sabato 27 febbraio 2010

Vibrazioni

Come avevo promesso c'è una curiosità legata alla Danza delle mille braccia che ho fatto vedere nel post precedente.
Non sarò io a dirvi cos'è, ma questo video:



Memorizzare le vibrazioni, assorbirle, per poi riprodurre il movimento a cui corrispondono.


Ed è sempre stato così, da sempre e non solo nel ballo, ma anche nella pittura:

Se immersi nel silenzio si sente squillare il campanello, si ha l'impressione che il rumore sia più stridente di quanto lo sia in realtà. Io cerco di far vibrare un colore in modo intenso come se il rumore del campanello risuonasse in mezzo al silenzio.

Pierre Auguste Renoir


E voi le sentite le vibrazioni attorno a voi?

Quando io ascolto qualcosa a volume alto, mi accorgo che c'è qualcosa che si muove attorno a me come se quel suono avesse attivato un'eco che coinvolge tutto l'ambiente, come se fosse un fiume che riempie un letto vuoto e noi persone siamo sassi che sporgono e che sentiamo carezze lungo il nostro corpo.
Ma se per caso non sentite queste vibrazioni, guardate, sentite ogni opera d'arte perché è lì che ritrovate le vibrazioni.


P.S.: E' anche per questo che non mi piace l'Iperrealismo perché non mi permette di sentire le vibrazioni né del colore né del suono.

giovedì 25 febbraio 2010

Grazia

Due post fa, avevo accennato alla grazia come una forma evoluta della bellezza estetica. Infatti quando si pensa alla grazia viene subito in mente il movimento del corpo così come diceva Gotthold Ephraim Lessing nel Laocoonte, 1766, La grazia è bellezza in movimento, e anche François de La Rochefoucauld nel Massime, 1678 con La grazia è per il corpo quello che il buon senso è per lo spirito.
Quando mi viene in mente la grazia ho in mente subito il mondo orientale loro che della grazia e della delicatezza ne fanno un leitmotiv della loro vita anche nel combattimento.
Per non parlare della loro danza:





Spirit of peacock - Lo spirito del Pavone con Yang Liping, cinese

martedì 23 febbraio 2010

Ninna nanna

Ed ecco a voi Bonnie, la mia coniglietta nana che per me è come una figlia, ha quasi 9 anni ed è tanto per un coniglio nano. Da quando mi è stata regalata, le canto la canzone da cui ho preso il nome, My Bonnie (La mia amata), una canzone folk scozzese, come se fosse una ninna nanna.






Buonanotte...

Bellezza=piacere?

Come forse avrete capito, non sono una che bada molto alle cose convenzionali tanto meno ai luoghi comuni.
Questa volta vi voglio parlare di una frase che sinceramente non sopporto perché mi dà molto dell'idea di quella persona.
Non so se l'avete presente, a me è capitato assai, quando state discutendo di un oggetto o di una persona con qualcuno e alla fine questo fa: "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace." come se avesse espresso la sua massima perla di saggezza, per far capire che lui è al di sopra di tutti e che ha già in chiaro le cose. Ci sono anche persone che lo dicono perché non sanno cosa dire, come succede con la parola 'carino', e che quindi in buona fede lo dicono però questo concetto "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace." mi fa pensare a una semplice cosa: la bellezza è uguale al piacere? Ciò che è bello automaticamente è ciò che piace e viceversa?

Mi dispiace dover contraddire queste persone, ma ciò non è esattamente vero!

La bellezza è frutto di armonie di singoli eventi o oggetti, è un qualcosa di completamente casuale ed è innegabile. Provate voi a modificare le proporzioni dei componenti di un viso, ad allargare o stringere lo spazio degli occhi, vedrete che il risultato cambia che non è più la stessa cosa. Cercare la giusta proporzione in un viso o anche nel corpo umano è qualcosa che risale sin dall'antichità.

