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mercoledì 23 marzo 2016

Il canto del mare (il seguito)

"E poi? Che succede?"
Di solito capita che dopo aver letto una storia, la fine non sia abbastanza. Si vorrebbe sapere di più.
E così mi è capitato con questo mio racconto che ho scritto per un giveaway.
Spesso chi leggeva mi diceva che desiderava sapere cosa è successo poi a questa donna, al bambino.
All'inizio volevo lasciare il finale aperto, ma poi visto alcune richieste (detta così poi sembra che erano chissà quante persone), ho voluto realizzare un finale.
All'inizio ci volevo mettere di mezzo l'amore ovvero che lui, grazie a questo canto, trova la donna della sua vita ma alla fine mi sembrava scontato e così ho scritto questo.
Spero vi piaccia e... Buona lettura





Una donna che cantava. Di fronte al mare.
Era tutto quello che in fondo lui ricordava, ma all'epoca era un bambino.
Non aveva neanche dieci anni e il dubbio era sempre quello: "Ma quella donna me la sono inventata?".
Dubbio che saliva sempre di più con la crescita e soprattutto dopo aver constatato, con enorme delusione, che quella donna non c'era più il giorno dopo l'incontro.
L'attese ma niente, la donna del mare non veniva.
Ci ritornò in un altro giorno di tempesta ma anche in quel giorno la donna non arrivava, tranne i suoi genitori che gli urlavano di entrare subito a casa.
Lui se la immaginava che sarebbe rimasta sempre lì anche con una tempesta più furiosa.
E se invece la tempesta l'avesse risucchiata?
No, perché avrebbe dovuto? Dopotutto lei cantava per aiutare la tempesta, non per combatterla e, come detto da lei stessa, avrebbe cantato tutto ciò di cui il mare aveva bisogno.
E poi una donna che canta di fronte al mare in tempesta di certo non si sarebbe lasciata intimorire da alcunché.
C'era un altro dubbio che in lui, bambino, cresceva ovvero "Se lei non c'è più è per colpa mia."
Non voleva ammetterlo neanche a se stesso ma aveva paura che il fatto di essere stata ascoltata da un bambino, abbia causato in lei danni gravissimi come se lei fosse un segreto, qualcosa che non si doveva incontrare.
Sapeva che se l'avesse detto coi suoi genitori, entrambi avrebbero riso di questa sua stupidaggine, come senz'altro l'avrebbero chiamata.
Non lo disse neanche alla sua amata nonna materna.
Chiese persino a chi di solito frequentava quella spiaggia se la conoscevano, ma nessuno sapeva dargli una risposta.
E questo non sapere lo distruggeva nell'anima soprattutto il dubbio che magari era per colpa sua se lei non veniva più e che così non cantava più.
Per lui, lei era come una dea.
Gli anni passarono e la vecchia casa al mare, dove lui e i suoi genitori stavano, era stata venduta da un pezzo, qualche mese dopo la scomparsa della donna del mare.
All'inizio fu per lui uno shock perché gli sembrava che oltre alla donna, gli privassero anche della casa, ma dopo un po' si abituò all'idea di vivere in città e piano piano si dimenticò della donna del mare, di come era fatta in viso e della melodia del suo canto.
La sua vita sembrava procedere bene, molto placidamente eppure in fondo si sentiva insoddisfatto.
Ne parlava con chiunque, coi suoi amici, con la sua fidanzata, coi suoi genitori ma tutti non gli davano ascolto e questo gli provocò grandi disagi.
"Sto bene, ho tutto quello che si possa desiderare. Ho degli amici, una fidanzata che amo e che lei mi ama, un lavoro... Perché allora mi sento come se mi mancasse qualcosa?"
L'idea di andare da uno psicologo lo atterriva: aveva paura che la diagnosi fosse stata che lui era paranoico.
Anche se magari non era così, l'idea di una possibile diagnosi che gli avrebbe sconvolto la vita lo faceva andare in panico.
"No, tanto meglio stare nell'ignoranza." così pensò e credette che fu la miglior decisione della sua vita.
Ma dentro di sé, una voce gli diceva: "Tu credi?"
Un giorno poi, proprio per caso, gli capitò di andare da sua nonna materna.
Se la ricordava bene sua nonna, severa quanto basta e accogliente allo stesso tempo.
Magari lei poteva consigliarlo meglio.
Dopo averla abbracciata, la nonna gli chiese il perché di quella faccia.
"Eh, non ti si può nascondere proprio niente." e così le raccontò tutto.
La nonna ascoltò in silenzio con attenzione e poi, con un sorriso, gli disse:
"Sai mio caro, mi ricordi di quando da bambino eri disperato perché la donna del mare non c'era più."
La donna del mare... Quelle parole risuonarono in lui e tutto divenne così chiaro: il senso della perdita di una donna che gli sembrava importante, la paura di centrare qualcosa nella scomparsa però...
"Però questo vorrà dire che sarò insoddisfatto a vita. Non troverò mai quella donna e così non mi sentirò mai a posto."
