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venerdì 30 aprile 2010

Primavera

Beh ormai tutti i miei quadri vogliono dire la loro e non vogliono essere da meno quindi ora tocca a lei, Primavera anche se la si potrebbe chiamare Risveglio


Potete vedere qui il dipinto intero.

giovedì 29 aprile 2010

Il ragno: l'animale artista per eccellenza

The Spider as an Artist
Has never been employed –
By every Broom and Bridget
Throughout a Christian Land –
Neglected Son of Genius
I take thee by the Hand –

Il Ragno come Artista
Non è mai stato impiegato -
Da ogni Scopa e Servetta
della Cristianità -
Figlio Negletto del Genio
Ti prendo per Mano -

Emily Duckinson, 1873


Quando guardavo il film Séraphine notavo quanto la telecamera inquadrasse le mani della pittrice: mani sporche di fango, mani che lavorano, mani che raccogliono erbe, mani che accarezzano l'acqua, mani che pregano e sono sempre le sue mani a fare ciò, ad essere così attive e piene di entusiasmo e passione che siano a dipingere o lavare il pavimento, non importa perché quelle mani vivono.
Gli antichi greci ritenevano che nelle mani risiedesse un'enorme sapienza e che fosse un tramite tra testa e cuore. Anche adesso, mentre sto scrivendo questo post, le mie mani sono attive e a volte le mani stanno altrove. Basti pensare a chi dipinge coi piedi o con la bocca perché non ha le braccia.
Ecco, le mani... Io vedo le mani come dei piccoli ragni con cinque zampe ognuna e ammiro i ragni per la loro tecnica e manualità e li considero dei perfetti artisti.
Dopotutto i ragni tessono la loro tela per mangiare e vivere come i grandi artisti, costantemente i ragni tessono la loro tela (non si può ordinare a un ragno di smettere) e senza quasi saperlo tessono e tessono.








Forse gli artisti umani sono un po' più fantasiosi dei ragni per "tessere" le loro opere però credo che tutti dovrebbero guardare con umiltà e rispetto i ragni e capire che se qualcuno ti distrugge la tela, tu la ritesserai.

Qui un link utile per capire tutto ciò che si nasconde dietro al ragno come mitologia e simbolo e qui la mia bacheca Pinterest sui ragni


Aggiornato

mercoledì 28 aprile 2010

Luce sofferta decide di parlare



musica: Sorceror's Lullaby di Tim Devine, Stacey Berkley


Ecco un altro mio video, un altro mio quadro che decide di voler parlare. Lo so che la definizione del video non è alta, ma è ciò che mi permette la mia videocamera. Spero che mi perdonerete per questo.
Potete vedere qui l'intero dipinto.

lunedì 26 aprile 2010

Un nuovo video: Rea parla



Musica: Night on Bald Mountain di Mussorgsky

Da tempo pensavo a come filmare i miei quadri, con quale musica o testo accompagnarli, ma se per alcuni avevo un'idea, per altri invece no. Così ho pensato di farli parlare. E' una (rap)presentazione di questo mio quadro "Rea - Delitto perfetto" e non è visualizzato per intero, ma potete vederlo qui.
E credo di realizzarne altri così.


giovedì 22 aprile 2010

Séraphine: l'arte, la vita

Sono appena tornata dal cinema e ho ancora negli occhi la meraviglia di ogni particolare come se questo fosse un caleidoscopio di mondi sconosciuti, come se ogni piccola fessura nascondesse una via segreta.




Ho visto il film Séraphine di Martin Provost grazie al Mosaico Film Festival dedicato al cinema europeo e che ancora non è uscito in Italia (infatti il film era in lingua originale con sottotitoli italiani), quindi potete ben immaginare la mia sorpresa quando sul dépliant ho visto che c'era il film. L'ho trovato un film molto asciutto che più che raccontare la vita di Séraphine Louis quasi la segue come se fosse un documentario. Pochi i commenti musicali come se li avessero dosati col misurino, come se avessero paura di mettere uno in più. Però più che paura, trovo quasi che siano un rispetto e una delicatezza verso una donna che non sembra appartenere a questo mondo.
Inoltre c'è da segnalare la grandiosa Yolande Moreu ovvero Séraphine, vincitrice meritatissima di uno dei sette César, ovvero gli Oscar francesi, come miglior attrice del 2009 così come è meritato il César per il miglior film.






