giovedì 13 ottobre 2016

La vulnerabilità dell'attore

Sei lì davanti a tutti, davanti ai loro occhi che aspettano e che scrutano ogni tuo movimento e tu ti denudi. Non fisicamente .

Ti mostri vulnerabile.



Marilyn Monroe ne La tua bocca brucia (1952)


Dal 3 ottobre è cominciato Il Circolo degli Attori con diversi cambiamenti e nuovi corsi come quello sulle Arti Circensi con Alberto Zavatta per fare un esempio, ma quello di cui vorrei parlare è stato il primo giorno del Teatro Contemporaneo ed Emozionale con Davide Allevi.
Entrare in contatto con le proprie emozioni per poi usarle, ma questo vuol dire affacciarsi a tutto quello che spesso si segrega in un angolo dove non si guarda mai.
Questo vuol dire allontanarsi dalla propria comfort zone, dalla propria bolla di sicurezza, non puoi stare lì a declamare e neanche accontentarti di una recitazione superficiale.
Essere lì sul palco è come indossare un abito emozionale, l'abito di quel personaggio, e farlo proprio quindi deve essere come cucito su di te.

Che cosa lo muove dentro? Come lo fa agire?


Vari esempi sono stati fatti in quel giorno:
- Essere bendati ed immaginarsi di stare in una zona oscura dove non sai chi c'è e gli altri possono toccarti, prenderti la mano, parlarti direttamente alle orecchie... Camminare e non sapere che cosa aspettarsi.
- Urlare silenziosamente. Prima tutti assieme e poi uno ad uno.
- Il gioco della fiducia ovvero salire su una sedia e cadere all'indietro lasciandosi prendere da persone dietro.
- Relazionarsi con degli oggetti con un'emozione e poi proporre con l'emozione contraria.


Stai lì sul momento lasciandolo crescere. 
Quindi l'urlo silenzioso non parte subito, ma ci sono dei passaggi che lo precedono come il riconoscere un momento che ti può aiutare, lasciare scorrere l'emozione, sentire come cambia il respiro, come cambia la postura e poi urlare con la stessa potenza, ma tenendolo silenzioso.
Io avevo pensato, mentre lasciavo crescere la mia rabbia, di prendermi per i capelli quasi a strapparmeli. Vedo che una prima di me ha agito così e io decido di non cambiare la mia reazione anche perché io sono io col mio vissuto, con tutto ciò che porto e lo stesso vale per lei.
Questo vuol dire che anche le reazioni simili avranno delle differenze che portano verità alla recitazione se ci si lascia condurre.


Io ho partecipato a tutti quattro gli esempi anche al fatto di salire sulla sedia, tenuta stretta alle gambe da Davide Allevi, con dietro quattro ragazzi che mi prendevano.
Salire sulla sedia, salire su un palco ancora più alto, prendere un bel respiro e poi lasciarsi andare. All'indietro.
Ho sentito il momento del corpo che si lasciava andare all'indietro, un attimo di paura e poi il tocco degli altri che ti sorregge.
Sono passati pochissimi secondi e poi ho sentito libertà.


Prendere atto della propria vulnerabilità ed esporla senza difese è un atto di vero coraggio.
Quanto coraggio deve aver avuto Franca Rame per il suo monologo Lo stupro?


Ma questo non vuol dire che abbiamo bisogno di essere vulnerabili solo in occasioni di fronte a vere tragedie o a fatti che sono autobiografici.
Un attore ha bisogno di avere con sé uno grande spirito di osservazione ed empatia che sono essenziali per creare legami, connessioni con il proprio ruolo.


Che cosa lo fa muovere? Da quale emozione, impeto viene trascinato?


E questo per ogni personaggio, non soltanto quelli che ci riguardano direttamente.
Quando, nel buio della nostra anima, riconosciamo un evento che ci ha fatto scatenare quell'emozione di cui abbiamo bisogno, si porta l'emozione e non l'evento scatenante, così ci ha detto Davide Allevi, e più si ha familiarità, meno paura fa.
Un rischio è che se si cerca una tale emozione e si viene coinvolti dall'evento, alla fine ci si può sentire bloccati perché incapaci di continuare. Per questo è essenziale stare nel momento presente.
Quindi è importante, soprattutto per la nostra sanità, imparare a discernere, a estrapolare quell'emozione dall'evento per poi essere condotti da essa.
Inoltre la vulnerabilità non serve solo per un ruolo drammatico, dove ti senti indifeso.
Essenzialmente la vulnerabilità ti fa abbandonare le difese, le armature che ti sei costruito e può capitare di dover interpretare un personaggio che si è costruito delle difese, ma che cosa lo ha portato a questo?
E' vedere sotto, oltre l'apparenza, percepirne l'essenza, la verità nei tuoi gesti e in quello che dici e non sempre è facile anche perché magari a te può sembrare di aver trasmesso una certa emozione, di essere stata vera però agli occhi degli altri non era abbastanza, ti sei fermata troppo presto, hai voluto aggiungere qualcosa perché pensavi che tutto fosse noioso (frasi che mi sono dette quel giorno e va benissimo così perché se voglio migliorare come attrice, va benissimo che mi facciano queste osservazioni così da stare più attenta in futuro.).

Stare nel momento presente.


Per ora è tutto e alla prossima.

4 commenti:

  1. Comprendo quello che dici... Non sono mai stato attore, ma ho empatia nelle tue parole

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  2. Nei laboratori e sul palcoscenico mi è capitato di vivere quello che descrivi molto bene. L'emozione da suscitare non può che attingere al vissuto, per quanto doloroso e forte sia.
    Al momento sto lavorando alla regia di una mia drammaturgia tratta da L'attimo fuggente. E' al femminile, e suscitare nelle mie giovani attrici l'idea della sofferenza e della rappresentazione di questa, è difficile ma assai stimolante.
    Il monologo di Franca Rame è splendido nella sua immensa tragicità.

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    1. C'è anche da dire che a volte non tutte le emozioni da far suscitare siano dolorose e a volte può capitare che quello che recitiamo non sia quello che abbiamo vissuto però magari c'è stata un'emozione così, anche se magari in diversa misura, e bisogna farla crescere. A volte succede anche che si cercano diversi modi nel recitare e tutto poi dipende dalla persona.

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Grazie per i commenti

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