mercoledì 1 giugno 2016

Giorgio Gaber e il Circolo degli Attori

E se lunedì vi ho parlato dello spettacolo del Circolo degli Attori basato sulla Commedia dell'Arte, sui suoi personaggi e canovacci, stavolta vi parlerò di Via Giorgio Gaber, 39 un po' anticipatamente visto che domani è festa e quindi non so se ci sono persone che lo leggeranno.
Prima un attimo di dietro le quinte.
In realtà l'impostazione dello spettacolo e il titolo sono venuti dopo.
Il regista, Davide Allevi, voleva fare uno spettacolo utilizzando testi di Giorgio Gaber ma ancora non c'era il contesto.
Quello che ci chiedeva era di leggere i testi di Gaber e scegliere quello che ci intrigava.
Io scelsi un testo (ve lo presenterò dopo) e all'inizio fui titubante perché una delle possibilità di recitarlo era qualcosa che desideravo non fare perché volevo toccare altre possibilità di interpretazione.
In pratica, mi si chiedeva di farlo come una vecchia, quasi simile a una strega.
Era un ruolo troppo simile ad altri che avevo fatto.
Cercai altri testi, ma quel testo rimaneva sempre.
E così quello che ci chiedeva Davide era "Perché dici quel testo? Che cosa c'è prima? Tu chi sei in quel momento?", domande che sono state fatte a tutti noi.
Inoltre desidero fare un'altra premessa: ogni ruolo sarà accompagnato da un video dove c'è Giorgio Gaber, ma questo non vuole assolutamente creare un paragone tra noi e lui.
Non era questo il nostro intento e anche se lo fosse stato, avremmo perso già in partenza.
Nostra intenzione non era imitarlo, ma prendere i suoi testi (scritti anche da Sandro Luporini) e incarnarli con quello che siamo noi.
Mi è sembrato doveroso specificare ciò.



E adesso, come è stato per Amore e Destino, vi accompagnerò lungo questo spettacolo tramite delle foto.
Stavolta sono più i fotografi, i quali mi hanno gentilmente concesso di usare le loro foto.
Le uniche foto sulle quali non è specificato il nome sono di Chiara Roncuzzi che sono le più numerose. Delle altre indicherò il nome.


Siete pronti? 






Ecco Davide Allevi, il regista.




Ed eccoci arrivare accompagnati da La libertà (in una versione più ridotta e una delle poche canzoni non messe in prosa), cantando il ritornello.




























foto di Isabella Catalano





Noi tutti siamo condomini della palazzina Italia situata in via Giorgio Gaber, 39 (come specificato dalla nostra amministratrice Laura Presidente interpretata da Deborah di Lauro, quella con la cartellina rossa) e siamo in questa riunione anche per presentarci ai nuovi condomini, gli spettatori.
Dopo la canzone, Laura Presidente ci chiede di sederci così da cominciare la riunione e chiede chi vuole iniziare.
Il primo dei condomini a parlare è Massimo Sforzo (Massimiliano Longhi) che per sé ha scelto L'Ultimo Uomo



foto di Isabella Catalano




Se nel pezzo di Gaber, sembra ricordarci una persona avanti con l'età, qui lui ha usato tutta la sua giovane età, la sua energia per dire le stesse parole rivolte ai giovani ed essendo lui stesso un giovane.


Finito il suo pezzo, si può ricominciare con un altro ma ecco che arriva un signore (interpretato da Paolo Zanzi) delirante che fa Noci di cocco.




L'amministratrice ci rassicura dicendo che si tratta di Nicola Pietrangeli, il nostro inquilino più anziano ed è meglio lasciarlo sfogare.