Ma le persone non giudicate belle, perché non rispettano tali armonie, non disperino perché c'è qualcosa che forse è più potente della bellezza ed è appunto il piacere.
La bellezza è una caratteristica e il piacere è una sensazione, uno stimolo. Se siano strettamente correlati è un qualcosa di completamente inesatto.
Spesso il piacere è dovuto al carisma, la capacità di attrarre a sé le persone, e al fascino, caratteristica ammaliatoria per sedurre (= condurre a sé le persone).
Per spiegare bene queste due parole (carisma e fascino) ricorro, come è già successo, alla loro etimologia. Carisma deriva dal greco charisma e ciò vuol dire "grazia" (le Grazie originariamente erano chiamate Cariti) e fascino deriva dal latino fascinum che anticamente, quando il Cristianesimo non era ancora sorto, era un amuleto fallico per propiziarsi la fortuna.
Carisma e fascino sono caratteristiche forse più evolute della semplice bellezza come perfezione dell'armonia e non sempre caratterizzano la bellezza. Spesso si possono incontrare e spesso no quindi credo di aver dimostrato, almeno spero di averlo fatto, che la bellezza e il piacere non sono la stessa cosa.
Se proprio si deve ricorrere a una frase, io la cambierei in: "E' bello ciò che è bello, ma ciò che piace è ancora più bello."


N.B.: Ah, naturalmente sto parlando di un altro tipo di bellezza diverso a quello che ho espresso in http://almacattleya.blogspot.com/2009/07/la-bellezza.html.

lunedì 22 febbraio 2010

Giochiamo?

In questo post, http://almacattleya.blogspot.com/2010/01/artecreativita.html, ho voluto parlare della differenza tra arte e creatività, ma ora voglio parlare della creatività legata al gioco.
Forse è per questo che molti dicono che non possiedono la creatività, forse è perché hanno dimenticato come si fa a giocare.
Eppure il gioco è fondamentale anche nell'età adulta e non intendo il gioco d'azzardo.
Concedersi qualche momento di svago è essenziale perché "resetta" la mente da molti impegni e da preoccupazioni che spesso riempiono la giornata. Il gioco permette di connetterci con il mondo dell'invisibile ampliando apertamente i nostri confini e permette di liberarci da maschere che ci opprimono per portarne altre che ci fanno sentire più liberi e si possono afferrare i fili della creazione.
Eppure molti adulti si vergognano di ammettere che giocano perché hanno paura di essere giudicati male e se lo fanno, giocano con i bambini.
Ma il gioco permette tante possibilità e sono sicura che ognuno di voi possa trovare il suo e non è necessario neanche dirlo ai conoscenti e parenti se non volete. Il bambino che c'è in voi vi ringrazierà sentitamente donandovi occhi nuovi per vedere il mondo dopotutto è il bambino mentre gioca il vero poeta.


Aforismi e citazioni creatività:

- Nella comoda artificialità della nostra vita… i nostri poteri creativi si sono atrofizzati (Wendy Griswold);
- La creatività … nella maggior parte dei casi si smarrisce, o resta seppellita, o viene inibita a mano a mano che l’uomo si lascia assimilare nella civiltà (Abraham Maslow);
- Che cos’è la creatività?…è la capacità di "vedere"…e di "rispondere" (Erich Fromm);
- La creatività è la risposta che apre (Aldo Carotenuto);
- La creatività è lo stadio dell'io sono: "Io sono ciò che sono: ho acquisito la consapevolezza di esistere come persona, diversa e distinta, unica, integrata in sé stessa, e pronta alla maturità del Sistema Nervoso." (Donald W.Winnicott);
- Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio, l'uomo creativo, osserva le cose vecchie con occhio nuovo (Gian Piero Bona);
- E' la percezione creativa, più di ogni altra cosa, che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta (Donald W. Winnicott);
- Un individuo creativo è un uomo libero e sano, un individuo capace di giocare con i propri limiti, un essere umano realizzato e probabilmente molto felice (Donald W.Winnicott);
- La creatività umana è la prima risorsa donataci dalla natura: rimuovere la repressione istituzionale che la opprime è l'immane compito a cui ci invita l'etica cattolica (Michael Novak);
- La prima cosa che si nota nell’atto creativo è che si tratta di un incontro…la creatività è il confronto dell’essere umano intensivamente conscio con il suo mondo (Rollo May);
- Se volete essere creativi, rimanete in parte bambini, con la creatività e la fantasia che contraddistingue i bambini prima che siano deformati dalla società degli adulti (Jean Piaget);
- La creatività non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi (Marcel Proust);
- Un individuo creativo è un individuo sano e libero, che non reagisce, ma agisce (Donald W.Winnicott);
- L’uomo che non può creare vuole distruggere (Erich Fromm);
- La creatività rappresenta un modo del tutto unico di guardare l’universo (Aldo Carotenuto);
- La creatività consiste nel mantenere nel corso della vita qualcosa che appartiene all'esperienza infantile: la capacità di creare e ricreare il mondo. È l' onnipotenza del pensiero propria dell'età infantile (Donald W.Winnicott);
-Indipendentemente da ciò che crei, non è importante che tu dipinga o scolpisca, oppure che tu faccia il giardiniere, il calzolaio o il falegname. E' importante che ti chieda: sto riversando tutta la mia anima in ciò che creo? (Osho);
- E' probabilmente errato pensare alla creatività come qualcosa che può essere annientato totalmente (Donald W. Winnicott);
- Vivendo in modo creativo ci si rende conto del fatto che ogni cosa che facciamo aumenta il senso di essere vivi, di essere noi stessi, insostituibili e unici (Donald W.Winnicott);
- Se volete essere creativi, rimanete in parte bambini, con la creatività e la fantasia che contraddistingue i bambini prima che siano deformati dalla società degli adulti (Jean Piaget);
- Devi tenere vivo il bambino che è in te: senza di lui non si può creare (Joni Mitchell);
- Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino (Arthur Schopenhauer).
- Il gioco dovrebbe essere considerata l'attività più seria dell'infanzia (Michel de Montagne);
- Chi non impara nulla dai bambini, certamente non impara nulla dai grandi (Einst Von Wildenbruch);
- Vivi con i bambini e imparerai ad amare. Così diventerai tu un bambino e più ancora: un adulto (Georg Walter Groddeck);
- Nell'uomo autentico si nasconde un bambino: che vuole giocare (Friedrich Nietzsche, Così parlo Zarathustra, 1885);
- Giocare significa fare esperimenti col caso (Novalis, Frammenti, 1795/1800);
- L'uomo è veramente uomo soltanto quando gioca (Friedrich Schiller, Sull'educazione estetica dell'uomo, 1795).


E per favore lasciate che i vostri bambini giochino. Non trasformateli in piccoli adulti o adolescenti precoci. Lasciate che giochino e che non si preoccupino se nel loro avvenire ci sono poche possibilità di lavoro. Una bambina mi ha detto che vorrebbe anche lei occuparsi di arte, ma poi ha paura di non avere abbastanza sbocchi. Io le ho chiesto quanti anni abbia e lei mi risponde: "Dodici."
Sono rimasta sbigottita.