Biografia artista e spoiler film:
Séraphine Louis, più conosciuta come Séraphine de Senlis ovvero il paesino dove abitava, nata nel 1864 ad Arsy, un piccolo comune francese, viene da una famiglia umile e anche lei fà un lavoro umile come quello della donna di pulizie. I pochi soldi che riceve li spende essenzialmente per comprare delle piccole tavole di legno e alcuni colori poiché gran parte di questi se li realizza da sola. Infatti, ogni volta che può prende ciò che riesce: dal fango alla cera delle candele votive. Séraphine vive quasi un legame indissolubile tra la Santa Vergine e la Natura come se l'una non escludesse l'altra. A Séraphine piace ascoltare il vento, cantare litanie sacre, soprattutto quando dipinge la sera, camminare scalza, abbracciare gli alberi insomma tutto quello che potrebbe fare di lei o una strega o una santa. Séraphine è di poche parole, quasi scarne eppure, anche se è una donna di pulizie, risponde alla padrona di casa.
Séraphine avrebbe potuto continuare questa vita fatta di lavoro e pittura senza poter esporre, perché quello che più le interessa è poter dipingere, se non avesse incontrato un collezionista d'arte tedesco Wilhelm Uhde, il primo a interessarsi a Picasso e a Rosseau.
Siamo nel 1912 quando questo collezionista fu ospite della casa dove lavora Séraphine e la ebbe anche come domestica personale. Rimase incuriosito da un suo piccolo dipinto senza sapere a priori che era lei e s'interessò subito a lei, ma la Prima Guerra Mondiale si stava avvicinando e Wilhelm Uhde fu costretto ad abbandonare frettolosamente Senlis abbandonando la sua collezione e così tutti i quadri di Séraphine che aveva acquistato.
Solo poco dopo di dieci anni, Séraphine ebbe l'attenzione che meritava ed ebbe l'illusione quasi di diventare ricca e permettersi una macchina, una casa senza però dimenticare i suoi riti quotidiani, ma ancora un evento esterno le impedirà di realizzare tutto ciò ovvero la crisi del'29 che colpì anche l'Europa: gli acquirenti non ci sono più quindi i quadri non si vendono più e le mostre non si realizzano più. Séraphine vide sfumare tutto quanto e con il suo abito da sposa (provate a indovinare con chi), fu vista andare in giro scalza, pronunciando parole quasi senza senso riferendosi sempre a Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, bussando la porta e distribuendo candelabri. Questo le bastò per essere rintanata nell'ospedale psichiatrico di Clermont de l'Oise. Wilhelm Uhde le rimase vicino e dichiarò la sua morte nel 1934 anche se lei visse per ancora otto anni dipingendo fino alla fine.
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Questo è ciò che racconta il film e non so se è stato inventato qualcosa come accade qualche volta. Di lei non si sa tanto anche perché è sconosciuta ai più però spero che grazie a questo film, la sua fama accresca.
I suoi dipinti trattano esclusivamente di alberi da fiore e da frutto, ma sembrano appunto meravigliosi, alieni quasi, con colori così vivi che ti sembra di non averli mai visti così. Lei si ispirava a ciò che vedeva e poi inventava, creava, non aveva paura di rappresentare qualcosa che magari gli altri non avrebbero capito.






