C'era una volta una ragazza che aveva 15-16 anni e se ne stava sempre per le sue.
A quella ragazza piaceva, tra le tante cose, scrivere e così scrisse la storia di un ragazzo che era bistrattato da tutti, evitato come la peste e lo chiamavano "il figlio del Diavolo" perché era nato al funerale di suo padre e dopo pochi anni, anche sua madre morì.
Rimasto orfano, andò ad abitare da sua zia, sorella del padre, e lei aveva una bambina della sua età molto vivace. Il bambino si chiama Achille e la bambina Zoe.
Credo che invece abbiate già intuito che io sono quella ragazza o almeno lo sono stata.
Comunque, mentre stavo scegliendo il benedetto nome per la nuova vita di Aulonia, mi ritornò in mente questo nome "Zoe".
Zoe deriva dal greco e significa "vita" (Infatti "azoto" in greco sta per "senza vita").
Vita che è però diversa da quella di "bios" che ha un inizio e una fine.
Zoe indica proprio l'essenza della vita e forse è stato proprio questo significato, alla fine, a vincere su Sonia (che fa rima con Aulonia e significa "sapienza") e Luna.
Vengo poi a sapere, cercando "zoe", che una città invisibile di Italo Calvino si chiama proprio così.
Ecco cosa dice:
L'uomo che viaggia e non conosce ancora la città che lo aspetta lungo la strada, si domanda come sarà la reggia, la caserma, il mulino, il teatro, il bazar. In ogni città dell'impero ogni edificio è differente e disposto in un diverso ordine: ma appena il forestiero arriva alla città sconosciuta e getta lo sguardo in mezzo a quella pigna di pagode e abbaini e fienili, seguendo il ghirigoro di canali orti immondezzai, subito distingue quali sono i palazzi dei principi, quali i templi dei grandi sacerdoti, la locanda, la prigione, la suburra. Così - dice qualcuno - si conferma l'ipotesi che ogni uomo porta nella mente una città fatta soltanto di differenze, una città senza figure e senza forma, e le città particolari la riempiono.
Non così a Zoe. In ogni luogo di questa città si potrebbe volta a volta dormire, fabbricare arnesi, cucinare, accumulare monete d'oro, svestirsi, regnare, vendere, interrogare oracoli. Qualsiasi tetto a piramide potrebbe coprire tanto il lazzaretto dei lebbrosi quanto le terme delle odalische. Il viaggiatore gira gira e non ha che dubbi: non riuscendo a distinguere i punti della città, anche i punti che egli tiene distinti nella mente gli si mescolano. Ne inferisce questo: se l'esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell'esistenza indivisibile. Ma perché allora la città? Quale linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall'ululo dei lupi?
Ecco, facciamo che non succeda questo a Zoe.
Non ti preoccupare, mio giovane albero dal legno ancora morbido, diventerai forte e manterrai la tua essenza.
Atlante della meraviglia di Vladimir Kush
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P.S.: La storia che ho scritto a 15-16 è intitolata "Il numero zero" perché Achille era ossessionato da questo numero e credeva che fosse tale numero il responsabile di tutte le disgrazie della sua vita. Non l'ho mai pubblicata e la tengo per me.