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giovedì 16 novembre 2017

Teatro Accademia Marescotti (prima parte)


Sabato 11 novembre, si riparte.

Dopo aver concluso il 100 ore con Marescotti (qui il primo post), alcuni componenti dei due gruppi più altri nuovi sono riuniti insieme in un'unica classe (in tutto 24), quella del TAM (Teatro Accademia Marescotti) e stavolta non vede solo l'attore romagnolo come insegnante, ma altri lo accompagneranno.
Oltre a lui, c'è Cristiano Caldironi, direttore artistico e insegnante de Il Circolo degli Attori, ad occuparsi del corpo, Alessandra Frabetti, attrice e insegnante di recitazione, che si occuperà di dizione, Gianfranco Tondini, attore che già aveva aiutato per gli intermezzi tra una scena e l'altra nel 100 ore, per il rapporto con il testo e l'insegnante e cantante Valentina Cortesi per l'uso della voce.






Come inizio di quest'anno, si è letto un testo di Gianfranco Tondini "Tutti attori, nessun attore" (guardalo qui) per ricordare a noi stessi il comportamento da tenere ovvero l'abbandono di ogni giudizio sugli altri. Nelle prove si può e si deve sperimentare. Ciò comporta ovviamente anche lo sbagliare ed è un male se ciò non accadesse. Se uno si sente sempre giudicato, si sentirà bloccato e non potrà procedere.
E abbandonare le proprie opinioni, sia sui propri compagni sia sul personaggio. Questo non vuol dire non averle (nessuno dice questo).
Condividere le proprie opinioni serve a sostenere se stessi quando invece si è per gli altri e così come tu sosterrai, verrai sostenuto dagli altri.
Il teatro, e soprattutto dove si fanno le prove, è un luogo che ha bisogno di essere privo di malizia per poter esistere.

Prima di cominciare a sentire i monologhi e le letture che abbiamo portato, Ivano Marescotti ci ha chiesto di dividerci tra veterani e nuovi...





E poi di mischiarci.


La distinzione non esiste più.




Chi ha fatto il corso di 100 ore non si deve sentire privilegiato rispetto a chi l'ha fatto.
Il percorso non è quasi mai lineare. Spesso capita che ci siano alcuni che fanno corsi teatrali e ancora non riescono a proseguire, si arrestano in un punto e hanno bisogno di più tempo.
Non c'è nessun diritto all'anzianità. L'impegno è uguale per tutti, che tu abbia fatto 10, 5, 1 anno di corso o di più oppure che tu abbia appena cominciato.
Come poi avete potuto vedere, ci sono componenti di diverse età. Si passa da minorenni a poco più di 60 anni e questo permette una varietà e una ricchezza nella rappresentazione.
Per ultimo, Ivano Marescotti ricorda a tutti che ci tratterà da professionisti e che ci chiede la disponibilità totale (che non consiste solo nel venire, ma nel fare quello che ci viene chiesto) e la massima puntualità come forma di rispetto verso il gruppo.

Si parte coi monologhi, scene e letture.
Parto io per prima e porto un monologo che avevo scritto un po' di tempo fa (c'era anche questa possibilità).
Visto che la prima frase dice "Sarei potuta nascere albero" (si tratta di questo), mi sono affidata a un tronco però sentivo che era qualcosa di troppo immediato, di non lavorato.
Comunque vado col mio monologo.
Poiché anche qui faccio una risata isterica, Marescotti mi dice di stare attenta a non farlo diventare un cliché (una l'avevo fatto nel mio monologo di Blanche di Un tram che si chiama desiderio).
Inoltre di rendere il testo più reale e non solo qualcosa di onirico, di dirlo ad una persona reale.