mercoledì 21 aprile 2010

Creazione e Distruzione: Trasformazione

Non è un caso se dopo aver parlato di Gina Pane, ho parlato di Frida Kahlo. Non solo perché Frida Kahlo è uno dei miei pittori (uso il maschile apposta) preferiti, ma perché appunto volevo confrontarle.
Gina Pane e Frida Kahlo hanno vissuto in un periodo quasi contemporaneo, tutte e due avevano un corpo minuto e esile e tutte due hanno posto il loro corpo come punto cardine del loro lavoro, ma è nel come proporlo che la situazione cambia: il corpo di Frida Kahlo era già segnato per malattia e poi un incidente mentre invece Gina Pane segnerà il suo corpo.
Approfitto di questo confronto per parlare di un concetto molto importante nel mondo dell'arte: la creazione.
Ebbene la creazione di un'opera d'arte comporta in sé un frammento di distruzione: per creare qualcosa, bisogna distruggere, frammentare, sciogliere per poi creare, ma tra distruggere e creare c'è un passaggio molto importante: trasformare.
Voglio fare l'esempio della perla. Una conchiglia, appena avverte che un granello di sabbia è entrato, lo avvolge con la madreperla. Insomma, lo trasforma.

Distruggere non deve essere preso alla lettera e non deve essere fine a se stesso come trovo le perfomances di Gina Pane. Alcuni concetti che poi sostiene magari potrebbero essere giusti, ma la cosa più importante non è tanto il cosa, ma il come.

Frida Kahlo coi suoi autoritratti, con quello sguardo così severo e fisso credo ci sconvolga molto più intimamente di quanto facciano le perfomances di Gina Pane.



Frida Kahlo, La colonna spezzata, 1944




Gina Pane, Azione sentimentale, 1973


Mi rendo conto che alcuni non saranno d'accordo con ciò che ho appena sostenuto e ben vengano però questo è quello in cui credo.
Aggiungo un'ultima cosa. Mi sono sempre chiesta, come ho scritto nel post dedicato a lei, cosa spingesse Gina Pane a farsi carico di ciò, di questa sofferenza che però non mi sembra veritiera a confronto di quella di Frida Kahlo. Una perla artificiale non ha lo stesso valore di una perla naturale.

martedì 20 aprile 2010

Sbocchi di vita

Oggi sono andata a vedere il luogo dove farò lo spettacolo L'eretica, ma non è di questo che voglio parlare o meglio, mostrare. Infatti sono stata catturata da un albero (strano, no?) e dai suoi fiori che sorgevano dalla dura e ruvida corteccia. L'ho trovata una cosa bellissima. Potrei filosofeggiare per ore su come una "pelle" come la corteccia degli alberi possa dar spazio a piccole gemme delicate di vita, ma preferisco farvi vedere le foto.




lunedì 19 aprile 2010

Frida: il film

Dopo aver parlato di Frida la pittrice vorrei parlare di Frida il film, diretto da Julie Taymor, anche se bisognerebbe intitolarlo Frida Kahlo in Rivera poichè gran parte del film viene dedicata al rapporto d'amore tra Frida Kahlo e il pittore messicano Diego Rivera e ai loro continui tradimenti reciproci, separazione, per poi riallacciarsi nuovamente con il secondo matrimonio.





ATTENZIONE SPOILER

Così come spesso capita nei film-biografie di pittori, viene data molta importanza, forse anche troppa, all'aspetto sessuale come se fosse l'unica cosa degna di nota.
Non viene data importanza all'infanzia di Frida Kahlo, al suo essere solitaria. Non vengono neanche menzionati il rapporto che aveva con i genitori: un forte attaccamento col padre, di cui non viene neanche accennata l'epilessia, e una soggezione verso la madre. Tutte queste cose non vengono affrontate così come alcuni eventi della sua vita come il suo periodo breve da insegnante.
Se uno guarda il film, potrebbe pensare che Frida Kahlo è una di quelle donne che vivevano in funzione del marito, ma ciò non è esattamente vero. Frida Kahlo era una donna piena di continue contraddizioni.
Inoltre il periodo storico: Frida Kahlo si riteneva figlia della Rivoluzione Messicana, ma ciò viene solo accennato vedendo il suo fervore comunista.

Il film è tratto, come si può leggere dai titoli di testa, dalla biografia di Hayden Herrera, la stessa che ho usato per trarre le citazioni nel post precedente, ma sembra più un riassunto molto striminzito e che ha come punto centrale la presenza di Diego Rivera anche se nel film spesso fa un passo indietro riconoscendo il valore di Frida, cosa che poi è vera, ma comunque la presenza di Diego Rivera sembra quasi subdola.