Noi tutti siamo sconcertati e non sappiamo cosa fare anche perché lui interpreta tutte le parti cambiando solo di posizione e quando inizia a intonare l'inno, siamo ancora più imbarazzati.
Ognuno reagisce come dice il suo personaggio



foto di Isabella Catalano


Alla fine Nicola Pietrangeli viene portato via da un giovane col camice.



foto di Isabella Catalano


Il quale rimane in scena col pezzo Dall'altra parte del cancello






Anche nella sua interpretazione ci sono dei momenti che mettono un po' di angoscia e con il pezzo finale "Noi siamo sani", si incanta ripetendolo come fosse un disco rotto.
L'amministratrice prende di nuovo la parola facendo segno a Massimo Sforzo di portarlo al suo posto e rassicurandoci, un po' imbarazzata da questi momenti fuori dal suo controllo, che si tratta di Gildo Frascati (interpretato da Leonardo Olivieri), nostro coinquilino studente di medicina.


Arriva, non interpellata, Marina La Stella (interpretata da Roberta Amici) che inizia ad offrire biscotti e visto che è in scena interpreta il suo pezzo ovvero Il Potere dei più Buoni







Come avrete potuto notare, se avete sentito i pezzi, abbiamo trasformato alcune canzoni in prosa e ciò non è stato facile.
Si tratta di togliere tutta la melodia, asciugare la canzone soprattutto se poi ha le rime.
Un consiglio che ci è stato dato da Davide Allevi è quello di pensare a ogni verso come se tu lo stessi dicendo in quell'esatto momento. Inoltre bisognava creare delle pause e rendere tutto il discorso filato.
Da parte mia, provando e riprovando, ho sentito che un ulteriore aiuto lo davano gli accenti. Anche perché quando finiamo una frase, quando la teniamo in sospeso la differenza è data molto dagli accenti finali. Abbassando il tono, mi sembrava poi che tutta la cantilena delle rime veniva diminuita.
E dopo la richiesta di essere stata applaudita, dopo un po' mi alzo io, applaudendola sarcasticamente e dandole della falsa dicendo come lei sparli di me per tutto il condominio perché sono una ragazza madre. E i suoi figli poi?




Così dai suoi figli dagli occhi spenti per non aver mai conosciuto l'amore vero di una madre, parto con Non insegnate ai bambini rivolto agli spettatori










E' proprio questo il testo di cui parlavo.
Alla fine, anche con tutti gli altri testi presi in considerazione, questo è rimasto e questo ho fatto.
Quando ancora non c'era il contesto della riunione di condominio, pensavo di farlo come una madre che aveva con sé un bambino. A lui cantavo la parte Giro girotondo, cambia il mondo come se fosse una ninna nanna.
L'impressione che ho dato era però quella di una donna che aveva perso il bambino e anche nel suo sorriso era malinconica (così mi è stato riferito).
Quindi ho provato a pensare altre strade, altri modi di recitare tenendo anche in considerazione questa prospettiva del bambino morto.
Quando poi ci è stato comunicato che l'ambientazione era appunto una riunione di condominio, ho pensato "Chi potrebbe dire queste parole?"
Giusto qualche minuto per pensarci e alla fine mi è venuto in mente il personaggio: una ragazza madre grezza che sa bene di quanto gli altri sparlino di lei per il suo modo di essere e alla fine è lei che zittisce loro con questa canzone di Gaber che io, naturalmente ho messo in prosa.
Bene, il personaggio c'è ma manca il modo di fare.
Creando il copione, alla fine il mio pezzo è diventata una reazione insofferente al monologo di un altro.
Quindi tutta la parte iniziale doveva essere bella forte, e calibrata, per arrivare alla canzone monologo di Giorgio Gaber dove dolcemente cerco di far ragionare a quelli del pubblico.
E' stato un passaggio difficile questo tanto che a un certo punto mi è stato chiesto, quando ancora non avevo la memoria piena, di andare come un treno verso Marina La Stella e poi parlare dei suoi figli come transizione per arrivare al pezzo di Gaber.
E lì è successa una cosa: mi sono rotta. Nel senso che prima si chiedeva di pensare, di rievocare un certo momento e lasciare andare. Poi, guidata da un collega di Davide Allevi che era venuto per vedere, sono passata ai figli di lei e infine al mio monologo.
Lì ho pianto, continuando a recitare.
Era più forte di me.
E' stata una scena un po' imbarazzante per me che ho pianto e per gli altri che mi hanno vista così.
Ma poi Davide Allevi ha specificato che momenti così vanno bene nel teatro perché oltre alla nostra quotidianità, oltre al personaggio che noi portiamo nella vita di tutti i giorni, portiamo anche il nostro vissuto.
Perché ho pianto? Diciamo che a volte nostre corde personali vengono risuonate in un particolar modo quando si tratta di portare, "indossare" un testo e non sempre equivale a quello che c'è scritto, al personaggio che si porta.
Cosa mi ha portato a piangere? Per me è già tanto avere scritto questo, ma ho preferito raccontarlo perché un fatto del genere può succedere a tutti coloro che intendono fare teatro e il semplice fatto di piangere non deve portare a pensare che il teatro non è adatto a loro.
Anzi, tutt'altro.
Quell'evento imbarazzante mi ha portato a sentire da vicino le mie emozioni e a sentire il cambio di respiro nei vari passaggi: io che parlo a Marina - io che parlo dei suoi figli - io che parlo agli spettatori.
Non abbiate vergogna di questi momenti di fragilità perché possono costituire una grande forza.
Quello che noi portiamo sul teatro è la nostra carne, la nostra pelle, la nostra voce, il nostro respiro. Tutto.


