Non è un caso se dopo aver parlato di Gina Pane, ho parlato di Frida Kahlo. Non solo perché Frida Kahlo è uno dei miei pittori (uso il maschile apposta) preferiti, ma perché appunto volevo confrontarle.
Gina Pane e Frida Kahlo hanno vissuto in un periodo quasi contemporaneo, tutte e due avevano un corpo minuto e esile e tutte due hanno posto il loro corpo come punto cardine del loro lavoro, ma è nel come proporlo che la situazione cambia: il corpo di Frida Kahlo era già segnato per malattia e poi un incidente mentre invece Gina Pane segnerà il suo corpo.
Approfitto di questo confronto per parlare di un concetto molto importante nel mondo dell'arte: la creazione.
Ebbene la creazione di un'opera d'arte comporta in sé un frammento di distruzione: per creare qualcosa, bisogna distruggere, frammentare, sciogliere per poi creare, ma tra distruggere e creare c'è un passaggio molto importante: trasformare.
Voglio fare l'esempio della perla. Una conchiglia, appena avverte che un granello di sabbia è entrato, lo avvolge con la madreperla. Insomma, lo trasforma.
Distruggere non deve essere preso alla lettera e non deve essere fine a se stesso come trovo le perfomances di Gina Pane. Alcuni concetti che poi sostiene magari potrebbero essere giusti, ma la cosa più importante non è tanto il cosa, ma il come.
Frida Kahlo coi suoi autoritratti, con quello sguardo così severo e fisso credo ci sconvolga molto più intimamente di quanto facciano le perfomances di Gina Pane.
Frida Kahlo, La colonna spezzata, 1944
Gina Pane, Azione sentimentale, 1973
Mi rendo conto che alcuni non saranno d'accordo con ciò che ho appena sostenuto e ben vengano però questo è quello in cui credo.
Aggiungo un'ultima cosa. Mi sono sempre chiesta, come ho scritto nel post dedicato a lei, cosa spingesse Gina Pane a farsi carico di ciò, di questa sofferenza che però non mi sembra veritiera a confronto di quella di Frida Kahlo. Una perla artificiale non ha lo stesso valore di una perla naturale.
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