Inoltre, come ho già accennato prima, la sessualità è tenuta in gran conto e qui abbiamo persino una pittrice bisessuale che, a quanto s'intuisce dal film, và a letto anche con le amanti di Diego Rivera come se anche qui ci fosse un gioco sottile. Inoltre dei tanti amanti di Frida, viene data importanza alla figura di Leon Trotsky, politico russo esiliato, ospite della stessa pittrice.

La sceneggiatura è molto povera e l'ultima parte della vita di Frda Kahlo è anch'essa striminzita facendo quasi pensare che la stessa Frida fosse isterica e non sofferente.

Una cosa buona del film è il voler tradurre in realtà i suoi dipinti così dando credito che lei dipingeva la sua realtà e non i suoi sogni. Così possiamo assistire al suo processo creativo che parte ancora prima da quando va sulla tela. Una nota di merito va anche a Salma Hayek e il suo cercare di immedesimarsi sempre di più in Frida Kahlo non solo per la somiglianza fisica (grazie anche ai costumi e al make-up, vincitore quest'ultimo di un Academy Award),




ma anche nel volersi immergere completamente, peccato solo che la sceneggiatura non le permetteva più di tanto, nel suo mondo dipingendo lei stessa i dipinti che si vedono nel film e che l'ha portata infine a prima donna latinoamericana a ricevere la nomination dall'Academy Award da come risulta. Inoltre la colonna sonora, vincitrice di un Academy Award, è superba.

E poi c'è la sequenza in stop-motion che segue l'incidente in autobus realizzata dai fratelli Quay permeata della cultura messicana.




Insomma, credo che Frida sia da vedere per quei piccoli frammenti dei dipinti che diventano realtà e per la colonna sonora, ma per conoscere meglio la storia di Frida Kahlo è meglio affidarsi a qualcos'altro.

Curiosità: Non è la prima volta che la storia di Frida Kahlo viene raccontata lo schermo poiché esiste un film messicano del 1986, o del 1983 come riportano alcuni, diretto da Paul Leduc che s'intitola Frida, naturaleza viva

giovedì 15 aprile 2010

Frida Kahlo: omaggio e testimonianze

Come promesso qualche post fa, quando parlai del mio sconcerto su Gina Pane, parlo ora di Frida Kahlo (1907 - 1954).



Parlare per me di Frida Kahlo è come parlare del mio mito, di un mio maestro e forse poteva esserlo visto che la stessa Frida per un periodo ha insegnato.

Ho conosciuto Frida Kahlo molto prima dell'uscita del film Frida del 2002, ma diciamo che è grazie a questo film che l'ho conosciuta. Infatti non ricordo l'anno preciso, un anno o due prima che il film uscisse al cinema, ma nella rivista Lo Specchio si parlava della produzione di questo film e veniva presentata l'attrice Salma Hayek, messicana come Frida. Poi venivano rappresentati lei e i suoi quadri. Uno shock completo, una folgorazione immensa, quei quadri che mi provocarono una ferita dentro e allora lì capì meglio il concetto di bellezza che ferisce.

Ma chi è davvero Frida Kahlo? Tanto si è detto di lei eppure, secondo me, se ne potrebbe parlare all'infinito.


mercoledì 14 aprile 2010

All'asta i disegni di Hitler

Si dice che la Storia con i se e con i ma, non si fà. Però...

Forse non tutti voi sanno che Hitler, prima di entrare nella Storia come uno dei dittatori più spietati, responsabile di milioni di morti, aveva velleità artistiche.
Nel 1908 tentò l'ammissione all'Accademia di Belle Arti di Vienna portando dei disegni, ma fu bocciato. Ritentò l'ammissione l'anno dopo, ma ancora fu bocciato e questo fu un vero smacco per lui, una cocente delusione.
Ora la casa d'aste inglese Mullocks Auction mette all'incanto questi 12 disegni domani.

Eccone alcuni:







E' probabile che quest'ultimo disegno rappresenti sua madre.

