venerdì 11 settembre 2009

Che cos'è un quadro?

Questo è un vero e proprio sfogo contro chi non considera il lavoro che c'è dietro a un quadro, contro chi lo considera solamente come un oggetto d'arredamento.
Per me il lavoro comincia ancora prima di quando impugno il pennello e lo intingo nel colore. E non consideriamo il fatto economico anche se può sembrare brutta questa cosa.
Dico questo perché non c'è alcun rispetto da troppa gente. Non dico che mi si deve gettare ai piedi un tappeto dovunque passo, ma se vieni ad acquistare un quadro non mi fai quelle figuracce. Quali? Quelle che vi elencherò qua sotto.
Alla mia prima mostra del 2004, a 21 anni, è entrato uno di corsa e mi fa: "Voglio quel quadro!"
Il quadro è una raffigurazione della mia coniglietta nana Bonnie e misura 90x90 cm. Imbarazzata da tanta intraprendenza, e anche orgogliosa, gli faccio: "Ok, sono 200 euro.". E lui mi risponde: "Così tanti?". Io sono rimasta interdetta: "Ma come? Mi tengo bassa apposta perché sono all'inizio e lui mi fa: Così tanti?"
Il prezzo non gliel'ho dato a caso. All'Accademia ci avevano dato una piccola formula per dare un prezzo: altezza+base+un piccolo quantitativo che possa riassumere i colori e pennelli.
Il nostro dialogo prosegue così.
Io: "Signore, è un 90x90."
Lui: "Io però volevo fare un regalo di Natale." Piccola nota: eravamo a inizio dicembre.
Io: (sempre più interdetta) "C'è un altro quadro con la coniglietta ed è più piccolo." Ovvero: più piccolo, spendi meno.
Lui: "Eh, mi piace questo perché c'ha delle belle guanciottone!"
Mio brivido lungo la schiena a sentire "guanciottone" per di più con una voce melensa.
Lui. "Adesso ci penso."E se ne va.
Ovviamente, non è più ritornato.
L'altro "incontro" è stato con una signora col passeggino nella mia ultima mostra del 2008.
Entra una signora col passeggino e mi fa: "Vorrei che lei mi facesse un quadro."
"Va bene." rispondo
"Lo vorrei di questa grandezza. (indica un quadro 100x80) Però lo voglio per così."
Con le mani mi fa il segno che lo vuole per il largo.
"Ok, sono 200 euro."
"Così tanti?!"
Ma cos'è? Sono tutti e due parenti? Per di più me l'ha detto con aria antipatica.
Nella galleria c'era una mia carissima amica che dipinge da anni e a questa signora fa:
"Signora, guardi che la ragazza le ha fatto un prezzo bassissimo."
"Beh io quando ero incinta, facevo dei piccoli dipinti con le tempere che si lavano con l'acqua."
E io penso: "Sì, perché io uso quelli."
Parliamo, ma senza raggiungere accordi.
Allora, cosa ho imparato da tutto ciò? C'è molta ignoranza in giro e appunto, come ho detto all'inizio, non si considera il lavoro che c'è dietro. Un lavoro non può riflettere la fatica che c'è dietro però non credo ci sia bisogno di spiare il lavoro di chi si appresta a fare un quadro, i ripensamenti che ci sono dietro però forse si dovrebbe installare una videocamera. Il bello è che poi molte persone considerano troppo un prezzo che faccio io ed è bassissimo quando invece si appresta a comprare qualunque cosa che fra una stagione deve essere assolutamente sostituito.
E poi il bello sono le persone che dicono: "Ah, io una cosa del genere riesco a farla benissimo" e così penso: "Le cose sono due: o non sai minimamente di cosa c'è dietro oppure sei un pittore e ancora non lo sai."
Non bisogna pensare che uno che dipinge sia per forza un hobbysta e bisogna avere rispetto come per qualunque persona che lavora.
A volte credo che una persona paghi il nome dell'artista e non la sua opera. Spero che più avanti incontrerò persone che siano sicure di prendere il mio quadro per quello che è, una sinfonia di colore.

6 commenti:

  1. Come non essere d'accordo su quanto dici? Anche a me stupisce molto la sprovvedutezza di certe persone nei riguardi dell'Arte. Non so, per me pensano che l'Arte sia qualcosa di decorativo, da appendere alla parete magari scegliendo bene i colori del quadro in base al colore della parete. Queste povere persone non sanno che l'Arte va oltre il puro dato fisico, che non è questione di arredamento, e che in realtà una vera opera d'Arte degna di questo nome NON HA PREZZO! A questo proposito mia cara Elena ti faccio leggere questo racconto breve di uno dei miei scrittori preferiti in assoluto: Edgar Allan Poe. Spero che tu non l'abbia ancora letto questo racconto, così avrai l'emozione della 'prima volta' (a proposito, ti ringrazio dei complimenti che mi hai fatto per i miei 101 video...La 'Carica dei 101', come dici bene tu ;-))))))))))))
    P.S. Provo a spedirti il racconto di Poe in due parti, perché non sono riuscito a spedirtelo intero, mi dà 'errore'

