluppare il distacco dal personaggio se si vuole mantenere integra la propria salute.
Comunque detto ciò, un personaggio va scoperto come se fosse pieno di tasselli, un puzzle.Questo è ciò che posso dire finora.
Di sicuro mi verrà in mente qualcos'altro sempre sul tema dopo aver scritto pubblicato ciò.
Ovviamente non mi ritengo arrivata.
Sto facendo un percorso e chissà dove mi porterà.
Per adesso sono contenta dei ruoli che ho ricevuto e anche della fiducia ricevuta da chi mi guidava e dirigeva.
Ditemi voi che cosa ne pensate e se avete avuto ruoli del genere
"Quando si vede un attore, spesso lo si immagina in atteggiamenti pomposi e molto coreografici"
RispondiEliminaOddio, mi hai fatto venire i brividi con questa frase: sono il genere di "interpretazioni" che non sopporto! Sai benissimo come la penso, al riguardo e che sono d'accordo con te, perché anch'io ne ho parlato più volte.
Penso che un attore non debba mai giudicare il personaggio. Qualsiasi cosa abbia fatto, qualsiasi atto abbia commesso, aveva una motivazione. Questa motivazione per l'attore deve apparire naturale e insindacabile.
Prendiamo, ad esempio, un ruolo che è capitato a me: Clitennestra. Una donna che uccide il marito. Al giorno d'oggi si penserebbe che è una donna orribile, un'assassina, un essere ignobile... ma bisogna entrare nella mentalità greca, che è quella del personaggio. Il marito aveva sacrificato la figlia Ifigenia per poter partire per la guerra e le leggi non scritte della famiglia prevedevano che chi si macchiasse di un delitto simile dovesse essere punito con il sangue. Ecco che Clitennestra agisce non solo per il dolore di aver perso una figlia, ma anche e soprattutto secondo l'idea di giustizia insita nella tradizione greca: è la legge degli dei che le impone di dare la morte a chi ha ucciso il frutto del suo grembo. La vendetta era l'unica forma di giustizia per i reati di sangue, quindi non era vista come un delitto, ma come un atto doveroso.
L'attore non deve mai dare un giudizio in base alla sua morale o alla sua percezione della realtà, ma assumere le ragioni del personaggio. L'attore non deve essere oggettivo, ma sempre "di parte"... almeno finché è nel personaggio, poi bisogna uscirne ovviamente.
Detto questo, buon lavoro :)
Infatti. Non spetta a noi giudicare.
RispondiEliminaPer quanto riguarda gli atteggiamenti da attore, alcune volte mi sono azzardata di fare certi movimenti, ma mi erano, come dire, suggeriti dal testo e venuti spontaneamente e non perché erano degli automatismi.
Ho letto tutto.
RispondiEliminaPurtroppo non so darti una vera e propria risposta.
Ho provato a fare l'attore, ma per gioco...
Beh non c'è nulla di male nel farlo per gioco.
RispondiEliminaAnch'io all'inizio l'ho fatto per gioco e ho ritrovato i giochi che facevo da bambina quando mi rinchiudevo in camera e interpretavo le storie che inventavo, facendo tutti i personaggi cambiando a loro la voce.
Da lì poi è venuta la passione del teatro, un desiderio nel farlo diventare lavoro.
Alla fine dipende da che cosa vuoi, che cosa desideri sinceramente.
Comprendo benissimo quello che provi. Mi è capitato di interpretare Virginia Woolf in un mio lavoro, un atto unico, ispirato al film "The hours". Mi sono imbattuta anche in un personaggio femminile di un manicomio (ruolo col quale ho vinto un premio di regia); mi è capitato di portare i due monologhi celebri di Lady MacBeth. E al momento sto lavorando sul personaggio di Frida Kahlo, per un mio spettacolo che debutterà in maggio. I ruoli drammatici, sofferti, profondamente difficili da rendere, sono una straordinaria sfida per un'attrice. Una volta scoperto questo mondo, se sei realmente un'interprete, non puoi più farne a meno. Io sono nata come attrice caratterista, ma col tempo la commedia brillante mi ha stancata. Sto sperimentando questo versante e a detta di alcuni fedelissimi, è quello che arriva in modo indimenticabile al pubblico. Sto imparando, molto devo sperimentare e conoscere. Ma toccando alcune corde di se stessi, possiamo rendere dignitosamente la sofferenza, il dubbio, e altri sentimenti così difficili su un palcoscenico. Mi interessa molto il tuo percorso, aggiornalo qui sul blog.
RispondiEliminaGrazie mille Luz sia per le tue parole sia per aver voluto condividere la tua esperienza.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la commedia brillante, non saprei dire perché di solito anche nelle più grandi commedie c'è una punta di drammaticità e per far ridere, bisogna davvero essere seri.
Intanto, merda per il tuo percorso.
E poi caspita, un lavoro su Frida Kahlo. Molte volte l'ho "ospitata" qui sul mio blog.
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