Modificato

venerdì 19 febbraio 2010

La forza di non mollare

Questa volta vi voglio raccontare un fatto che mi è successo durante le prove di quest'ultimo laboratorio.
E' una cosa che ho accennato un po' di tempo fa, ma qui voglio raccontarlo per bene.
Ormai sono 13 anni che non riesco a correre. Dopo alcune operazioni per via di piedi piatti, la prima a 14 anni, due settimane a letto immobile a letto (ho anche sentito di più tempo), due volte a sedie a rotelle (la prima nel 1997 e la seconda nel 2005 per un'infezione alle ossa), un'osteoporosi (poi scomparsa) per via dell'immobilità, un gesso nel 1999 che mi copriva tutta la gamba sinistra e dico proprio tutta dopo una caduta ho avuto come conseguenza l'artrosi alle caviglie. Le mie gambe non sono certo buone, sono facili a storte, sento il brutto tempo prima degli altri, non posso stare in piedi per tanto tempo, mi affatico prima degli altri con dolori atroci. Se vi racconto questo non è per impietosirvi (infatti non cerco la pietà di nessuno), per farvi dire "Poverina.". No, vi racconto questo perché così potete capire meglio questo fatto.
Era durante le prove de Improvvisata a Castiglione e dovevamo muoverci a destra e a sinistra in fretta (gli altri correvano, io cercavo di dare il meglio di me) quando stanca non ce la feci più perché mi ero presa una storta. Andai nel piccolo edificio e lì piansi non per il male, ma perché ero stanca, stanca di aver sempre male, di non riuscire a fare molte cose che gli altri fanno con tranquillità e così pensai di mollare il teatro.
Ma poi è bastato andare fuori in quel prato, a stendermi e ad accorgermi quanto il teatro sia in realtà molto importante per me, di quanto sia una parte di me e così a decidere di continuare a fare il teatro nonostante i dolori che proverò perché poi la gioia sarà ancora più immensa e mi ricompenserà degnamente.
E di sicuro non considero questo fatto come una sfiga perché non è sfigato colui/colei che non si arrende.


Modificato

Improvvisata a Castiglione

Questa volta vi parlo dell'ottavo laboratorio teatrale non-scuola dell'estate del 2008.

Il titolo, Improvvisata a Castiglione, vuole richiamare il titolo di uno spettacolo del regista e drammaturgo francese Molière, L'improvvisazione di Versailles del 1663, ma nello spettacolo ci saranno ben due opere di Molière: Il Tartufo (1664) e Don Giovanni (1665).
In pratica si vuole ricreare l'atmosfera di quel periodo con una compagnia che cerca di proporre le sue opere stando ben attenti a non cadere nell'ira della comunità ecclesiastica che non accettava alcuna critica chiamata "cabala dei devoti" quindi la maniera più semplice era per Molière creare delle commedie all'apparenza frivole, ma molto sagaci.
Così si è voluto ambientare la messa in scena a Castiglione di Ravenna, una frazione appunto, dove avevamo alle spalle il castello di Castiglione, di fronte a noi il parco del castello, alla nostra sinistra un canale e più avanti un cimitero.
Alcuni ragazzi, tra i quali io, eravamo gli attori di questa compagnia, mentre altri facevano parte di questa sorte di magistero che controlla questi spettacoli.
Il Tartufo parla di un uomo, chiamato appunto Tartufo, considerato da tutti un brav'uomo di chiesa ospitato da Orgone. Quest'ultimo è colpito così tanto dalla bontà e dalla devozione verso Dio di Tartufo che gli promette in sposa sua figlia Marianna la quale è fidanzata con un altro. C'è anche da dire che tutti nella famiglia tranne Orgone e sua madre Pernella, non accettano di buon grado Tartufo e sospettano di questa sua bontà. Solo quando Tartufo cercherà di insediare Elmira, la moglie di Orgone, le cose si faranno chiare anche per Orgone.
Io chi ero? Pernella, madre di Orgone, dispotica e tiranna, molto preoccupata per il nome e l'onore della famiglia e con una voce stridula e sempre urlata pronta a zittire tutti quelli che offendono Tartufo.
C'è stata una scena bellissima alcuni giorni prima della rappresentazione. Stavamo facendo una filata senza interruzione ed eravamo arrivati alla scena in cui Tartufo veniva presentato agli spettatori per la prima volta quindi era una scena importantissima. Era colui che interpretava Orgone a dare il via chiedendoci l'ora, noi tutti gli rispondiamo scoprendo poi che arrivava Tartufo solo che l'attore di Orgone si era appartato e aveva assunto una posa come se stesse pensando. Che fare? Se lui non dice niente, Tartufo non può essere presentato e stavamo facendo una filata senza interruzioni quindi era la stessa cosa di uno spettacolo vero così mi avvicino a Orgone, gli chiedo a cosa stesse pensando, se sta arrivando qualcuno. Lui mi fa di sì e così gli chiedo chi è e lui mi fa Tartufo. Così entusiasta grido a tutti che sta arrivando Tartufo. Lo spettacolo va avanti.
E' così tanto piaciuto questo cambiamento che alla fine le guide hanno deciso di tenere fissa questa mia improvvisazione. E non dimentichiamo lo schiaffo (vero) che mi sono presa. Infatti dopo la presentazione di Tartufo, quest'ultimo saluta tutti noi componenti della famiglia e quando arriva a me, io lo assalgo come se me lo volessi fare (scusate le parole, ma è proprio così) e lui, esasperato, mi dà uno schiaffo in faccia dando poi la colpa alla mano: un vero uomo di chiesa non alzerebbe mai le mani a una donna per giunta anziana. All'inizio delle prove era solo per finta, ma poi le guide hanno voluto che era vero così allo spettacolo l'ho ricevuto per davvero tanto che si è sentito un respiro mozzato da parte degli spettatori.

