Questa volta vi voglio parlare di un autore teatrale che credo che i più non lo conoscano. Non lo conoscevo neanch'io fino a ieri, ma grazie ad un incontro al teatro Rasi ho potuto colmare questa lacuna. Indirettamente perché lui è morto e l'8 dicembre di questo anno "festeggia" il ventennale.
Il suo nome è Tadeusz Kantor.La fama internazionale la raggiungerà a 60 anni per lo spettacolo La classe morta.
All'incontro c'erano Renato Palazzi, critico teatrale e autore del libro "Kantor - la materia e l'anima" e un'attrice che ha collaborato con Kantor per alcuni anni ovvero Marzia Loriga, entrambi a raccontare questo mirabile artista.
Tadeusz Kantor è nato in Polonia nel 1915 da madre cattolica e padre ebreo convertitosi.
Nella sua vita, e per la sua poetica artistica, le Guerre avranno una grande importanza, qualcosa da elaborare e trasformarli in piccoli quadri teatrali.
Palazzi e Loriga precisano che lui è partito come pittore e al teatro è approdato. Kantor ha attraversato diversi stili e la cosa particolare, anche perché sembra che sia l'unico, ha portato il suo stile anche nel teatro e quando passava a un altro, qualcosa rimaneva in quello precedente (in questa pagina potete vedere alcune sue opere).
Persino ai suoi allievi teatrali, quando gli è stato dato l'insegnamento, diceva che il teatro non è il punto di partenza, ma una conquista e forse è proprio il suo non essere teatrale a renderlo così autentico e completamente geniale.
Per niente psicologico (gli simboli tipo le croci erano spogli del loro significato intrinseco), le prove potevano durare dai 15 minuti alle 2 ore (cosa che per chi fa teatro è qualcosa di anormale) per 4 o 5 mesi, non c'era il training ovvero un allenamento fisico (anche questo anormale e poi bisogna considerare che il suo teatro era completamente fisico), ma la cosa che ho trovato assolutamente straordinaria è che lui dava spazio alla casualità della vita e alla libertà degli attori. Poteva capitare che un gesto non voluto veniva tenuto oppure un ritardo, un grido che parte fuori dal teatro, qualunque cosa poteva andare bene e lui è sempre presente sul palcoscenico ad osservare silenziosamente e a dare delle indicazioni, a sottovoce oppure con dei gesti della mano, ma questo - precisano Palazzi e Loriga - non fa di lui un direttore d'orchestra. Inoltre poteva capitare che un attore dovesse essere sostituito e la parte si provava anche quando entravano gli spettatori. Questo cambiamento repentino, e poco provato, dava allo spettacolo una diversità rispetto alla giornata precedente. Poteva capitare che anche il finale veniva cambiato anche a tournee cominciata.
La sua preparazione pittorica gli dava una sensibilità molto visuale. Lui non voleva raccontare, almeno come s'intende teatralmente, e il palcoscenico sembrava accogliere tantissimi tableux vivant.
Una cosa assai importante è l'utilizzo di oggetti che sono presi dalla vita reale per riportarla anche sul palcoscenico. Più gli oggetti erano umili, più acquistavano potere sul palcoscenico.
Non solo oggetti trovati nella vita reale, ma anche nei ricordi di Kantor come il caso di un triciclo della sua infanzia che è riuscito a ricordarselo dopo un'estenuante ricerca nei ricordi.
Il ricordo era anche qualcosa che doveva trasparire dagli oggetti. Infatti lui non li voleva perfettamente puliti, ma sporchi come se fossero appunto vissuti.
Inoltre i fantocci,
(qui il fantoccio dell'infanzia portato dagli anziani morti ne La classe morta)
il tema del doppio erano cose che lo intrigavano così come l'idea della morte. Attenzione però non è una morte cupa, ma vitale così come il suo teatro grottesco e potente in questo suo essere grezzo come una materia non ancora scolpita. Infatti, Kantor non apprezzava nella cultura occidentale questo attaccamento allo spiritualismo e che considera la materialità come un male assoluto. Anzi, per lui gli oggetti avevano più importanza degli attori stessi.
I suoi spettacoli avevano molti riferimenti autobiografici e spesso venivano rappresentati i componenti della sua famiglia come se fosse un crudele, ma innocente, gioco di un bambino che fantastica, per esempio, sui suoi genitori. Per esempio in uno spettacolo ha rappresentato il matrimonio tra suo padre, vestito da soldato, e sua madre, che mi ricordava molto la Vergine Maria, ma la cosa strana è che entrambi, sul palcoscenico, erano morti (ovviamente era la parte e c'erano gli attori non i veri genitori) quindi li si poteva vedere nella loro inanimità, completamente rigidi.
Ci sarebbero tante altre cose da dire e spero di avervi incuriosito su questo autore anche perché merita l'attenzione.
Cosa rimane di lui ora? Renato Palazzi ha dichiarato che alla sua morte improvvisa, pensò che il teatro fosse morto. Poi si rese conto che in realtà non è così però di sicuro qualcosa si è perso.
Eredi? Alcuni come Moni Ovadia dicono di esserlo. Io non dico di esserlo però sapere che un autore teatrale come lui è partito dalla pittura e ha pensato a quel tipo di teatro, mi dà la spinta per sperimentare.
Una cosa che credo sia molto significativa: il suo ultimo spettacolo è stato rappresentato nel 1991 ovvero postumo. Sapete come si chiama? Oggi è il mio compleanno.
Io lo trovo totalmente ironico pur nel dispiacere di non aver mai visto dal vero uno suo spettacolo.
Però lo trovo ironico e credo che un po' sia nel suo stile, nel suo senso della morte.
Grazie per questo post, perchè prima di leggerlo anch'io ero ignorante in materia... E dire che ci sono tanti autori teatrali così interessanti che passano però sotto silenzio... ed è un vero peccato...
RispondiEliminaGià e chissà quanti altri autori meritano di essere conosciuti e invece non lo sono-
RispondiEliminaIo sono felice di avere scoperto questo, e ripeto che prima di quel giorno non lo avevo mai sentito nominare, e spero che tanti altri lo scoprano.
grazie per la presentazione di questo artista Kantor,grande e oggi poco conosciuto. Il valzer 'La classe morta' lo rammento,forse da uno spettacolo di Moni Ovadia?
RispondiEliminaUn piacere leggere questo articolo rivelatore.
E' probabile che tu l'abbia visto da Moni Ovadia perché come dicevano Palazzi e la Loriga, ovvero i due che hanno parlato, lui considera Kantor un maestro.
RispondiEliminaMi fa davvero piacere che sia piaciuto anche se non ho la pretesa di aver raccontato tutta la sua poetica però credo possa incuriosire.