I disegni non furono ritenuti validi per entrare nell'Accademia in più vengono ritenuti mediocri come sostiene il professore Michael Liversidge: "I disegni, a carboncino e matita, sono molto ordinari. La mano non è sicura e le prospettive non sono perfette».
Ma ci si può scommettere che qualcuno, interessato per il nome (come sempre), compri comunque questi disegni, tra i 4500 e i 7000 euro ciascuno come sostengono i funzionari della casa d'aste.
Chissà cosa sarebbe successo se fosse stato ammesso. Non lo sapremmo mai.

fonte: Corriere.it

martedì 13 aprile 2010

Copie d'autore = opere d'arte?

L'arte dovrebbe essere accessibile a tutti però non è così perché non dimentichiamo il mercato che c'è dietro e riuscire a vedere opere degne di essere viste in ogni modo è quasi impossibile e dispendia tempo e denaro. Si può sperare che l'arte arrivi nella tua città, o almeno vicino, e a volte è una ricerca continua come se fosse una caccia al tesoro.
Forse è per questi motivi che per quanto riguarda la pittura esistono le copie d'autore ovvero dipinti che riproducono quadri già esistenti alla perfezione. Però questa perfezione non è mai completa per vari motivi:

1) Non bisogna considerare il dipinto come un qualcosa simile a fare un ologramma della tua idea e attaccarla alla tela. Ciò che noi vediamo finito è il risultato di un lavoro in cui spesso si dipinge a qualcosa già dipinto per correggerlo oppure per modificarlo del tutto. Inoltre ci sono vari stadi per arrivare a ciò che si vede. Quindi l'impasto del colore del quadro originale sarà più denso della copia.

2) Spesso alcuni copisti hanno studiato i quadri originali, ma la mano rimane comunque la loro. La mano non è che un medium tra il pittore e la tela, tra la sua mente e la sua opera. Inoltre il pittore vive delle sue emozioni e dei suoi stati d'animo per non parlare della sua salute psicofisica che influenzano i movimenti della mano e così anche i segni della pittura. Se provate a guardare l'intera produzione artistica di un pittore vedrete quanto i singoli dipinti siano diversi l'uno dall'altro.


Un intento positivo pero ce l'hanno queste copie ed è vedere coi propri occhi ogni singolo elemento dei quadri. Non vorrei che la vicinanza con queste copie "accechi" chi li guarda o almeno faccia pensare che le copie siano esattamente come i quadri originali.
Chi vuol avere delle copie che le prendano, ma non dimentichino mai i quadri originali.

lunedì 12 aprile 2010

Lisistrata

Oggi parlo del mio nono laboratorio teatrale della non-scuola, Lisistrata eseguito nell'aprile 2009, un anno fa
Lisistrata (trad. colei che scioglie gli eserciti) è tratta dalla commedia omonima di Aristofane e ha una storia semplice, ma innovativa.

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Le donne sono stanche che i loro mariti, e anche i figli, vadano in guerra per poi morire oppure per fare un breve ritorno.
Lisistrata ha in mano la situazione e propone l'unico metodo che potrebbe far desistere gli uomini a continuare a combattere in guerra: lo sciopero del sesso.
Le donne, dapprima entusiaste, si disperdono contrariate, ma Lisistrata le convince che quello dello sciopero è l'unica maniera. Infine spiega che sotto il vestito non dovranno portare niente e che dovranno essere provocanti senza però cedere.
Le donne discutono e alla fine, appena sanno che lo sciopero non sarà per sempre acconsentono definitivamente e dopo aver scelto un inno, si preparano a fronteggiare gli uomini.
Gli uomini, sbigottiti, trovano l'Acropoli occupata dalle donne e mandano un commissario a perlustrare e a parlare con le donne e soprattutto con Lisistrata la quale dichiara il suo intento politico.
Dopo un po' però le donne iniziano a sentire la mancanza di quello e alcune cercano di tornare striscianti dagli uomini, ma Lisistrata ancora dà la forza a queste per continuare lo sciopero.
Saranno infine gli uomini che, vedendo che le donne non si concedono più, tornano striscianti dalle donne in preda a dolori allucinanti e così decidono di fare la pace.