Al sentire quelle parole, la nonna guardò un attimo davanti a sé, si tolse un attimo i suoi occhiali, li pulì bene con un panno, se li rimise e sospirando gli rispose:
"Mio caro, dà ascolto alle parole di questa povera vecchia. Io ho vissuto la mia vita e di certo ho vissuto più anni di te. Ho perso tante di quelle persone che non saprei neanche ricordare il numero, ma di certo so che le ho amate tanto. A volte, soprattutto da giovane, mi chiedevo "E se..." immaginando me stessa in altri percorsi se avessi agito diversamente, per tenere legate a me delle persone. Ma in fondo sapevo che tutto ciò era inutile e quindi io ti consiglio di rasserenarti e non te lo dico perché vederti così impotente mi fa stare male, ma vedi questi pensieri sono come dei piccoli parassiti. All'inizio non ci fai neanche caso, ma poi diventano sempre più numerosi e il peggio è che alla fine possono diventare parte integrante di te distruggendo quello che tu sei veramente."
Lui la ascoltava e le dava anche ragione, ma...
"Vedi nonna, il fatto è che mi sembra di qualcosa di irrisolto ed io non so davvero cosa fare."
La nonna lo guardò ancora e gli pose una semplice domanda:
"Come ti faceva sentire quella donna, sentire il suo canto?"
Lui sospirò. Ormai ricordava bene quello che poteva essere, ricordo o visione.
"Bene, mi faceva sentire bene. E invincibile."
"E allora" gli chiese ancora la nonna con un sorriso "qual è il problema?"
Il ragazzo sbarrò gli occhi. Gli sembrava di essere preso in giro. Se al posto della nonna ci fosse stato un suo amico, certamente gli avrebbe urlato contro, ma rimase lì immobile ad occhi spalancati.
Poi lentamente la guardò negli occhi con uno sguardo di disapprovazione.
Alle sue orecchie quella domanda era come se il suo stare male era solamente vedere problemi inesistenti. Un paranoico, insomma.
La nonna continuò con un sorriso: "Se lei ti ha fatto sentire bene dovresti essere contento. Anzi, dovresti ringraziarla. Può anche darsi che tu te la sia immaginata oppure che tu l'abbia davvero incontrata, ma qualunque cosa sia e cosa significhi, dovresti ringraziarla per questa apparizione nella tua vita. Troppe volte ci dimentichiamo di chi in una giornata ci ha regalato un sorriso, un bacio, un abbraccio, un regalo inaspettato e non per forza quest'ultimo deve essere materiale. Sono come tesori e dovresti accudirli con cura. Anzi, tu puoi dire di aver ascoltato quel canto, di averci parlato con quella donna e sono sicura che lei, perché io credo sinceramente che tu l'abbia incontrata, si ricordi con affetto di questo bambino, di te. Purtroppo spesso capita di non riuscire a dire alle persone quello che vorremmo dire anche se magari facciamo mille promesse a noi stessi, ma la vita è sempre più avanti di noi di un passo. E così può capitare che persone che vorremmo sempre vicine sono lontane, distanti oppure anche morte. Proprio per questo bisognerebbe onorare la memoria di questi ricordi preziosi e non solo quando queste persone non ci sono più, ma anche quando sono in vita. Onorando questi ricordi, onorerai loro, ciò che c'è stato e quello che accadrà. Facendo questo nel tuo presente, rimanendo non ancorato del passato e schiavo del futuro. Sii fiero e felice."
Delle lacrime silenziose caddero. Gli sembrava che quelle parole lo avessero finalmente dissetato.
Voleva tanto ringraziare la nonna, ma la sua voce non usciva se non rotta per l'emozione. Così le mostrò il viso piangente e le sorrise.
La riabbracciò senza dire niente e la nonna capì
Quando uscì, ancora aveva le lacrime che piano piano cadevano.
E poté finalmente ricordare la melodia di quel canto, i tratti del viso della donna e come lei se ne stava fiera e dritta come un faro di fronte al mare in tempesta.



di Charles Folkard


Che ne dite?
Come potete notare, al ragazzo non ho dato un nome. Non sapevo proprio che nome dargli.
In un certo senso, mi ha ricordato un altro mio racconto quello della felicità, ma almeno questo ha un finale lieto qualunque cosa succeda o meglio ricordando le parole della nonna.
Grazie mille a tutti voi.




P.S.: Giusto per precisare, non lo scrivo il seguito di questo racconto. Semmai ne scriverò altri sempre qui sul blog, ma credo che per quanto riguarda questa storia, il finale sia perfetto così com'è.


2 commenti:

  1. Ricordo bene la prima parte e ho letto volentieri la seconda, anche se, secondo me, il finale aperto era più magico.

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    1. Infatti mi ricordo che tu eri più per il finale aperto e lasciato così com'è. Grazie per aver letto il seguito

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Grazie per i commenti