Lo spettacolo non si conclude con la fine dell'opera, ma s'interrompe molto prima proprio perché la cabala dei devoti interviene e si passa a un altro spettacolo ovvero Don Giovanni, ma prima un intermezzo da parte di una cantante che ha deliziato molte platee ovvero Michelle Sassolino, ancora io (il nome è stato inventato nelle prove), con una versione vocale (ovvero senza testo) de Ave Maria di Franz Schubert, ma questa Michelle Sassolino non vuole proprio finire avanzando facendo indietreggiare col busto gli spettatori e così il capomastro della compagnia le dà un pugno (finto per fortuna) e si passa al secondo spettacolo.
Io, stesa per terra, aspetto che tutti si siano spostati e alcuni si avvicinano a me, ma io non dò loro retta. Poi, quando ormai il secondo spettacolo è iniziato da un po', io mi dirigo verso un piccolo edificio per cambiarmi, vestirmi tutta di nero e prepararmi per il ruolo del secondo spettacolo: la Statua del Commendatore.

Credo più o meno tutti conosciate la storia del Don Giovanni o almeno la sua figura che seduce le donne per poi lasciarle scatenando la furia così delle famiglie di queste sedotte e abbandonate e così Don Giovanni, seguito dal servo Sganarello, dovrà scappare nel bosco e lì salverà la vita di un uomo che si scopre fratello di Donna Elvira, la sua ultima conquista. La vita di Don Giovanni è salva solo per poco.
Don Giovanni e Sganarello camminando, incontrano la Statua del Commendatore, ucciso sei mesi prima proprio da Don Giovanni che, vedendola, non perde tempo a prenderla in giro e a parlarle come se fosse vera e magicamente la Statua si anima e accetta l'invito a cena di Don Giovanni.
Arrivata alla mansione, Don Giovanni riceve la visita di un suo creditore e astutamente riesce a mandarlo fuori senza avergli dato niente. Poi riceve la visita del padre, sdegnato e di Donna Elvira che è diventata una suora e lo supplica di pentirsi e così Don Giovanni si pente, ma non è sincero. Arriva un fantasma per avvertirlo dell'imminente pericolo. Infatti sarà la venuta della Statua del Commendatore a farlo tremare per la prima volta e prendendolo per la mano lo condanna agli Inferi.
Sono dovuta restare ferma in piedi su una piccola montagnetta d'erba con una spada in mano e sono Don Giovanni e Sganarello ad arrivare verso di me da un lato del parco e a notare che questa Statua ha "strane" forme femminili. Poi basta qualche piccolo passo e si è già nella mansione di Don Giovanni e quindi io ero completamente in scena con un riflettore puntato addosso. Non ricordo quanto ci sono stata immobile, ma è andata alla grande anche perché sapevo che se mi muovevo rovinavo completamente lo spettacolo però mi sono permessa piccoli movimenti minimi quasi impercettibili. Dopo lo spettacolo uno mi ha raccontato che uno vicino a lui gli chiedeva: "Ma che fa? Piange?" e questo risponde: "No, suda.". Infatti ho sentito una goccia fredda di sudore che mi solcava il viso accaldato e io ferma immobile. E' stata una bella prova di volontà.
E così siamo giunti alla fine di questo spettacolo. Alla prossima.

