Make art not war
Prima parte
Seconda parte
Due giorni interi con Ivano Marescotti sabato 9 e domenica 10 dicembre.
Due giorni dove si sono presentate le scene che sarebbero poi portate nello spettacolo finale.
Si impara facendo e osservando.
Si impara vedendo che cosa non funziona.
Perciò frasi possono essere ripetute quando ce n'è bisogno
Frasi come:
- Sedersi (dove non sia strettamente necessario) è autolimitante;
- Quando si fanno delle azioni come mangiare, bere ecc... sempre meglio farlo per davvero e non facendo finta;
- Non si fa un'azione in modo didascalico. Bisogna innanzitutto sentirla;
- Le battute nascono dalle azioni e non il contrario;
- Se si sbaglia, è il personaggio che sbaglia non chi lo interpreta;
- La direzione dello sguardo, così come dei gesti, deve essere chiara e precisa, mai vaga;
- Rispondere sempre alle 5 W (Who? Where? When? What? Why?) anche quando si tratta di comparse che in realtà sono personaggi essenziali e tutti quelli che compaiono sono protagonisti della loro vita in quel preciso momento.
Frasi utili non solo a chi sono dirette, ma a tutti perché può sempre capitare di incappare in quello sbaglio che non deve essere visto come un voto scritto con la penna rossa, ma come un'occasione di rivedersi
In questa nostra ricerca, ci è data la possibilità, così come è successo per il 100 ore con Marescotti, di cambiare ambientazione, di non seguire pedissequamente le indicazioni scritte tra parentesi nel testo. Le parole sono sempre le stesse. Si può magari togliere qualche frase se è meglio per noi.
I puristi potrebbero essere sconcertati, ma non si recita per accontentarli.
Le scene che porteremo sono dei minispettacoli dove non è rappresentato né un prima né un dopo, quindi tutto nasce e muore lì, tutto vive in quel preciso momento.
Questa libertà ci permette di sperimentare, di sbagliare e quindi di imparare.
Potrebbe sembrare troppo facile dire come si fa l'attore, spiegare appunto cosa si deve fare ma questo vorrebbe dire produrre degli attori come in una catena di montaggio invece di formarli.
Sul palco del teatro siamo gli dei di questo mondo, un ruolo che fuori è riservato ai registi.
Una novità di quest'anno è il fatto di essere filmati
Nell'ultima parte di domenica, dopo aver visto fatto anche due improvvisazioni, si sono viste alcune delle scene filmate con Ivano Marescotti che spiegava che cosa non funzionasse, fermando il filmato al punto preciso facendo così vedere a tutti noi, e in particolar modo a chi era sul palco in quel momento, quel dettaglio.
Tutto ciò, ogni correzione, non deve essere visto come un attacco personale, anche se alcuni commenti potevano essere ironici, ma mai denigratori.
Capitava che chi facesse quel gesto, spiegasse che cosa aveva in mente, che cosa aveva intenzione di fare, ma Marescotti spiegava che è ciò che vediamo la cosa più importante.
Spesso Ivano Marescotti ripete questa frase "Ciò che vediamo è ciò che succede e ciò che succede è ciò che vediamo." e questa frase mi fa venire in mente quando ci propone, così come è successo sabato, l'esercizio della danza non danza ovvero quello di lasciarsi abbandonare completamente alla musica e far sì che, come panni stesi ad asciugare, ci muoviamo alla musica diventata la nostra folata di vento.
Noi come persone siamo presenti, ma la mente non è più il nostro filtro d'ascolto.
Bisogna sentire la musica e non decifrarla in un ritmo ripetibile e movente simmetriche abbandonando così i cliché.
foto di Giada Giacchetti e di Chiara Roncuzzi
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte
Nona parte
Decima (ed ultima parte)
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