Sabato 22 aprile c'è stata alla Libreria Momo di Ravenna l'inaugurazione della mostra con le illustrazioni di Paolo Domeniconi tratte da Nino e Nina, scritto da Bruno Tognolini ed edito da Giunti Editori, che vede due bambini (appunto Nino e Nina) attraversare i mesi e così le stagioni.
Ecco alcune di queste illustrazioni
Una libraia mi ha chiesto se potevo venire per fargli un'intervista.
Mi ha fatto molto piacere questa richiesta.
Poco dopo l'inaugurazione della libreria, mi ero offerta per fare loro questa intervista.
Così mi sono armata di quaderno e penna e sono andata all'incontro.
Prima c'è stato l'incontro dove Paolo Domeniconi ci ha raccontato dei suoi inizi.
All'inizio ha studiato da grafico pubblicitario e poi ha lavorato realizzando le illustrazioni in prodotti come yogurt, marmellata ma piano piano questo lavoro è andato a "morire", un po' perché il lavoro era passato ai fotografi e un po' perché cresceva in lui l'insoddisfazione.
Così, spinto anche dai consigli di lettura della sua fidanzata, ha realizzato ipotetiche copertine di libri come quelli di P. G. Wodehouse, Gianni Rodari e libri per ragazzi.
L'illustrazione per ragazzi diventava sempre più importante però non sapeva come si realizzano gli storyboard, come si fa una composizione...
Quindi ha frequentato corsi, sia a Sarmede sia a Macerata, tenuti da illustratori come Carll Cneut, Mara Cerri e Linda Wolfsgruber.
Per un po' ha continuato con il lavoro di grafico pubblicitario finché l'ha abbandonato del tutto per dedicarsi solo all'albo illustrato.
Ci spiega che la tecnica non fa tanto la differenza. Alla fine la tecnica non è lo stile.
Si parla un po' del suo stile.
Personalmente, lui rimane affascinato dalle illustrazioni di Chris Van Allsburg, tra i suoi lavori Polar Express (nota: ho corretto il nome) Brad Holland che non realizza illustrazioni per ragazzi, ma ciò che ispira Paolo Domeniconi è il suo stile e il suo uso del colore.
di Chris Van Allsburg
di Brad Holland
Paolo Domeniconi definisce il suo stile come barocco, un po' datato se paragonato allo stile che sta andando adesso. Le sue sono immagini figurative che entrano nel dettaglio.
Alla fine, del fatto che il suo stile classico possa essere considerato fuori moda, non se ne preoccupa. Ogni illustratore dovrebbe seguire la propria ispirazione e poi in questi anni abbiamo il vantaggio che, grazie al web, c'è la possibilità di espanderci nel mercato e considerare alcuni come quello cinese.
Viene chiesto il rapporto con gli agenti e come capire se fanno bene il loro lavoro.
Innanzitutto, bisogna evitare agenti che chiedono soldi. Con loro si va a percentuale e nella media corrisponde al 30%.
Un altro fattore che sta a testimoniare la qualità di un agente è data dalla quantità degli illustratori che tiene. Se sono troppi, non ci si può aspettare una buona qualità del suo lavoro.
Tra i siti-vetrina che chiedono soldi per essere rappresentati, lui si sente di consigliare solo theispot.com, ben conosciuto dagli art director americani.
Le dediche ai libri vengono cominciate da una bambina piccola.
Anch'io ho preso un libro e me lo sono fatto dedicare, ma prima ecco l'intervista che gli ho fatto.
1) Ciao Paolo, benvenuto nel blog Farfalle eterne.
Vorrei iniziare l'intervista con una mia sensazione percepita nella mostra delle tue tavole alla libreria Momo e in altre mostre di illustrazioni.
Anche se l'illustrazione ha un fine diverso dalla pittura così come possono essere diversi i tempi di realizzazione e le persone indirizzate, di certo, e questo lo dico come pittrice e anche come amante dei libri illustrati, non posso restare insensibile alla bellezza delle illustrazioni quando vedo le tavole originali esposte ai muri. Sto lì ad osservare i dettagli, a cercare di vedere i colori e come sono mischiati tra di loro, oltre ad ammirare tutta la composizione.
Quello che chiedo, come mia prima domanda, è: si sta cominciando a considerare l'illustrazione come un lavoro artistico alla pari della pittura e non soltanto come qualcosa di secondario che serve, come spesso viene considerato erroneamente, solo ad accompagnare le parole?
Certamente sì, una certa editoria per ragazzi è sempre più attenta al valore artistico dei libri che produce, soprattutto in Italia, Francia e Spagna.
Alcuni editori legano la propria immagine ad artisti ben precisi, affermando una identità editoriale basata su scelte estetiche molto forti e connotate.
Di fronte ad alcuni libri mi chiedo se certe ricercatezze intellettuali arriveranno ai bambini, ma una cosa è certa, avranno tra le mani degli oggetti bellissimi e stimolanti.
Inoltre, come gli editori sanno bene, ci sono sempre più adulti appassionati di albi illustrati che contribuiscono al mercato.