    IL RITRATTO OVALE di Edgar Allan Poe
    Il castello di cui il mio valletto aveva osato forzare l'ingresso pur di non permettere che, gravemente ferito com'ero, io passassi la notte all'aperto, era uno di quegli edifici, tetri e grandiosi insieme, che da gran tempo ergono la loro aggrondata mole frammezzo agli Appennini, non meno nella realtà che nei fantastici scenari di Mrs. Radcliffe. Stando ad ogni apparenza, era stato abbandonato temporaneamente e da non molto. Noi ci insediammo in una delle stanze più piccole e meno sontuosamente arredate, sita in una torretta fuori mano. Gli addobbi erano di pregevole fattura, ma logori e segnati dall'usura del tempo. Alle pareti tappezzate di arazzi erano appesi trofei e panoplie d'ogni genere e forma, nonché un'infinità di originalissimi quadri moderni dalle ricche cornici dorate di stile arabesco. Questi quadri, che rivestivano non solo le superfici principali dei muri, ma le innumerevoli nicchie imposte dalla bizzarra architettura del castello - questi quadri, dicevo, avevano destato in me un profondo interesse, determinato forse dal mio incipiente delirio; cosicché ordinai a Pedro di chiudere le massicce imposte della stanza (infatti era già notte), di accendere i bracci di un alto candelabro posto a capo del mio letto e di scostare, aprendole quanto più poteva, le frangiate cortine di velluto nero che lo avvolgevano. Volevo che così fosse fatto perché, se non potevo abbandonarmi al sonno, desideravo almeno dedicarmi all'alternata contemplazione dei quadri e alla lettura di un volumetto trovato sopra il guanciale, che, a quanto sembrava, dei quadri offriva e la critica e la descrizione.
    A lungo, a lungo lessi - e religiosamente, devotamente contemplai; le ore volarono rapide e gloriose, e giunse la profonda mezzanotte. La posizione del candelabro mi disturbava, e stendendo la mano con difficoltà per non destare il mio valletto assopito, lo collocai in modo che i raggi cadessero in pieno sul libro.
    Ma quest'atto produsse un effetto assolutamente imprevisto. I raggi delle numerose candele (poiché ve n'erano molte) penetrarono in una nicchia che una delle colonne del letto aveva fino a quel momento tenuto nell'ombra più fitta. Scorsi così nella vivida luce un quadro che prima m'era affatto sfuggito. Era il ritratto di una fanciulla, tenera eppur rigogliosa, quasi donna ormai. Diedi al quadro un'occhiata frettolosa, e poi chiusi gli occhi. Perché lo facessi, neppure io, dapprima, riuscii a comprenderlo. Ma mentre le mie palpebre restavano chiuse, analizzai rapidamente la ragione per cui le tenessi serrate a quel modo. Era stato un moto impulsivo per guadagnar tempo e pensare: per accertarmi che la vista non mi avesse ingannato; per acquietare la mia immaginazione, prima di volgere un altro sguardo, più calmo e sicuro. Di lì a pochi momenti ripresi a fissare il quadro.
    Che ora vedessi giusto non potevo né volevo dubitare; poiché il primo bagliore delle candele su quella tela pareva aver dissipato il sognante stupore da cui i miei sensi erano posseduti, riportandomi di colpo alla lucidità del reale.
    (Fine prima parte)

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  2. (Seconda parte)
    Il ritratto, l'ho detto, era quello di una fanciulla. Solo la testa e le spalle, eseguite, per usare la denominazione tecnica, alla maniera di «vignette» molto simile allo stile delle teste predilette da Sully. Le braccia, il seno, fin le punte dei capelli irraggianti si fondevano impercettibilmente con l'ombra vaga ma densa che faceva da sfondo. La cornice era ovale, riccamente dorata e filigranata alla moresca. Come opera d'arte, nulla poteva essere più ammirevole del dipinto in quanto tale. Ma non era pensabile che a destare in me un'impressione così subitanea e violenta fosse stato l'alto livello dell'esecuzione o l'immortale bellezza del viso. E ancor meno era ammissibile che la mia immaginazione, strappata dal dormiveglia, avesse scambiato la testa per quella di una persona viva. M'avvidi subito che le peculiarità del disegno, della tecnica pittorica e della cornice non potevano non dissipare immediatamente tale idea, impedendomi di indulgervi sia pure per un istante. Riflettendo intensamente su questi punti, rimasi per forse un'ora un po' seduto, un po' sdraiato, con gli occhi inchiodati sul ritratto. Infine, scoperto il vero segreto del suo effetto, mi abbandonai supino sul letto. Avevo scoperto che l'arcana magia del dipinto stava nell'espressione così vivida, così perfettamente conforme alla vita stessa che mi lasciò dapprima sbalordito e infine confuso, soggiogato, sgomento. Con profondo, reverente timore, rimisi il candelabro nella primitiva posizione. Sottratta così alla vista la causa del mio intenso turbamento, cercai ansiosamente il volume che trattava dei dipinti e della loro storia. Apertolo al numero che designava il ritratto ovale, lessi le vaghe e strane parole che seguono:
    (Fine seconda parte)