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Lo spettacolo è stato rappresentato all'Auditorium della Fondazione Flaminia (che si occupa dell'Università) e per rappresentava proprio l'Acropoli.
Non cominciava poi con Lisistrata, ma con un'assemblea di guerra e noi donne eravamo per terra che davamo le spalle al pubblico.
Gli interventi politici poi erano sempre gli stessi e ripetitivi e noi donne lentamente ci alziamo, ci voltiamo verso il pubblico (la prima fila era a meno di un metro di distanza ed era molto visibile) e ci chiudiamo gli occhi per parlare e poi chiniamo la testa come marionette.
Io ero una parte del coro e diciamo che ho avuto il mio momento cantando, non tutto il testo, Gli uomini non cambiano con voce roca. Le altre donne, tranne Lisistrata, erano dietro di me e mi guardavano in malo modo, ma appena c'era il ritornello tutte abbaiavano e ululavano con me per poi essere scoperte dagli uomini.



Lisistrata
Lisistrata arringa le donne di Atene


disegni di Aubrey Beardsley (1872 - 1898), illustratore, pittore e scrittore inglese
Una cosa: se pensate che gli Antichi scrivevano con un linguaggio aulico beh non avete letto Aristofane. Non era la prima volta che affrontavo un suo testo visto che avevo già fatto Gli Uccelli (animali), ma era la prima volta che leggevo un testo suo (per Gli Uccelli ci eravamo affidati a una riscrittura): sono presenti oscenità, una libertà di linguaggio incredibile (a lungo criticata a suo tempo), volgarità che però fanno sorridere per la fantasia. E' ovvio che poi dipende dalle edizioni però provate a leggere una commedia di Aristofane.

venerdì 9 aprile 2010

Il Pane della discordia

Sono indignata!


Ieri sono andata a vedere uno spettacolo teatrale e mentre aspettavo che entrassimo nella platea, sono andata nella libreria del teatro per vedere che libri ci fossero e quali mi avrebbero interessato. Ebbene lì ho trovato un libro su Gina Pane e così ho letto la quarta di copertina per vedere cosa avessero scritto e c'era riportato, più o meno così, che finalmente (caspita, non vedevo l'ora) sono riportate tutte le perfomances di Gina Pane e finiva con "...un esempio per tutti i giovani che vogliono entrare nel mondo dell'arte."


Un esempio per tutti i giovani?! Ma siamo andati completamente fuori di testa?


Forse alcuni di voi non conoscono Gina Pane e mi sembra giusto raccontare qualcosa di lei anche perché voi possiate capire questa mia indignazione.



Gina Pane era un'esponente francese della body art nata a Biarritz nel 1939 con ovvie origini italiane. La sua "poetica" è quella di trafiggere il suo corpo, ferirlo, cercare di martoriarlo, ma non idealmente bensì fisicamente: le sue perfomances sono atti di autolesionismo.
Gina Pane pensava alle sue esibizioni in modo calibrato così da far uscire goccia per goccia e non inondare di sangue.

Esempi di sue "opere"

Feu: Gina Pane trasporta il suo corpo, quasi anestetizzato, su una serie di fuochi provocati con liquidi infiammabili accesi su uno strato di sabbia. Più volte tenta di spegnere le fiamme con le mani, con le piante dei piedi nudi.
Le Lait Chaud: Gina Pane si solca il viso con una lametta.
Azione Sentimentale: Gina Pane, dopo aver infilato nel braccio sinistro le spine di una rosa, pratica un’incisione sul palmo della mano che simula la forma della rosa.