P.S.: Mi ero dimenticata di dire che in questo laboratorio c'erano anche dei bambini delle medie e elementari. E' stato bello e diverso da altri laboratori che ho fatto. Inoltre le guide erano Alessandro Argnani, Roberto Magnani, Michela Marangoni e Laura Redaelli.


Aggiornato e Modificato

mercoledì 17 febbraio 2010

Il funambolismo dell'arte

A proposito di delicatezza, vorrei parlarvi di un libro che sprigiona un senso di soavità incredibile ed è Neve di Maxence Fermine (edizioni Bompiani, Assaggi di Narrativa).
Anzi, non vorrei parlarvi della storia, ma trascrivere passaggi molto importanti del libro che mi hanno molto colpita anche per la semplicità delle parole, ma forse queste parole sono permeate dell'atmosfera del libro: quella del Giappone, della neve e degli haiku, brevi componimenti poetici nipponici.

Dialogo tra Yuko e suo padre, un monaco scintoista:

"Padre," disse il mattino del suo compleanno, in riva al fiume argentato, "voglio diventare poeta."
Il monaco aggrottò la fronte in modo quasi impercettibile ma tuttavia rivelando una delusione profonda. Il sole si rifletteva nelle increspature dell'acqua. Un pesce-luna passò tra le betulle e poi svanì sotto il ponte di legno.
"La poesia non è un mestiere. E' un passatempo. Le poesie sono acqua che scorre. Come questo fiume."
Yuko tuffò lo sguardo nell'acqua silenziosa e lesta. Poi si voltò verso il padre e disse:
"E' esattamente quello che voglio fare. Imparare a guardare il tempo che scorre."

"Cos'è la poesia?" domandò il monaco.
"E' un mistero ineffabile." rispose Yuko.
Un mattino, il rumore della brocca dell'acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di poesia, risveglia l'animo e gli conferisce la sua bellezza. E' il momento di dire l'indicibile. E' il momento di viaggiare senza muoversi. E' il momento di diventare poeti.
Non abbellire niente. Non parlare. Guardare e scrivere. Con poche parole. Diciassette sillabe. Un haiku.
Un mattino, ci si sveglia. E' il momento di ritirarsi dal mondo, per meglio sbalordirsene.
Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere.

Yuko e il vecchio poeta

"Tu sei poeta. Ma che conosci tu delle altri arti? Sai ballare, dipingere, scrivere in calligrafia, comporre?"
Yuko non seppe cosa rispondere. Si sentì avvampare il viso.
"Io sono poeta. Scrivo in versi. Per onorare la mia arte non ho bisogno di altre cose."
"Ti sbagli. La poesia è innanzitutto pittura, coreografia, musica e calligrafia dall'animo. Una poesia è al tempo stesso quadro, danza, musica e scrittura della bellezza. Se vuoi diventare un maestro dovrai possedere il dono dell'artista assoluto. Le tue opere sono meravigliosamente belle, danzanti, musicali, ma bianche come la neve. Sono prive del colore, della pittura. Tu non sei un pittore, Yuko. E' questo, a mancarti. Nient'altro che questo. Ecco perché, se non mi ascolti, la tua poesia rimarrà invisibile ali occhi del mondo."
Quel vecchio lo annoiava, ma la ragazza che gli stava accanto era bella, e Yuko non voleva deluderla.
"Vi ascolto, maestro."
"Nel sud del Giappone vive un uomo che possiede l'arte assoluta. Scrive meravigliose poesie che sono musica, ma è innanzitutto un pittore. Quest'uomo ammirevole e unico si chiama Soseki. E' stato il mio maestro. Vai a fargli visita da parte mia. Te ne supplico. Ti insegnerà quel poco che ti manca."