2) Il fatto di avere libri con ricercatezze intellettuali non porta al rischio di libri belli esteticamente però con pochi slanci, che alla fine non rimangono impressi? So che ci possono essere sia l'uno che l'altro fattore, ma spesso, sentendo l'esperienza di alcuni illustratori e librai, vengono preferiti da alcuni genitori libri che non siano "troppo" come troppo oscuri (qui mi viene in mente un libro stupendo come Hansel e Gretel di Lorenzo Mattotti). Eppure l'infanzia non è quell'età spensierata, senza alcun problema che si crede.
Come ti poni in questo?
Parlando con i librai so bene che alcuni libri particolarmente raffinati sono destinati a rimanere sullo scaffale, è comunque bello che esista questa varietà e ricchezza visiva. Pazienza se i toni sono cupi, se un libraio è bravo e appassionato sa anche coltivare i propri lettori, proponendo libri per l’infanzia meno stereotipati.
Io mi sento molto normale e anche rassicurante, perché no. Ti confesso che sono molto contento quando vedo una mamma comprare un mio libro o quando capisco che un bambino ne ha colto alcune cose. Quando illustro penso più a loro che agli esperti del settore e alle giurie dei premi.
3) Nella tua presentazione di sabato, hai detto che il tuo stile può essere considerato classico, quasi fuori moda se paragonato a quello che sta andando oggigiorno. Quello che desidero chiederti è, per chi non ti conoscesse, anche le storie che illustri hanno lo stesso sapore delle tue illustrazioni?
Indubbiamente, l’editore che vuole irrompere sulla scena con un libro innovativo non si rivolge a me.
Va detto che l’abbinamento tra scrittore e illustratore è sempre un momento complesso e non risolvibile nella scelta tra “classico" e “contemporaneo”. Ho illustrato anche testi moderni, sia dal punto di vista dello stile che delle tematiche, l’importante è che tutto funzioni senza forzature.
4) Il 23 aprile era la Giornata Mondiale del Libro. Ci sono dei libri illustrati che hai letto da bambino e conservi nel cuore? E perché?
Quando ero bambino i libri illustrati erano pochissimi, ricordo solo poche e ripetute letture delle fiabe classiche più note.
Il Soldatino di stagno di Andersen mi devastava ogni volta nel suo viaggio verso la fine, sempre impassibile nelle illustrazioni.
Ora non sopporto le immagini che lo ritraggono espressivo ed ammiccante.
5) Illustrazione digitale. Ammetto che all'inizio ero piuttosto guardinga, ma era soprattutto perché non la conoscevo (e non la conosco tuttora, almeno finora).
Mi sembrava troppo perfetta, poco incline a quegli errori (come delle macchie) dai quali possono scaturire delle idee che prima non avevi pensato (anche se capisco che quando si ha a che fare con delle correzioni e deadlines, si vorrebbero meno intrusioni di questo tipo). E inoltre mi sembrava piatta, senza sostanza. Ma appunto ero prevenuta. Guardo delle tue illustrazioni in Photoshop, anche per via di post sui corsi che hai fatto (come questo scritto da Elisa Moriconi), e rimango strabiliata, non soltanto dai colori, dalla tecnica. Mi sembra che tutto abbia una sua corporeità. In quel momento poco mi importa se la tecnica sia tradizionale e digitale.
Tu come ti sei avvicinato all'illustrazione digitale? E come hai trovato la tua strada in questo?
Usavo Photoshop quando ancora lavoravo per la pubblicità, era un gelido ma perfetto sostituto dell’aerografo, strumento di tortura che si usava a quel tempo.
Non credevo che potesse anche sostituire la pittura ad acrilico che utilizzavo sui primi libri ma la curiosità per una tecnica nuova ha avuto la meglio. Quando ho trovato il modo di “scaldare” la pennellata è stato naturale decidere di illustrare la prima storia in digitale, ormai si parla di tredici anni fa.
Rispetto alle tecniche tradizionali il digitale ha molti vantaggi legati alla smaterializzazione ma mi sento di poter sfatare un luogo assai comune, ovvero che sia più “facile” rispetto al tradizionale. Non è assolutamente così.
6) Ti ringrazio tantissimo per le tue risposte. Come ultima domanda, chiedo a quasi tutti coloro che intervisto se c'è qualcosa che preme di dire ai lettori, qualsiasi cosa.
Ne approfitto per un consiglio di lettura, avete mai letto i libri dell’illustratore Jimmy Liao?
E' stato un vero piacere per me intervistarlo e anche parlarci mentre faceva la dedica al libro che avevo preso ovvero questo.
Mi aveva affascinato il rapporto tra Amali, la bambina, e l'albero che si può intuire dalla copertina e sfogliandolo, mi sono convinta di prenderlo.
Mentre cercava di imprimere la matita nera sulla carta patinata, Paolo Domeniconi mi confessò che era la prima volta che qualcuno gli chiedeva di fare una dedica a quel libro.
Era stato percepito come cupo, eppure ciò che mi ha conquistato del libro è stata la tenerezza, il fremito dall'incontro.
Sì, certo l'atmosfera iniziale è cupa, ma era necessaria se poi si voleva sviluppare questa storia. Senza quella cupezza, non si sarebbero percepiti il calore e la luminosità che piano piano si espandono come dei profumi.
Ringrazio Paolo Domeniconi per la sua disponibilità (questo il suo blog e qui il suo portfolio) e le libraie di Momo che hanno pensato a me.
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