Transfert: Il corpo di Gina Pane è straziato da vetri scheggiati.
Psichè: Il corpo di Gina Pane è sfigurato.



fonte: Wikiartpedia

Mi sono sempre chiesta il perché lei facesse ciò e per quale motivo alcuni accettavano di vederla. Mi sembra una sorta di circolo vizioso, come se chi guardasse avesse bisogno di guardare e come se Gina Pane avesse bisogno di essere guardata.
Non sono una che si scandalizza per il nudo artistico (semmai mi scandalizzo quando il nudo diventa merce) né per i temi violenti e scabrosi. Infatti una delle mie artiste preferite in assoluto, e presto farò un post su di lei, è la pittrice messicana Frida Kahlo e di certo lei non ci andava leggero. Il suo corpo era già martoriato per l'incidente in autobus e ciò che successe poi e anche per la poliomelite che ebbe da bambina, ma tutto ciò che sentiva, il suo dolore, le sue angosce li trasmetteva sulla tela. Feriva la sua tela e non la sua pelle.
E poi la considerazione che alcuni hanno di lei come se fosse una martire dei giorni nostri. Alcune volte leggo che lei carica tutte le colpe sul suo fragile corpo e mi viene da pensare, senza voler offendere chi crede, Chi è? Gesù?
Parlando poi dell'arte in generale, avere un certo distacco è importante da ciò che si fa anche nel voler trasporre tutte le nostre paure. Maturare un certo distacco ti serve appunto per non impazzire, per far sì che tu sia lucido. Naturalmente ci vuole un certo equilibrio.

Gina Pane è morta nel 1990 e queste sono alcune delle sue citazioni:

"Non è facile occuparsi del corpo come linguaggio, almeno per colui che si rende conto che esso possiede una struttura linguistica. Il messaggio corporale possiede una massa e un peso tali che provare a decifrarlo provoca difficoltà e allarmi."
« Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient'altro che il riflesso dei miti creati dalla società… il corpo (la sua gestualita) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell'Altro. »

“...I miei lavori erano basati su un certo tipo di pericolo. Arrivai spesso ai limiti estremi, ma sempre davanti ad un pubblico. Mostravo il pericolo, i miei limiti, ma non davo risposte. Il risultato non era vero e proprio pericolo, ma solo la struttura che avevo creato. Questa struttura dava all'osservatore un certo tipo di shock. Non si sentiva più sicuro. Era sbilanciato e questo gli creava un certo vuoto dentro. E doveva rimanere in quel vuoto. Non gli davo nulla....��?

“...Nel mio lavoro il dolore era quasi il messaggio stesso. Mi tagliavo, mi frustavo e il mio corpo non ce la faceva più....La sofferenza fisica non è solo un problema personale ma è un problema di linguaggio....Il corpo diventa l'idea stessa mentre prima era solo un trasmettitore di idee. C'è tutto un ampio territorio da investigare. Da qui si può entrare in altri spazi, ad esempio dall'arte alla vita, il corpo non è più rappresentazione ma trasformazione...��?
Alcune cose che dice non le trovo completamente inesatte, ma è il modo in cui agisce che mi inorridisce e se anche questa è "arte" beh, è un lato del quale io non voglio farne parte.

Aggiornamento 1 settembre:
Ho voluto inserire anche lei nella tag "artisti vari", ma non l'ho rivalutata. Ho voluto farlo perché anche lei è stata considerata un'artista, ma di certo la mia opinione non cambia.

martedì 6 aprile 2010

Luce

Qualche mese dopo aver inaugurato questo blog, avevo riportato qui tre mie poesie con le quali avevo partecipato ad un concorso. Purtroppo non ho vinto niente né sono stata segnalata (lo dico perché credevo tanto in queste mie poesie). Avevo scritto poi che per questa poesia Luce ho chiamato per dire che mi ero ricordata di averla usata da qualche altra parte e che quindi per regolamento non poteva essere contata.
Finivo poi il mio post dicendo che di alcune avevo pensato alla versione cantata e che quindi non era improbabile che magari uno di questi giorni la sentireste. Ebbene il giorno è arrivato perché ho realizzato la versione cantata di Luce. Più che altro mi sono filmata e ho cantato. Lo dico perché magari detta in quella maniera poteva sembrare chissà che :)
Protagoniste della poesia-canzone sono le luci dei lampioni di notte e in particolare uno, quello vicino a me.