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  3. (Terza parte)
    «Era una giovinetta di rara beltà, non meno leggiadra che colma di gaiezza. E funesta fu l'ora quando ella vide, e amò, e sposò il pittore. Era costui uomo dominato da un'unica passione, studioso, austero, e che nella sua Arte già aveva una sposa; ed ella era fanciulla di più che rara beltà, non meno leggiadra che colma di gaiezza; tutta luce e sorrisi, e giocosa come un giovane cerbiatto: piena d'amore e di tenerezza per tutte le cose, odiava solo l'Arte che le era rivale; temeva solo la tavolozza e i pennelli e gli altri fastidiosi strumenti che la privavano del volto dell'amato. Fu dunque cosa terribile per questa dama sentir parlare il pittore del suo desiderio di ritrarre la giovane moglie. Ma ella era umile e obbediente, e docilmente, per molte settimane, sedette nella buia sala della torre, dove solo dall'alto la luce filtrava sulla pallida tela. Ma il pittore si gloriava dell'opera sua che procedeva ora dopo ora, giorno dopo giorno. Ed era uomo di passioni, stravagante, forastico, perduto in un suo fantasticare; così che non volle vedere che la luce spettrale che cadeva in quella torre solitaria inaridiva salute ed animo della sua sposa, la quale andava illanguidendo in modo visibile a tutti, tranne che a lui. Ma ella sorrideva sempre, sempre: senza lamentarsi, perché vedeva che il pittore (di cui grande era la fama) traeva da quel suo impegno un piacere fervido e ardente, e giorno e notte lavorava per ritrarre colei che tanto l'amava, e che tuttavia di giorno in giorno diveniva più languida ed estenuata. E, in verità, alcuni che avevano visto il ritratto parlavano sommessamente della sua somiglianza come di meraviglia grande, prova non meno dell'arte del pittore che del suo profondo amore per colei che così mirabilmente andava dipingendo. Ma alla fine, avvicinandosi l'opera al suo compimento, a nessuno fu più concesso di accedere alla torretta; poiché il pittore, invasato dall'ardore della sua creazione, di rado alzava gli occhi dalla tela, fosse anche per guardare il volto della sposa. E non voleva vedere che i colori che stendeva sulla tela erano tratti dalle guance di colei che gli sedeva accanto. E quando molte settimane furono trascorse e pochissimo restava da fare ancora - solo una pennellata sulla bocca e un tocco di colore all'occhio, lo spirito di lei guizzò ancora come la fiamma entro il becco di una lampada. E la pennellata fu data, e fu applicato il tocco di colore; e, per un attimo, il pittore ristette rapito davanti all'opera che aveva portato a termine; ma un attimo dopo, mentre ancora la contemplava, tremò e impallidì e inorridito, esclamando: "Questa è proprio la Vita!" bruscamente si volse a guardare l'amata: Ella era morta!».
    (FINE)

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  4. Non conoscevo questo racconto, grazie mille. La raffigurazione che ruba l'anima, l'amore per l'arte che supera l'amore per l'amata, ma sopratutto un certo timore che scatena il quadro...Credo che sia l'ultima cosa a mancare di più in questi tempi. Ma anche perché in questi tempi la mediocrità dilaga.

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  5. Personalmente trovo che 200 Euro per un 90x90 sia venduto decisamente sottocosto... Quindi non devi farti problemi se ti dicono che è troppo, vuol dire che non meritano. Ma il quadro l'hai postato, ero curioso di vederlo..

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  6. Innanzitutto ti ringrazio per essere passato, sei il benvenuto. Lo so che 200 euro sono pochi, ma ho ritenuto che essendo all'inizio non potevo mettere un prezzo pieno. Già non meritano proprio. Il quadro adesso non ce l'ho perché l'ho voluto regalare ad un mio amico. Forse può sembrare una cosa stupida, ma almeno lui si meritava il quadro. Nonpotrei sopportare di vendere un mio quadro a chi lo considera un semplice oggetto d'arredamento. Però in giro dovrei avere qualcosa una foto, del quadro. Appena ce l'ho, la posto qui.

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