mercoledì 14 gennaio 2015

Big Eyes: considerazioni sul fare arte e su me

Sono appena tornata dal cinema e, come capirete dal titolo, ho visto l'ultimo film di Tim Burton.





Cosa dire del film? Benritrovato Tim!!! Finalmente un film all'altezza.
Anzi, tranne in alcuni momenti, mi sembra un film non burtoniano, almeno non nel senso classico.
Qui mi sembra che si sia impegnato a raccontare la storia vera di un'artista, di una persona e come artista, come persona mi sono sentita toccata da ciò.
Di occhi grandi e teste enormi adesso c'è un'esagerazione infinita eppure trovavo nei dipinti di Margareth Keane un'inquietudine, qualcosa che non sapeva come esprimersi.
Mi sono interessata a lei quando ho saputo, diversi mesi addietro, che Tim Burton avrebbe fatto un film su tale artista.


 i veri personaggi
Walter e Margaret Keane


 Margaret e Amy Adams che per il suo ruolo da protagonista 
ha ricevuto recentemente il Golden Globe
Ampiamente meritato




Prima non la conoscevo affatto.
Magari l'ho vista da qualche parte, ma non sapevo chi fosse e di sicuro non sapevo che cosa si celasse in tutto ciò.
Devo dire che il film mi ha trascinato dentro di sé e come artista mi si pongono delle domande, riflessioni come giustamente scriveva su Fb un'illustratrice.
Quanto è importante il sapersi vendere ed è molto più importante del talento?
La risposta potrebbe essere scontata, ma così non è.
Lasciamo perdere un attimo il film.
Il sapersi vendere oramai è considerata un'arte anche essa stessa.
Saper intrattenere, creare storie ad arte appunto, essere convincenti ed anche sottili in questo.
Ma soprattutto essere onesti perché chi ne ha viste tante di mostre e di lavori, potrebbe soppesare ogni singola parola.
E rendetevi conto che nell'era di Internet, nell'era della condivisione, è più facile che le proprie bugie vengano scoperte.
E le proprie creazioni? Che cosa sono?
Sono come figli, parti (inteso sia come frammenti sia come gestazione) di se stessi?
Ogni volta che creavo qualcosa era come un voler consegnarlo al mondo e quando esponevo, ero felice delle attenzioni che ricevevano.
Ed ero così felice quando la mia piccola bambina era così apprezzata, poter dire "Lei viene da me."




Anzi, le emozioni che suscitava (e che puntualmente mi venivano espressi sia sul quaderno che a voce) non erano quasi mai di felicità.
Incuteva quasi un sentimento di malinconia e anche di essere nudi di fronte a quello sguardo e a me faceva impressione come alcuni afferravano alcuni sentimenti che mi hanno portato a dipingerla.
Ecco, alla fine ho parlato di me stessa, ma sapete... 
Potete chiamarla vanità, egocentrismo (poi faccio teatro che per alcuni sarà il massimo della vanità e egocentrismo), ma il punto è "Perché?"
Perché voglio esprimere quello e non altro?
Che emozioni mi dà il continuo esporre una parte di me stessa.
La risposta più semplice sarebbe Perché sì.
Uno magari si chiederebbe "Ma quello che dipingi, che crei ecc... ti fa stare bene?"
Dipende da cosa si intende con stare bene.
Non sempre ho avuto un buon rapporto coi miei quadri.
Alcuni li ho maltrattati, cancellati.
Per alcune opere ho usato anche delle forbici perché mi sembrava che le pennellate non fossero abbastanza intense.
E' quasi un atteggiamento compulsivo, magari.
E' quasi come uno specchiarmi.
Vedo il mio riflesso e nel tracciare il mio profilo, sto delineando il mio concetto di arte, la mia intenzione di fare arte.
A Margaret Keane viene chiesto il perché di quegli occhi grandi.
Ovviamente non ve la spoilero, ma ci sta.
E' un'affermazione così diretta e priva di fronzoli che ho visto quello che lei intendeva.
Perché desidero essere un'artista?
Non mi saprei immaginare diversamente e non ricordo neanche l'esatto momento nel quale dicevo: "Voglio fare l'artista."
Di sicuro ero una bambina piccola.
Non saprei immaginare le mie mani diversamente da come si muovono mentre disegno, mentre dipingo, mentre recito.
Ogni arte ha il suo movimento almeno per quanto mi riguarda.
Alcuni pensano che l'arte serva per sopperire un bisogno incessante, una ferita.
Di sicuro è un bisogno.
Se mi dovessi chiedere Perché sono un'artista? sarebbe come chiedermi Perché sono qua al mondo?
Potrei darmi mille risposte, ma magari non sono sufficienti.
E poi, desidero davvero scoprirlo il Perché?
Davvero, devo cercarlo?
Non credo.
E sarei disposta ad accettare un simile trattamento come quello che ha subito Margaret?
Sono situazioni dove ci si deve trovare e adesso l'idea che una donna venda arte non è più strano come anni fa.
Il vedere il film mi permette anche di vedere, di rendermi conto di una cosa: "Ne vale davvero la pena?"



