martedì 13 febbraio 2018

Teatro Accademia Marescotti (ottava parte)





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Settima parte


Ci troviamo all'ottavo appuntamento dei dieci stabiliti e la ricerca del personaggio, della scena, di cosa tagliare e cosa no, ma prima tocca alla voce con la nostra insegnante Valentina Cortesi nella mattina di sabato 10 febbraio.
All'inizio ci fa sentire questo video di Youtube dove Matteo Belli, attore e regista teatrale, ci illustra i risonatori vocali.





La risonanza è dunque il processo attraverso il quale il prodotto primario della fonazione, cioè il suono generato dalla vibrazione delle corde vocali, oltre ad essere rinforzato in intensità, dà luogo, attraverso il passaggio nelle suddette cavità, a quello che è definito il timbro della voce. Le cavità di risonanza sono spazi confinati contenenti aria, la quale è in grado di risuonare, cioè di vibrare, se investita da un’onda sonora, quella appunto prodotta dalla vibrazione delle corde vocali, producendo un suono che è composto da una banda di frequenze (armoniche) le quali contengono alcuni picchi centrati sulle frequenze naturali di risonanza delle cavità attraversate. (...) Vale la pena sottolineare che in realtà ciò che risuona, ciò che realmente costituisce il “risuonatore”, è l’aria contenuta nelle cavità, non le cavità in quanto tali. da Risonanze (sito: La Voce Artistica)

Fisiologia vocale ed espressività dal sito de La Voce Artistica




In tutto questo non c'è nessuno sortilegio o mostruosità, ma solo gran tecnica e pratica.
Alcune di queste tecniche poi le facciamo inconsciamente per esempio parodiando qualcuno oppure parlando a bambini o animali domestici dove tendenzialmente la voce si fa più infantile perché lo spazio delle cavità si restringe. Oppure quando si imita Babbo Natale nella sua tipica risata, si può notare come invece queste si allargano. Per cambiare le voci, si modificano gli spazi.



Mani all'osso iliaco e poi più giù verso il pube per sentire i muscoli addominali obliqui, conosciuti nel sesto appuntamento, si passa alla proiezione della voce.





Prima si dice un pezzo qualsiasi a voce libera. Poi alcuni usano una maschera, simile a quelle dell'aerosol, altri invece mettono davanti la propria mano, e si parla in quello spazio.
Quando poi si toglie questo impedimento, e si recita qualcosa, per esempio i giorni della settimana, si nota come la voce sia più proiettata verso l'esterno senza il minimo sforzo. (qui si può leggere che cosa succede).


Alcuni allievi vengono messi in diverse posizioni, anche lontani o con un muro davanti, e uno dice, recita qualcosa con l'obiettivo di parlare prima ad uno poi ad un altro e noi che guardavamo, dovevamo capire a chi era proiettata la voce.
Poi Valentina Cortesi ha messo alcuni in fila e il primo parlava a quelli che erano dietro di lui e anche qui chi guardava, doveva capire a chi era proiettata la voce.





Dopo alcuni esercizi e indicazioni di Valentina Cortesi, anche chi non riusciva all'inizio, alla fine ce l'ha fatta.


Come ultimo esercizio proposto, l'insegnante ha chiesto ad alcuni di recitare i propri pezzi così per correggere alcuni manierismi come una voce simile ad un miagolio oppure correggere tendenze a mangiarsi le parole, ad accelerare.
La voce parla di noi, di come stiamo, è stata costruita attraverso il nostro vissuto.
Inoltre la voce può avere quel tono per la conformità facciale oppure per lo stato delle corde vocali. Per questi fattori (escluso malattie alle corde vocali guaribili) non si può far niente, ma anche così si può educare la voce attraverso esercizi che ampliano la portata respiratoria e trasformare ciò che all'inizio può sembrare un difetto, anche congenito, in una propria particolarità.
Tra coloro che si sono proposti per la correzione, c'è anche chi nella sua scena deve avere una voce distinta per esempio una voce autorevole. Qui si tratta di rallentare per esprimere confidenza in se stessi.


Con questo esercizio finisce il tempo con Valentina Cortesi e si passa ad Ivano Marescotti dopo la pausa pranzo.



Tra le scene proposte dagli allievi, c'è una varietà non solo di genere (drammatico, comico...), ma anche di sottogeneri per esempio la commedia nera, dove possono non mancare i morti però si tratta sempre di una commedia. Quindi l'approccio è diverso
Un errore che spesso si commette nella commedia è quello di voler fare commedia, ovvero di voler far ridere a tutti i costi. (nota: ci sono alcuni film, sketch comici che usano questo stratagemma e c'è gente ride lo stesso, ma non si parla di questo).
Invece nella commedia si richiedono reazioni realistiche e in particolar modo nella commedia nera dove queste rendono la situazione ancora più paradossale.


Molte di queste scene sono riduzioni teatrali, altre sono scene prese da atti dove c'è un prima e un dopo, ma questo non è valido per noi perché tutto si sviluppa in quella singola scena. Quindi ci deve essere un inizio che porta a un proseguimento verso il finale e ogni parte deve essere curata e avere la stessa importanza delle altre.
Il come comincia dà la strada allo sviluppo della scena.
Le scene presentano all'inizio una preparazione sui personaggi il che non vuol dire assistere ad un tempo morto. Come Ivano Marescotti ha ripetuto più volte, sin da quando si presenta il personaggio, sin da quando entra in scena, dalla sua camminata, il personaggio si mostra.
Il personaggio è se stesso, non ha nulla da dimostrare, quindi bisogna togliere le reazioni esplicative (per esempio farsi sì per convincersi). Possono essere gesti che si fanno nella vita reale, ma sul palco sono dimostrativi e non necessari.


Finisce così sabato.
Domenica non ci sono potuta andare.

Mi è stato detto che Ivano Marescotti ha mostrato il monologo di Pierfrancesco Favino per far vedere, come poi mi ha scritto una mia compagna di corso, di come non descrivere le emozioni, ma viverle.
Ora ci sono polemiche, ma quando domenica ho visto il video, non mi è parso assolutamente che lui parlasse esclusivamente dei migranti. Nell'emozione che lui ha mostrato, in quegli inciampi, si poteva vedere tutta la paura e la lotta alla sopravvivenza, il sentirsi estranei anche nella propria terra d'origine.
Ieri trovo questo link che conferma ciò che avevo percepito inizialmente.
A questo serve il teatro. Al di là delle parole, c'è l'essere umano.



Il prossimo appuntamento, il penultimo, comincia eccezionalmente venerdì 9 marzo, per proseguire con sabato 10 e domenica 11.
Lo spettacolo si terrà il 18 marzo alle 21 al Teatro di Fusignano (Ravenna)



Foto di Chiara Roncuzzi
(la prima e l'ultima sono state fatte domenica)


Nona parte
Decima (ed ultima parte)

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