giovedì 15 novembre 2012

Lettera ai sessantottini di ieri e di oggi

Cari sessantottini di ieri,
immagino che a quel tempo avevate sogni e speranze. Volevate un mondo migliore, libero. Volevate proseguire con il vostro sogno senza qualcuno che vi dicesse cosa fare e come fare.



Dove siete? Cosa avete realizzato? Sognavate questa realtà per i vostri figli? E per i vostri nipoti?



Vi chiedo: alla fine il vostro sogno l'avete realizzato oppure no perché tanto era solo un sogno e i sogni, si sa, non fanno vivere, non si mangia coi sogni. Peccato che un uomo che non sogna più non è più un uomo. E' solo una macchina. Ed è facile dare tutta la colpa al sistema quando vedete che le speranze si stanno spegnendo. Ma le avete consegnato a loro le vostre speranze oppure ce le avevate veramente dentro di voi?
Sapevate che andavate a scontrarvi contro un mostro. Lo sapevate che non era facile?
Quando pensavate di avere il mondo tra le mani, è così che pensavate di consegnarcelo?
Sapete che cosa trovo se cerco su Google la parola "rivolta"? Ci sono urla, bocche sguaiate, visi aggrottati in una smorfia che cercano di far sentire la propria voce.
Non vi riconoscete in quei visi? Non vi dà un certo pensiero vedere dei visi che potevano essere benissimo i vostri? Provate a mettere quelle foto in bianco e nero, a cambiare qualche vestiario e la differenza non esiste più.
Tante rivolte ci sono state prima del '68 e cos'è cambiato? Niente perché la schiavitù, nel mondo occidentale, esiste ancora in altre maniere.
Si dice che si deve studiare il passato per non commettere più quegli errori, ma allora cosa abbiamo imparato? Niente, mi pare.
Oppure esistono altre maniere per poter far ascoltare la propria voce (e qui mi rivolgo ai "sessantottini" di oggi).
Quando guardavo Lady Oscar su Youtube, spesso leggevo che un tipo come Robespierre sarebbe veramente utile in questi tempi.
Eppure anche Robespierre è stato ghigliottinato.


caricatura dell'epoca

Combattere contro il sistema alla fine ti fa diventare parte di esso?


Allora, se fosse così, bisognerebbe trovare delle alternative anche perché non è che urlando, ciò che dite acquista più potenza.
Capisco benissimo le ragioni che muovono chi cerca di protestare perché anch'io ne sono dentro fino al collo, anch'io sono precaria, anch'io a volte sono stata lì in piazza per dire la mia, per dire ciò che non era giusto e credetemi se vi dico che almeno in un'occasione ero davvero arrabbiata.
Però poi a che serve? E poi la rabbia si può mostrare solamente alzando la voce? Non può esistere un'altra maniera sempre restando insieme?
Ci si deve per forza affidare ai partiti politici? 
Non sto dicendo che bisogna passare all'anarchia, almeno non con sicurezza. A volte poi si dice che una figura è importante perché serve per concordare diversi pareri anche contrastanti eppure non bisogna dimenticare che si deve parlare per l'interesse comune anche per quanto riguarda le persone che non fanno parte della nostra cerchia di conoscenze e non solo per favorire se stessi.
Esisterà pure una forma di governo non legata alla politica? 
A volte poi sono solo parole, non si va in fondo veramente, sono parole gettate al vento senza alcuna intenzione. Eppure pensate a cosa ha fatto l'Islanda: La Rivoluzione islandese è l'insieme delle manifestazioni pacifiche che si sono succedute a partire dallo scoppio della crisi economica globale nel 2008 con conseguente bancarotta del Paese e che hanno condotto alle dimissioni del governo del primo ministro Haarde, alla nazionalizzazione delle tre banche dell'isola, a referendum e consultazioni popolari, al mandato d'arresto per tutti i personaggi chiave del collasso finanziario, alla completa riscrittura della Costituzione e all'esaltazione della libertà di stampa e d'informazione (da Wikipedia)
Oppure si accusa gli italiani di non essere davvero seri di fronte a questi problemi, di prenderla, come si dice, all'italiana.


dagli stessi autori di Inception Berlusconi

E allora non basta un anniversario come i 150 anni d'Italia, non bastano le vittorie della Nazionale per farci sentire tutti italiani perché sono cose provvisorie.
Cari sessantottini di oggi, questa mia lettera non vuole darvi risposte, ma vuole cercare di farvi riflettere.
Cari sessantottini di ieri, questa mia lettera non è arrabbiata. Provate a guardarvi intorno, provate a guardarlo con gli occhi di chi eravate. Spesso con la crisi si giustificano diverse cose: dal lavoro a metà, da quello che non si fa, da un'eterna gavetta che i giovani devono fare senza possibilità di crescita, dal posto che non si vuol lasciare perché è così comodo nonostante si siano superati i settanta anni (e anche questi ultimi hanno avuto la loro rivoluzione).
Cosa dice quell'adolescente vivo che lottava per i suoi sogni? Come vede questo mondo?
E a tutti quelli che dicono che non ci sono più i giovani di una volta, ricordate che anche i vostri genitori e anche i vostri nonni dicevano questo quando eravate giovani.
E' un circolo vizioso che spesso viene continuato in maniera inconsapevole e anche genuinamente.
A tutti quelli che dicono che ormai i ragazzi di oggi hanno tutto, non è vero perché il più delle volte a loro manca una guida e questa figura non può essere sostituita da quello che propinate.

Carissimi, insieme si può in un'altra maniera.


P.S.: Mentre stavo scrivendo questo post, ho visto la puntata dei Simpson che è la parodia del musical Evita dove Lisa viene scelta come rappresentante e alla fine il preside Skinner assieme a tutti i docenti decide di distrarla dalle sue intenzioni di migliorare la scuola in ogni maniera anche rendendola chic e dandole la chiave dell'aula magna.




Aggiornamento 30 novembre 2012:

Coloro che hanno letto la mia lettera mi dicevano che dovevo farla pubblicare in un giornale e così ho fatto. Ho mandato un'e-mail alla redazione di Ravenna&dintorni i quali hanno pubblicato un'altra mia lettera (vedi qui) e oggi ho potuto vedere che l'hanno pubblicata. La potete leggere anche nel sito della rivista (ovvero qui).
Alcune parti sono state omesse, come il riferimento a Robespierre, però credo si possa capire il senso finale di questa mia lettera.
In quella precedente mi riferivo a un fatto della mia città, ma qui invece c'è un fatto che riguarda non solo l'Italia, ma anche quegli altri Paesi del mondo che vivono una situazione simile alla nostra.
Sarei molto curiosa di sapere cosa ne pensate.


2 commenti:

  1. E' una lettera bellissima... forse con una vena di risentimento, ma anche molto dolce e speranzosa, in fondo... Io non credo che sia ad alzare la voce che si risolvano i problemi... penso però che alzaare la voce possa essere un modo per farsi notare, per farsi prendere in considerazione. Poi, una volta notati, si può metterci a parlare a tavolino, face-to-face, da persone adulte... Perchè se c'è qualcosa che vale la pena di realizzare, allora vale sempre la pena di combattere, con tutti i mezzi possibili... fino all'ultimo.

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  2. forse una vena di risentimento c'è però come dici c'è anche della speranza essendo aperta.
    Combattere fino all'ultimo sì, ma secondo me bisognerebbe cercare delle alternative.

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Grazie per i commenti

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