Dopo questa parentesi posso continuare con lo spettacolo. Ah, il mio nome nella scena è Anna Camporella e come quelli di tutti, sono nomi scelti da noi.


Il prossimo ad essere interpellato è Il Signor G con a sinistra Giovanni Maria Delli Castelli (interpretato da Samuele Perini) e Gildo Frascati








Credo si possa immaginare dai vestiti, chi interpreta chi.
Se nel monologo originale tutto era asciutto, qui siamo di fronte a un contesto diverso.
Non stiamo a fare teatro-cabaret, ma riportiamo una situazione che, seppur surreale, deve essere sentita come vera.


Un momento di pausa e così ci dividiamo tra uomini e donne.
Tra le risate iniziali si parte con Secondo me la donna


foto di Debora Penazzi





Esattamente non so di quale anno è stato preso il testo (suddiviso tra tutti noi) anche perché, leggendo un libretto, si poteva notare come alcuni monologhi possano essere differente in diversi anni.
Ho trovato questo video anche se non ci sono tutte le frasi e l'ordine di queste non è lo stesso che avevamo noi.
Divisi così era tipo un cercare di portare la ragione dalla propria parte, da quella maschile o da quella femminile.



foto di Debora Penazzi



Ovviamente tutto era ironico, ma anche così noi dovevamo essere convinti di quello che dicevamo.
In quasi tutti i testi di Gaber poi c'è questo sottofondo ironico che esalta maggiormente se lo si prende seriamente. Un errore è pensare che per essere ironici, bisogna dire ciò evidenziando ancora di più l'ironia come se si volesse dire "Ehi, sto facendo una battuta ironica. Ridete quindi."



foto di Debora Penazzi


Finito con questo monologo suddiviso, squilla un telefono.
E' quello di uno degli attori, di colui che fa Giovanni Maria Delli Castelli: l'ha chiamato la sua morosa e così parte il monologo Quando sarò capace di amare







Qui il monologo viene trasformato in una risposta al cellulare piuttosto arrabbiata e noi tutti siamo imbarazzati da questa situazione.
Ovviamente il tutto fa parte della scena. Anche il nostro imbarazzo.


Finito questo monologo, l'amministratrice decide, per stemperare un po' la situazione, di raccontare un suo sogno dove ci sono questi personaggi, come si può chiamarli, di colore.
Neri, irrompe Egle Zannoni interpretata da Patrizia Messere.
Come? chiede turbata l'amministratrice anche perché è stata interrotta.
Neri, qual è il problema?
Di fronte all'ennesima perplessità dell'amministratrice, Egle si alza in scena con il monologo Le Palline







Finito il monologo delle palline, l'amministratrice annuncia rassegnata che è giunto il momento dell'ancora questione non risolta de La sedia da spostare e per questo pezzo, vi posso far vedere un frammento dello spettacolo filmato da una mia amica.
I personaggi sono sempre gli stessi ovvero Anna Camporella e Nicola Pietrangeli.



foto di Isabella Catalano





Quando avevamo iniziato le prove, come specificato prima, non c'era il contesto della riunione e quindi la facevamo come se fossimo dei politici. Ma di fronte al cambio della scena, anche il nostro approccio doveva cambiare.