Avevo pensato per la voce di usare un tono potente e glorioso, ma poi mi è venuta molto dolce e soffusa come se avesse timore di impaurire ancora di più quella "creatura".
Ehm, credo si noti che è un video casalingo però a pensarci bene è il buio che ogni sera noi vediamo e che percepiamo dentro di noi.
Spero che questo video sia riuscito a strappare in voi un sorriso.

Maschere

Non è insolito che ancora adesso in teatro si indossino delle maschere. In teatro indossare maschere vuol dire assecondarle. Ma anche senza indossarle, un attore continuamente ha "maschere" e la sua bravura, in questo caso, sta nel cambiarle con facilità e scioltezza senza farlo pesare agli spettatori. Questo però fa credere che più gli attori siano bravi a recitare sul palco, e sullo schermo, siano bravi anche a recitare nella vita reale. Questa cosa sinceramente è una baggianata pazzesca! Così sembra che solo gli attori indossino maschere, ma tutti nella realtà indossano maschere anche chi dice no.
E' curioso come in latino maschera indichi persona come se questa cosa fosse indiscindibile.
Il punto è perché indossi quella maschera. Per comodità, per interesse, per nasconderti oppure perché è proprio la tua?

Aforismi maschera:

- Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero (Oscar Wilde);
- E dopo tutto cos'è una bugia? Solo la verità in maschera (George Byron);
- Tutto ciò che è profondo ama mascherarsi; le cose più profonde odiano l'immagine e la similitudine (Friedrich Nietzsche);
- Durante il Carnevale, gli uomini indossano una maschera in più (Xavier Forneret);
- Mi metterei volentieri una maschera sul volto e con diletto cambierei il mio nome (Stendhal);
- Una maschera ci dice di più di una faccia (Oscar Wilde);
- Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato quando tutti si tolgono la maschera. Allora si vede chi erano veramente coloro i quali si è venuto in contatto durante la vita (Arthur Schopenhauer).

Mosaici e affreschi romani e pompeiani:



sabato 3 aprile 2010

Primavera bestiale

Parigi, 29 maggio 1913. 
Siamo al Theatre des Champs-Elysées e c'e stata una rivolta: a memoria d'uomo non si era mai assistito a qualcosa del genere sia per la musica sia per ciò che venne dopo: spettatori che urlano, che scappano, che si spintonano e tutto per un balletto, Le Sacre du Printemps.
Già un anno esatto fa ci siamo inorriditi per un fauno che pensava solo di amoreggiare con più ninfe possibili e colto da indecenti e sfrontati desideri per non parlare della sua mimica...





...ma ora è anche peggio: veniva rappresentato un sacrificio pagano ambientato nella Russia antica per propiziarsi la benevolenza degli dei e consiste nel scegliere l'Eletta che dovrà ballare una danza demoniaca e ossessiva fino alla morte.




Quei ritmi ossessivi erano insopportabili da vedere e ascoltare. Quelle passioni, questa mimica facciale e corporale... è troppo. Non sembravano più persone, ma demoni pronti a ghermirci e a invitarci in quel folle sacrificio. Se ci volevano spaventare a morte, farci litigare e insultare chi ha realizzato questo scempio, ci sono riusciti.

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Ho provato a narrare il punto di vista di chi ha guardato questo spettacolo.
Eccovi un omaggio alla Primavera un po' diverso con un balletto che ha introdotto la danza contemporanea.
Ciao a tutti e buona Pasqua.


P.S.: Se vi sembra di averla già sentita, non vi sbagliate perché la musica è stata usata per un capitolo di Fantasia di Walt Disney. E' quello che racconta l'evoluzione della Terra che passa con il combattimento tra un tirannosauro e uno stegosauro e si conclude con l'estinzione dei dinosauri.
P.P.S.: Le Sacre du Printemps (tradotto ne La sagra della Primavera anche se sarebbe più esatto Il rituale della Primavera): musica di Igor Strawinskij, coreografia di Vaclav Nizinskij eseguito dai Balletti Russi di Sergeij Djaghilev.
Il balletto con il fauno si chiama L'Après-midi d'un faune (trad. Il pomeriggio di un fauno) e ha come sola differenza, con lo spettacolo precedente, che la musica è di Claude Debussy.


Modificato