Sempre di ricordare le 5 W: Who, What, When, Where e Why.
Non il Come, di non chiedersi Come fare questo personaggio? così come di non rispondere Secondo me questo personaggio...
Tu sei il personaggio.
Inoltre bisogna mostrare le emozioni, la chiave di interpretazione e non il senso delle parole.
Ci interessa l'emozione di colui che racconta, che cosa gli provoca, e bisogna prendere l'emotività dal testo per portarla ai lettori.
Il fatto di stare a cercare sempre l'emozione spesso viene visto come esasperato e ossessivo, come una ricerca spasmodica però non c'è nulla da fare.


Si sono viste altre scene, altre letture e monologhi.
Ad ognuno c'era qualcosa da dire, qualcosa di utile per tutti.
Questo primo giorno è finito.

Com'è andato? Guarda qui (non ci sono tutti)



Si passa a domenica 12 e si continua con le scene, i monologhi, le letture






Per cercare l'emozione si dovrà tradire il testo però questo atto è dovuto: il teatro non è la letteratura.
Un attore non starà a fare l'esegesi, ovvero la lettura critica di un testo, non è quello il suo compito. Nel tradire il testo, se ne fregherà della punteggiatura, portando molte frasi a un pensiero unico poiché nel teatro tutto succede nel qui e ora, anche quando il personaggio sta parlando di sé al passato.
E non bisogna dimenticare l'intenzione del testo, quello che ci sta dietro, il sottotesto che sarà sempre velato.
Ciò che c'è in scena non è un trattato di modelli comportamentali.
Inoltre non bisogna accontentarsi delle indicazioni del testo. Se nel testo c'è scritto che il personaggio dice una frase in una determinata emozione, per esempio rabbia, non per forza la frase verrà detta con un moto rabbioso, quasi da voler mordere. Così come la parola "Ti amo." può voler dire in realtà "Ti odio.", le emozioni hanno diverse sfumature e diverse intenzioni.

Quando poi si tratta di interpretare un testo, non bisogna dimenticare che i gesti devono essere leggibili agli spettatori e che quelli minimi saranno molto probabilmente non notati se questi si distraggono un attimo oppure sono troppo lontani.
Nel caso della televisione o del cinema, un gesto minimo sarebbe evidenziato con una zoomata ma in teatro ciò è impossibile.
Questo fatto è da tenere conto soprattutto se questo gesto è fondamentale per il procedimento dei fatti, se porta un cambiamento.
Se qualche spettatore non l'ha notato, si sentirà perso.
Inoltre quando si tratta di recitare, è sempre meglio fare poche cose e andare diritti all'obiettivo. Troppi gesti, anche se realistici, distraggono. Non serve dimostrare una relazione anche perché già parte dall'entrata in scena e non solo da quando i personaggi si parlano.
Il dimostrare porta poi ad eccedere e a non fare ciò che si era prestabilito.
Per cercare altre strade, si può esagerare ma non è la soluzione. 




Un attore poi deve entrare nello spazio e ricrearlo, anche quando la scenografia è presente, ma nel ricreare lo spazio non ci si deve guardare intorno come sperduti.
Cosa sente il personaggio? Qual è la sua relazione con quello spazio specifico?
Attraverso la vita del personaggio si interpreta quello che sta dicendo e gli sta succedendo, non il contrario, e nel dire quelle parole, bisogna tirarle fuori come se nascessero in quel momento, così come per i gesti che devono essere rilassati, anche in situazioni dove il personaggio spinge.

Appena si sente un brivido, lo si coglie.
Il pubblico vuole provare brividi, desidera essere preso. Per farlo, paga anche.




Fine di questa giornata e così del primo weekend. Il prossimo è questo che viene.
Com'è andata? Beh, che dire. Sto bene.



foto e riprese sono fatte da: Cristiano Caldironi, Giada Giacchetti e Chiara Roncuzzi
Per seguire il TAM: sito, pagina Facebook


Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte
Nona parte
Decima (ed ultima parte)

2 commenti:

  1. Non ho mai seguito un corso di formazione teatrale, ma ho letto il post con molto interesse. E' un mondo che non conosco, ma mi colpisce.

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Grazie per i commenti