Sacrificio vuol dire "rendere sacro" e nell'antichità non si sacrificavano solo esseri umani, ma anche cibo ecc...
L'importante è rinunciare a qualcosa di proprio, di molto importante per ottenere un bene ancora più grande.
In questi anni il sacrificio ha assunto un ruolo di "costrizione" e spesso l'ottenimento del bene non avviene.
Vi è familiare questa frase: "Ho sacrificato (inserisci quello che vuoi) per cosa? Per niente?!"?
Ma c'è anche il sacrificio che equivale alla rinuncia però disinteressamente.
E in questo mi aiuterà Hans Christian Andersen con due sue fiabe: I cigni selvatici e La Sirenetta.
entrambe di Vilhelm Pedersen
(il primo illustratore della fiabe di Andersen)
Della Sirenetta credo non ci sia bisogno di presentazioni ed è una fiaba originale di Andersen.
Invece la fiaba de I cigni selvatici è una rivisitazione de I sei cigni dei Fratelli Grimm.
In che cosa differisce la versione danese? Nell'inizio (nella fiaba dei Grimm all'inizio i fratelli vivono soli in una casa), nel numero dei fratelli (che sono di più) e anche in ciò che Elisa doveva filare ovvero ortiche e non crisantemi e che è un arcivescovo a denunciarla e non la matrigna.
Il patto che Elisa doveva accettare era quello di non proferire parola nel filare i camici per i suoi fratelli, trasformati in cigni dalla matrigna, se no loro moriranno.
Ma se nella versione dei Grimm, questo patto voleva anche dire esclusione (non parlo quindi non sono coinvolta nel mondo di fuori), in quella di Andersen il tacere vuol dire sopportazione (non parlo anche se le mie mani mi bruciano e mi viene da piangere).
Si tratta di un sacrificio dettato dall'amore, così come quello de La Sirenetta, eppure trovo Elisa più matura della principessa acquatica.
La storia della sirenetta assomiglia tanto a quella di un adolescente (hanno poi la stessa età) e come un'adolescente agisce.
Vede il principe e se ne innamora. Non gli ha mai parlato, non sa neanche come si chiama però ha già deciso che lui è l'amore della sua vita. Lo salva ed è convinta che è lui che intende amare.
Inoltre nella fiaba di Andersen si accenna all'anima attraverso il discorso della nonna. Le sirene non hanno l'anima e potranno averla solo se un essere umano le amerà più dei suoi stessi genitori, la condurrà in chiesa e la sposerà.
Inoltre nella fiaba di Andersen si accenna all'anima attraverso il discorso della nonna. Le sirene non hanno l'anima e potranno averla solo se un essere umano le amerà più dei suoi stessi genitori, la condurrà in chiesa e la sposerà.
Lo ama e perciò va dalla strega del mare: per essere come lui deve avere le gambe.
La strega esaudirà il suo desiderio a patto che la sirenetta sacrifichi la sua voce.
Lei accetta e così la strega le taglia la lingua
di Johanna Ost
(preso da qui)
La voce è il talento della sirenetta, di tutte le sue sorelle era la più dotata.
Quante volte rinunciamo ai nostri talenti per amore?
Sappiamo bene come va a finire. Lei va dal principe che la ospita. Le vuole bene, ma qualcosa lo ferma: desidera ritrovare la sua salvatrice e sposarla. Per un gioco del destino, la ritrova (o meglio è convinta che sia lei) nella sposa promessagli dai suoi genitori.
In molti discorsi che ho trovato qui su Internet, tutte tifano per la sirenetta e danno del vigliacco al principe. Eppure lui è inconsapevole di quello che sta succedendo. Non immagina neanche che sia proprio la sirenetta ad averlo salvato. Anzi, prima di vederla in forma umana non sa neanche che esiste.
Capita nelle fiabe che un uomo e una donna si innamorano a prima vista (capita anche spesso) ma parte da entrambi. E' come se nell'altro si riconoscono. Qui possiamo dire che il sentimento è a senso unico e di certo non parte dal principe.
Capita nelle fiabe che un uomo e una donna si innamorano a prima vista (capita anche spesso) ma parte da entrambi. E' come se nell'altro si riconoscono. Qui possiamo dire che il sentimento è a senso unico e di certo non parte dal principe.