Yuko e il maestro

Ma poi, un mattino, in piedi sulla riva del fiume argentato, il vecchio cieco gli disse:
"Yuko, tu sarai completo come poeta solo quando nella tua scrittura fonderai nozioni di pittura, di calligrafia, di musica e danza. E, soprattutto, quando padroneggerai l'arte del funambolo."
Yuko sorrise. Il maestro non aveva dimenticato.
"Perché mai dovrebbe giovarmi l'arte del funambolo?"
Soseki poggiò una mano sulla spalla del giovane, come aveva fatto un mese prima.
"Perché? In verità, il poeta, il vero poeta, possiede l'arte del funambolo. Scrivere è avanzare parola dopo parola su un filo di bellezza, il filo di una poesia, di un'opera, di una storia, di una storia adagiata su carta di seta. Scrivere è avanzare passo dopo passo, pagina dopo pagina, sul cammino del libro. Il difficile non è elevarsi dal suolo e mantenersi in equilibrio sul filo del linguaggio, aiutato dal bilanciere della penna. Non è neppure andar dritto su una linea continua e talvolta interrotta da vertigini effimere quanto la cascata di una virgola o l'ostacolo di un punto. No, il difficile, per il poeta, è rimanere costantemente su quel filo che è la scrittura, vivere ogni ora della vita all'altezza del proprio sogno, non scendere mai, neppure per qualche istante, dalla corda dell'immaginazione. In verità, il difficile è diventare funambolo della parola."


Che parole vero?

Come avete potuto ben vedere non vi ho raccontato la trama. Forse avete potuto intuire qualcosa, o qualcosa vi rimane oscuro, ma vi posso assicurare che c'è molto di più in questo piccolo libriccino e che merita di essere letto.

martedì 16 febbraio 2010

Delicatezza

Questo post lo vorrei dedicare a una sensazione ormai dimenticata: la delicatezza.
Che cos'è la delicatezza? Per me è un sospiro, un alito di vento, una carezza, qualcosa di impercettibile però c'è, lo senti e non lo puoi negare.




di Marta Bevacqua



Ormai la delicatezza è qualcosa di abbandonato e non potrebbe essere diversamente: la delicatezza ha bisogno di tempo, di lentezza, della pazienza, del silenzio... cose che adesso sono dimenticate dai più tanto che si considera la delicatezza come una debolezza.
Per questo ammiro la filosofia orientale che onora tutto ciò e vorrei anch'io vedere lo splendore dei ciliegi in fiore e la caduta dei petali, vorrei anch'io poter respirare, fino a riempirmi i polmoni, di quell'atmosfera rarefatta.







venerdì 12 febbraio 2010

R: Aggiornamento blog

Sempre nel voler migliorare questo mio blog, ho aggiunto dei video in quattro post precedenti:


http://almacattleya.blogspot.com/2009/08/le-farfalle-della-notte.html (Aggiunto uno splendido video sulle falene. Da vedere assolutamente!)
http://almacattleya.blogspot.com/2009/10/io-e-la-natura.html (Aggiunto un video che dice tutto già dal titolo Into the Nature-La Danza della Natura);
http://almacattleya.blogspot.com/2009/12/le-meraviglie-della-natura.html (Aggiunto il video di Fantasia di cui avevo parlato);
http://almacattleya.blogspot.com/2010/01/tu-che-custodisci-un-universo.html (Aggiunto un video che per me fa vedere quanto il cosmo, in particolar modo la Terra, e noi siamo completamente vicini e collegati).


Grazie a tutti voi.




Aggiornato
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...