martedì 22 novembre 2016

Laboratorio teatrale 100 ore con Ivano Marescotti (prima parte)

Una novità di quest'anno del Circolo degli Attori, che frequento per il quarto anno, è quello di un corso teatrale con Ivano Marescotti (qui potete leggere un'intervista che gli è stata fatta) che impegnerà per otto weekend (100 ore appunto) fino ad aprile dove poi ci sarà uno spettacolo teatrale.
Per la grande richiesta, è stato realizzato un altro corso che parte da gennaio.
I partecipanti sono allievi del Circolo degli Attori e altre persone che hanno esperienza teatrale. 
Il laboratorio è ubicato in una stanza della Domus dei Tappeti di Pietra.




Sabato 19 novembre 2016

In tutto siamo 25 e siamo stati impegnati dalle 10 alle 18 con una pausa pranzo di più di un'ora.
Assieme a Ivano Marescotti, ci sono Cristiano Caldironi, direttore artistico del Circolo degli Attori e insegnante, e Chiara Roncuzzi, insegnante.
Al pomeriggio sono arrivati altri tre insegnanti del Circolo ovvero Davide Allevi, Christian Amadori e Martina Seffusatti
L'11 novembre c'è stato un incontro preliminare con partecipanti di tutti e due corsi dove Ivano Marescotti ci spiegava come intendeva fare.


Innanzitutto, ci disse che ci avrebbe trattato come dei professionisti. Questo vuol dire che da noi chiede puntualità, serietà e disponibilità, non soltanto nel venire, nell'impegnarci ma anche lasciare che noi ci togliamo dal personaggio che interpretiamo.
Che cosa si intende con questo?
Marescotti intende dire che del nostro personaggio non dobbiamo avere nessuna opinione, nessun giudizio e lasciare che sia lui a parlare.
Ci fa un esempio per capire. C'era questa ragazza molto brava che ha preparato per un provino un monologo tratto da Il gabbiano di Anton Cechov dove lei, che interpretava Irina, piangeva, faceva tutto quello che poteva supporre un'ottima interpretazione.
Il regista disse però che non aveva bisogno di lei e al suo perché, rispose che aveva capito molto di quella ragazza ma poco di Irina.
Infatti, più pensiamo di voler essere belli e bravi, più si vede noi che cerchiamo di recitare un personaggio.
Anche il fatto di piangere. Per piangere non sempre è necessario fare l'espressione, la smorfia. Basta anche un piccolo accenno per essere veramente credibili.
Spesso l'emozione si mima quando invece ci sono diversi modi per esprimerla e non solo quella didascalica, quella che in un film muto successivamente, in caso di pianto, ci sarebbe scritto "Sta piangendo.".
Per il fatto di non avere opinioni, riguarda molto il non avere un nostro giudizio sul personaggio, su qualsiasi esso sia.
E' necessario togliere la nostra testa coi propri preconcetti e idee lasciando spazio al personaggio rimanendo coscienti di quel che facciamo. E se per caso ci si perde, magari perché non ci si ricorda, è importante lasciare che sia il personaggio a guidarci e non noi.
Inoltre anche il fatto di dire "Secondo me il personaggio..." è sbagliata perché ognuno ha il suo "secondo me..." e quindi s'intavola una discussione senza fine. Così come è sbagliato chiedersi "E come si fa?". Si tratta di un'autolimitazione.
Tutto questo viene reintrodotto sabato al primo incontro passando poi alla richiesta ovvero portare un monologo a memoria oppure leggerlo. 
E' importante che la nostra intenzione non fosse quella di "Ora vi spiego cosa c'è scritto" ma essere lì.
Ascoltare gli altri è importante perché tutto ciò che viene proposto ci può tornare utile, sia una mossa giusta sia una sbagliata. Anzi, Ivano Marescotti ha precisato che non esistono sbagli ma solo gesti, intenzioni che non funzionano. Inoltre ha richiesto come da parte nostra, di chi ascolta, non ci deve essere alcuna malizia di fronte agli altri che stanno provando.
Così ci sono alcuni ragazzi che provano e il contenuto è vario: monologhi tratti da film, da libri, da spettacoli (anche scritti da loro stessi), poesie (anche in dialetto).
Dopo il primo ascolto, Marescotti dà una direttiva, degli esercizi da fare per cambiare il nostro modo di recitare, la nostra intenzione.
Innanzitutto è fondamentale capire qual è l'intenzione che si vuole portare e condurla fino alla fine. Poi dove siamo? Il fatto è successo da poco oppure dopo diversi anni?
Senza dimenticare che non è necessario muoversi qua e là e il dondolare (spesso incoscio) distrae.
Gli esercizi che proponeva erano anche un modo per costringerci a cercare altre strade ("Cercare è l'unica cosa che possiamo fare. Non c'è una risposta giusta. Non c'è mai LA risposta.").
Così come un modo di esprimere la propria emozione è opporsi ad essa quando la situazione lo richiede come per esempio Vattene via quando invece si vorrebbe l'opposto.
La stessa frase può dare vita a una miriade di interpretazioni.