Arriviamo al momento che, per salvarsi, la sirenetta deve uccidere il principe e bagnare i piedi con quel sangue. Lei ha un attimo di esitazione. Nella paura di dover morire, la sirenetta è lì che lo sta per accoltellare, ma poi guardandolo non ci riesce. Alla fine il suo amore sincero e decide di accettare ciò che succederà.
di Sulamith Wufling, 1953
Diventerà una figlia dell'Aria.
di Nika Goltz
di Sulamith Wufling, 1953
Sebbene le costerà la vita, trovo che il secondo sacrificio sia minore rispetto al primo. Nella vita reale non accadrebbe una cosa così tragica. Più che altro il finale della fiaba e quasi un'esterizzazione di ciò che si sente.
Trovo che sia un raggiungimento della maturità.
Inoltre non dimentichiamo che un coltello le ha tagliato la lingua e un altro (oppure lo stesso?) doveva uccidere il principe. Invece alla fine, la sirenetta ha "tagliato" questo circolo.
Passiamo ad Elisa de I cigni selvatici.
di Milo Winter, 1916
di Harry Clarke, 1916
Come ho specificato all'inizio si tratta di una rivisitazione della versione dei Grimm.
Andersen ha solo introdotto dei fattori che corrispondono alla sua visione del mondo.
Eppure l'ha lasciata vivere.
Molte sue fiabe hanno un finale tragico (ad esempio La piccola fiammiferaia) invece altre come Il brutto anatroccolo il finale è lieto.
Perché questa differenza?
Anche Elisa come la sirenetta è costretta al silenzio. Se parlasse, i suoi fratelli morirebbero.
Eppure questa sua rinuncia non la porta a "sacrificarsi".
Incontra un principe, lo sposa e diventa madre.
Nel mondo delle fiabe, questo vuol dire che è una donna.
Inoltre credo che facendo tutto questo, non senta neanche la fatica.
Vi siete mai accorti di impegnarvi in qualcosa che porta a sacrificare tempo e altro ancora? Qualcuno vi dirà di smettere eppure se smetteste sarebbe per voi come morire. Lo fate perché ne siete convinti.
Anche la sirenetta era convinta di quello che faceva (se no non si sarebbe mai sacrificata in quel modo), ma il suo sentimento era acerbo (la sirenetta si aspettava che il principe corrispondesse al suo sentimento).
Il punto è che non sai se il tuo sacrificio andrà a buon fine, ma tutto il tempo che hai trascorso non lo rimpiangerai perché comunque ti è servito a maturare qualche cosa anche se alla fine non raggiungi quello che cercavi.
Per questo sono convinta che Andersen l'abbia lasciata vivere. E il finale lieto non è consolatorio, è qualcosa che le spettava di diritto.
di Nadezda Illarionova
(presa da qui)
di Kay Nielsen, 1925
di P. J. Lynch
di Anton Lomaev
(qui altre sue illustrazioni su questa fiaba)
(qui altre sue illustrazioni su questa fiaba)
Spero che questo post sia stato utile.
P.S.: E' probabile che alcune illustrazioni che ho inserito per I cigni selvatici in realtà fossero per I sei cigni.
Aggiornamento 18 marzo 2013:
A proposito di sacrificio e amore, quale esempio più bello di questo?
Il video è tratto dal racconto Il dono dei magi di O.Henry
Aggiornamento 4 aprile 2013:
Ecco le due parti de I cigni selvatici nell'edizione delle Fiabe sonore
Mi piacciono moltissimo le fiabe di Andersen. Bellissimo post.
RispondiEliminaE anche la bambina di Scarpette Rosse ha sacrificato i suoi piedi, una sorta di Sirenetta. Bel post:)
RispondiElimina@ Romina Tamerici: Anche a me
RispondiElimina@ Marcella Andreini: E' vero, però se non li avesse sacrificati sarebbe morta.
È un bel post.
RispondiEliminaSì, quello della Sirenetta è più un percorso di crescita.
I personaggi di Andersen vanno sempre letti in questo modo.
Devono arrivare alla maturazione e alla ricompensa finale spirituale.
Chi non lo fa, fa una brutta fine. :P
grazie mille per essere venuto e ritorna pure quando vuoi. sei sempre il benvenuto.
RispondiEliminaGià, quello che dici è veramente importante ed è perfetto per i personaggi di Andersen.