Detto ciò, la sedia da spostare è ancora lì che deve essere spostata e quindi tutto si rimanderà, con la disperazione dell'amministratrice, alla prossima riunione.

La riunione si è anche prolungata e quindi il personaggio interpretato da Deda Fiorini (chiedo scusa, ma non ricordo il suo nome in scena) cerca di sgattaiolare via, ma viene sorpresa dall'amministratrice che le chiede se vuole parlare.




Merda! bofonchia Deda.
L'amministratrice è sempre più perplessa e così Deda, per salvarsi, racconta de La cacca dei contadini.
La racconta prima come se se la stesse inventando in quel preciso momento e poi, presa dalla situazione, diventa sempre più convinta








Talmente convinta che alla fine inizia a parlare di come appunto per le piccole cose ci si vergogna e questo la porta a specificare di alcune mancanze, alcuni atteggiamenti fatti da noi coinquilini che non le vanno bene.
E finisce dicendo a tutti noi e anche al pubblico: Andate a cagare ma non come quei contadini!


Bene, la riunione è finita e non si è risolto niente.
Da altra parte neanche noi aspettiamo niente dalla nostra amministratrice e finalmente lei riconosce la palazzina Italia.


Noi tutti ce ne andiamo.
Solo che rimane uno solo in scena e all'improvviso, tra lo stupore di noi conquilini, grida Io non mi sento italiano e poi, con più calma Ma per fortuna o purtroppo lo sono.












Ad uno ad uno anche noi ci lasciamo convincere e ci avviciniamo al centro della scena cantando, come meglio abbiamo potuto, un pezzo della canzone.








I pezzi sono stati scelti e non a caso infatti, giusto per fare degli esempi, colui che faceva Massimo Sforzo (accanto a me), canta il pezzo del Mi scusi presidente/ non sento un gran bisogno/ dell'inno nazionale/ di cui un po' mi vergogno/ In quanto ai calciatori/ non voglio giudicare/ i nostri non lo sanno/ o hanno più pudore e quando all'inizio ci siamo alzati per l'inno, lui non aveva messo la mano sul cuore.
Mentre la nostra amministratrice, Laura Presidente (accanto a me), canta il frammento dove non compare la parola presidente ovvero Sarà che gli italiani/ per lunga tradizione/ sono troppo appassionati/ di ogni discussione/ Persino in Parlamento/ c'è un'aria incandescente/ si scannano su tutto/ e poi non cambia niente.









L'elemento più importante era qui il nostro essere uniti, la nostra partecipazione nella canzone e spero che ciò si è capito.





Con questa canzone finisce lo spettacolo.
Qui sotto potete vedere Davide Allevi e Cristiano Caldironi, il direttore artistico del Circolo degli Attori




Spero che vi sia piaciuto e che molta della nostra energia si è capita dalle foto e spero anche dal modo nel quale ho presentato lo spettacolo.
Io sono rimasta soddisfattissima dallo spettacolo e se qualcuno ha notato, indossavo la maglia viola che tra l'altro è uno dei miei colori preferiti (come forse alcuni sapranno, il viola è un colore tabù nel mondo del teatro).
Detto ciò, grazie mille per la visione dello spettacolo.
Grazie Gaber, grazie Davide, grazie Cristiano, grazie al Tamo che ci ha ospitato, grazie per le foto, grazie ai miei compagni di avventura e, ultimo ma non per ultimo, grazie a tutti voi che leggete i miei post.

2 commenti:

  1. Lo scorso post non l'avevo visto
    Sai conosco Gaber, sono stato incuriosito dal titolo.
    Le foto mi hanno messo allegria, quindi al "Spero che vi sia piaciuto": rispondo con un si :D

    RispondiElimina

Grazie per i commenti

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