Io ho portato la prima pagina del libro Il viaggio della strega bambina di Celia Rees





Mi chiamo Mary.
Sono una strega. O meglio, qualcuno mi chiama così.
"Figlia del diavolo", "strega bambina" mi sibilano per strada, anche se non conosco mio padre né mia madre. Conosco solo mia nonna, Alice Nuttall, Mamma Nuttall per i vicini. Mi ha tirata su da quando ero piccola. Se per caso sapeva chi erano i miei genitori, non me l'ha mai detto.
"Figlia del re degli elfi e della regina delle fate, ecco chi sei".
Viviamo in una casetta al limitare della foresta, nonna, io, il suo gatto e il mio coniglio. Vivevamo, cioè. Ora non ci viviamo più.
Sono venuti alcuni uomini a trascinarla via. Uomini con giacche nere e cappelli alti come campanili. Hanno infilzato il gatto su una picca, hanno spaccato la testa al coniglio sbattendolo contro il muro. Hanno detto che quelle non erano creature di Dio ma demoni, il diavolo stesso camuffato. Hanno gettato quella massa di carne e pelo nel letame e hanno minacciato di fare la stessa cosa a me e a lei, se non confessava i suoi peccati.
Poi l'hanno portata via.


La lettura è stata scorrevole, così mi ha detto. Un gesto che non funzionava era quello di indicare col braccio destro alla parte del "Sono venuti alcuni uomini a trascinarla via".
Infatti ero insicura se farlo o no e ho tentato.
Mi ha proposto un esercizio, di dirlo con le parole mie, ma non avevo capito bene fino in fondo ovvero dirlo come se fosse trascorso del tempo e questo intendeva dirlo in un diverso modo, senza più quelle pause che facevo all'inizio.
Ma c'erano ancora molti altri da sentire e così sono ritornata al mio posto.



Ivano Marescotti e Cristiano Caldironi (quello col cappello)


Un'altra cosa sulla quale stare attenti è l'inflessione della propria voce, l'essere troppo enfatici e l'eccessiva coloratura delle parole, nota come birignao (qui il post di Elisa Elena Carollo su tale tecnica), dei manierismi che ricorrono a un vecchio modo di recitare.
Questo non vuol dire avere una voce monotona, a parte il caso che il personaggio lo richiede, ma eccessivi abbellimenti vocali, l'intonazione che procede come su una montagna russa distraggono altamente.


Finisce la giornata e vi invito a questo video dove Ivano Marescotti e Cristiano Caldironi raccontano della giornata appena conclusa.


Per diversi motivi, non ho potuto partecipare la domenica.


Cosa dire di questa esperienza? Siamo all'inizio ma già mi ha fornito molti elementi su cui riflettere come l'impostazione della voce, le espressioni che non vengono mimate.
Al prossimo appuntamento, ovvero il 3 e il 4 dicembre dove continuerò con una nuova parte del corso.


Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte (il mio monologo)

2 commenti:

  1. Sono contenta che tu abbia fatto una bella esperienza!
    E grazie di avermi citato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oh sì e parlerò anche di questa esperienza nelle prossime settimane quando parteciperò alle ulteriori tappe. Per la citazione. figurati.

      Elimina

Grazie per i commenti

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