Posso magari tribolarmi perché qualcosa non mi viene, perché non so cosa fare per vendere i miei quadri se non continuare ad esporli e partecipare in alcuni eventi, perché non so cosa fare per recitare al di fuori, in produzioni nazionali e internazionali (perché no?).
Di certo non rinnegherò il mio essere arte, il mio fare arte e non saprei neanche scegliere quale arte io preferisca.
Certo, il disegno è stato il mio primo amore (come dicevo qui), il mio inizio ma sono cresciuta e maturata molto anche attraverso la pittura e il teatro.
Mi hanno permesso di sperimentare, di vedere cose di me (anche non piacevoli) che prima non mi rendevo conto.



Spero di non avervi annoiato con questo mio post.
Ho deciso di non fare una recensione perché mi sento emotivamente molto coinvolta e non so se la farò in futuro.
Comunque, come avrete capito dalle poche note iniziali, lo considero un film da vedere e credo possa piacere anche a chi non si occupa di arte.







P.S.: Vedendo il film, mi viene da pensare che ci sono alcune persone che desiderano vivere negli anni '50 perché è tutto più glamour, la donna si cura di più, è sempre ben truccata.
Ora, mi sa che l'effetto nostalgia mette una bella patina perché ogni epoca ha le due facce della medaglia e, come vedrete anche dal film, essere una donna non era facile. 
Alcuni diranno neanche adesso. Okay, ma a certe domande come Suo marito è d'accordo (o cosa ne pensa non mi ricordo bene) all'idea che lei lavori? beh è qualcosa che non ci dovrebbe neanche stare.

5 commenti:

  1. Quindi fai parte del #TeamBigEyes?
    Spero di rientrare nel gruppo anch'io, anziché in quello #TimBurtonRitirati :)

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  2. Non ho ancora visto visto.
    Il tuo punto di vista mi fa capire molte cose.
    Ance chi lo ha criticato, ha trovato un Burton diverso.

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  3. @ Marco Grande Arbitro: Devo dire che, per quanto mi riguarda, ho apprezzato ciò, che abbia fatto qualche passo indietro e abbia preferito raccontare la storia di questa donna, di questa artista.
    Magari però, questo Burton diverso, può un attimo sconcertare ed essere motivo di attacco.

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  4. Non ho ancora visto questo film, ma è nella mia agenda, e lo vedrò non appena avrò un attimo di tregua da lavoro/sport… anche perché mi piace molto Tim Burton come regista, in genere…
    In quanto ai tuoi dubbi su ciò che ti spinge ad essere un’artista… Io credo che ognuno è quel che è, per istinto, per natura, e ha poco senso chiedersi i perché… molto più importante cercare semplicemente di viversi quello che si è, e quelle che sono le nostre passioni, fino in fondo, senza perdere la testa a trovare risposte a domande che, in fin dei conti, lasciano un po’ il tempo che trovano… Meglio impegnarsi in quello che si ama fare, piuttosto…
    Ti abbraccio…

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  5. Non è tanto il dubbio su ciò che mi spinge ad essere artista, ma vedere sotto la mia struttura.
    Quando ho fatto il corso di illustrazione a Bologna sullo stile (questo: http://almacattleya.blogspot.it/2013/10/workshop-questione-di-stile-bologna-con_22.html) ci hanno anche dato un questionario da compilare sulla nostra vita, su ciò che ci piace. Non era qualcosa poi da far sapere agli altri anche perché molte domande erano estremamente personali, ma un incentivo su di noi ed esserne consapevoli.

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Grazie per i commenti

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