Come promesso, in questo post vi racconterò la mia ricerca continua, l'unione tra il bestiale e il sublime.
Tutto è cominciato il giorno in cui ho realizzato il mio primo "provino" (http://almacattleya.blogspot.com/2009/10/il-mio-primo-provino-teatrale.html). Marco Martinelli, co-fondatore, regista e drammaturgo della compagnia Teatro delle Albe, raccontava come tutti loro della compagnia hanno ereditato l'aspetto bestiale e sublime del Teatro Rasi, la loro "casa". Sì perché il teatro era in origine la chiesa francescana di Santa Chiara, sorta nel Duecento, dove canti gregoriani riempivano il luogo. Infine, con l'arrivo di Napoleone, la chiesa fu sconsacrata e divenne una cavallerizza per circa novanta anni.
L'essere al contempo bestiale e sublime, il teatro lo permette. Sul palcoscenico, non si sa come, tutto viene amplificato e acquista potenza. Ogni fibra del tuo essere deve essere concentrata, riempirsi dell'aria che si respira sul palcoscenico o comunque in qualsiasi luogo ove si recita. Ma soprattutto c'è una cosa in cui sono convinta: ogni mia mostruosità sul palco diventa pura bellezza. Al laboratorio ci dicono sempre di non avere paura di ciò che mostriamo, non dobbiamo avere paura di essere giudicati perché ritenuti indecenti.
Fuori dal teatro, la gente cammina "civilmente", parla a bocca semichiusa, respira utilizzando solo i polmoni, le gambe sono come staccate dal resto del corpo e la voce è qualcosa di così fievole da essere nulla. Stare sul palco è come conoscere la parte più bestiale di noi, quella più arcaica. Ma al contempo ci si sente in contatto con la parte più sublime che abbiamo in noi.
Se il mondo è diviso in due realtà, gli attori camminano sopra il filo proprio per il loro essere in bilico tra realtà e finzione.
Io sono contro a un certo perbenismo che si respira a volte nei teatri,a un modo di essere troppo impostati, a una quasi paura nel mostrare la nostra bestialità perché credo che così si raggiunge il nostro essere sublime.
Recitare è come fare una preghiera antica che non ha religione. Ma recitare ha senso solo davanti un pubblico: non si recita per se stessi.
Essere bestiale e sublimi allo stesso tempo: che cosa c'è di più bello in questo? Cosa c'è di più bello di acquisire libertà nel nostro corpo? Sentire la voce che, potente, si mette a tremare di emozione? Cosa c'è di più bello nel sentire il respiro che riempie il tuo corpo?
Non solo libertà, ma anche consapevolezza si acquisisce.
E la mia ricerca nell'essere bestiale e allo stesso tempo sublime è continuare a recitare ricordando sempre queste mie parole.
Molto belle ed esatte le tue parole sul teatro, e sul 'fare' teatro. Sì, ormai ci sono cattive abitudini da parte di certa gente che non sa cosa significhi recitare. Mi riferisco al connotato negativo che a volte assumono le espressioni 'smettila di fare l'attore', o 'stai recitando la commedia'. Come se dare dell'attore a qualcuno o accusare una persona di stare recitando fosse un'offesa imperdonabile. E'un po' come dare del 'cane' a qualcuno, come se il cane fosse un animale ignobile. Secondo me la caratteristica di un vero attore deve essere l'autenticità. Un vero attore deve esprimere autenticamente se stesso, non deve assolutamente fingere. Questo può sembrare un paradosso, ma per me è così. Per me il vero camerino o spogliatoio non è dietro le quinte, ma sul palcoscenico stesso: è lì che il vero attore si spoglia, mette a nudo se stesso per donarsi al pubblico. Non so se sei d'accordo.
RispondiEliminaAndrea
Il mondo dell'attore, soprattutto quello teatrale, è sempre in continua contraddizione che include anche la finzione, ma non nel senso di falsità.
RispondiEliminaCi sono diversi stereotipi riguardo la professione dell'attore: che se uno interpreta un personaggio malvagio oppure stupido o altro per forza nella vita reale deve essere così. Inoltre c'è gente che pensa che, per deformazione professionale, l'attore reciti anche nella vita reale. Tutto ciò è sbagliato anche perché queste persone non sanno di quante maschere indossino pure loro nella vita reale per adattarsi alle circostanze della vita. Inoltre si pensa che non posso intrepretare un personaggio dal carattere completamente diverso o anche opposto dal mio. E non dimentichiamo di chi vede il teatro come una cosa noiosissima.
Piuttosto che 'recitare', preferisco la parola 'interpretare' o anche 'diventare' perché sento quasi che recitare sia falso, qualcosa di forzato. Invece 'interpretare' e 'diventare' mi sembra che abbiano in sè la trasformazione dell'attore in personaggio