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martedì 26 luglio 2011

Lo stato artistico del suono

Dopo la -triste- parentesi di Amy Winehouse, riprendo il post che volevo pubblicare

Il lato artistico del suono
Così si chiamava il laboratorio condotto da Roberta Guidi e inserito nel Festival di Santarcangelo.

Ecco cosa c'era scritto nella pagina del festival riguardo al laboratorio:

Roberta Guidi, condurrà un lavoro intensivo di due giorni, a partire dal Metodo Lichtenberg® (qui leggerete qualcosa sul Metodo), fondato sul ruolo centrale della percezione nel processo di sviluppo della voce.
In questo lavoro, l’intera persona è coinvolta in un costante ascolto, orientato a riconoscere la struttura profonda del suono. Le cosiddette formanti del cantante, che costituiscono la brillantezza del suono vocale, si esprimono negli stessi ambiti di frequenze delle produzioni acustiche del sistema nervoso e dell’orecchio e, quando vengano chiaramente percepite, assumono una funzione guida nel processo vocale.

E questo invece riguardo al suo curriculum sempre nella stessa pagina:

Roberta Guidi, è diplomata in pianoforte e da più di quindici anni si dedica allo studio del canto e alla ricerca vocale. Si è formata secondo il Metodo Lichtenberg® di Gisela Rohmert, presso l’Istituto di Lichtenberg. Ha conseguito il diploma di specializzazione sulla Musica vocale Contemporanea al Conservatorio di Strasburgo. Ha studiato con la cantante giapponese Michiko Hirayama per approfondire lo studio della musica di G. Scelsi. Ha iniziato di recente lo studio dell’"arte della parola" con Paolo Giuranna. Svolge attività concertistica dal 1997, soprattutto nell’ambito della musica contemporanea. Si dedica intensamente all’attività didattica e di ricerca; tiene numerosi corsi e seminari nell’ambito della vocalità in Italia e all’estero.



Il 16 arrivo a Santarcangelo e chiedo dov'è subito la Celletta Zampeschi, il luogo del laboratorio. Mi dicono che è nella parte vecchia e bisogna salire una scalinata per raggiungerlo, una scalinata moooolto ripida.
Arrivata, prendo un respiro e aspetto gli altri.
A fare il laboratorio eravamo in 5.
Roberta Guidi prima ci ha fatto fare un lavoro con le immagini. Dovevamo fissarle e ascoltare le sensazioni rispondendo mentalmente alla domanda che lei ci faceva.
Ascoltare è la parola chiave perché prima di fare suoni bisogna innanzitutto ascoltarli. Lei stessa ci ha detto che prima di cantare ha fatto 5 anni solo coi suoni. Per me era come se avesse fatto le asticelle prima di saper scrivere.
Ci chiese di avere sguardi differenti: uno sguardo che riceve, uno sguardo che cerca e uno sguardo sfocato. Infine di ascoltare le sensazioni che avevamo e di sentire quale parte del corpo era coinvolto.
Ci fece camminare chiedendo di avere sfocato una parte del nostro corpo e di sentire cosa ci succedeva.
Lo sguardo verso le immagini e verso quello che sentivamo era fondamentale per quello che sarebbe seguito. Infatti, ci ha chiesto uno ad uno di andare di fronte a lei al pianoforte e di fare vocalizzi.
All'inizio ci ha detto che in questo laboratorio dovevamo liberarci di tutto il sovvrappiù che ci è stato insegnato.
Non fare, non sforzarti, stai nella domanda... queste sono le indicazioni che Roberta Guidi ci dava.
Dovevamo dare spazio a quello che ci veniva e ascoltarci.
Inoltre ci diceva delle frasi e anche senza capirle perché magari non avevano molto senso della logica.
Quando sono andata io di fronte al pianoforte ho incontrato una difficoltà: tenevo troppo la nota.
Ci chiedeva di essere fiduciosi, ma a me chiedeva soprattutto di lasciar "morire" la nota.
E così venne smantellata una delle mie credenze: che il canto fosse legato al fiato.
Il fiato non è il respiro e noi esseri umani non siamo come gli strumenti a fiato o almeno non solo.
Insomma si trattava di cercare un equilibrio tra l'avere fiducia nella voce e farla smettere.

Il fatto che eravamo solo in 5 ci permetteva di poter parlare in tranquillità e così una dei partecipanti chiese in cosa si trattava lo studio sulla parola.
Allora Roberta Guidi ci parlò di Alfred Tomatis e del suo metodo. Ci spiegò che lo studio della parola andava oltre il suo significato. E' molto più importante il suono che da quella parola scaturisce. Si crearono frasi, come se fossero dei scioglilingua per ogni gruppo di consonanti, frasi che non hanno molto senso, ma come detto prima, ciò che è più importante è il suono. Ci chiedeva di non interpretare le frasi perché questa fase avviene dopo quando si vuol dare un senso, quando si pone quella frase in un contesto. Non declamate, non fate scatti fisici...
La giornata finì e io ritornai a Ravenna quella sera per poi andare a Santarcangelo la mattina dopo.




Il giorno dopo continuammo con gli esercizi sulle immagini e noi chiedevamo su cosa intendeva per brillantezza della voce.
Ci spiegò che anche le nostre orecchie emettono hertz (1 Hz=1 al secondo e indica la frequenza). E' quando sentiamo un fruscio simile a quello delle cicale.
Un suono brillante stimola questi hertz.
Lei cantò sempre con un vocalizzo. Nonostante la bocca non fosse aperta al massimo, da essa usciva un suono sempre più immenso.
Alla fine le dissi che per voce brillante, mi aspettavo che fosse acuta e invece la sua era grave.
Un'altra mia credenza venne smantellata: la voce brillante non è acuta.
Lei cantò soprattutto per farci riconoscere quella sensazione perché molto più importante del conoscere è il ri-conoscere.

Pose sul pianoforte delle immagini e noi, dopo un attento sguardo, dopo aver ripassato più volte dovevamo scegliere quella che ci ispirava di più.
Io scelsi la foto di quello che poi identificai come una conchiglia. Era a spirale e dissi che se partivo dall'esterno e poi verso il centro mi sembrava di vedere l'esterno della conchiglia e di partire con una voce grave per poi risalire, ma se facevo il senso opposto ne vedevo l'interno così la voce partiva dall'alto da quel centro che identificavo come sole e scendere verso le estremità.
Mi disse di fermarmi, di stare nella domanda, di non vagare e questo fu per me difficoltoso visto che lavoro quasi sempre a stretto contatto con le immagini e che con esse comunico, ma cercai di fare ciò che mi veniva chiesto.
Questa volta dovevamo cantare avendo ben chiaro l'immagine che avevamo scelto.
Lei ci diceva delle frasi come Il suono viene risucchiato dall'immagine o anche l'opposto, ci chiedeva di chiudere le orecchie.
Mi chiese dopo un po' di passare a un'altra immagine che assomigliava sempre alla conchiglia a spirale, ma sembrava più porosa.
Cantando su quell'immagine notai che il suono della mia voce si faceva sempre meno distinto, ma acquistava in corposità. 
Alla fine ci spiegò che quelle immagini, tranne una, avevano un doppio ovvero una parte esterna del mondo una controparte identica nel nostro corpo. Così la mia prima immagine era davvero una conchiglia a spirale e invece quella "porosa" era la coclea ovvero una parte del nostro orecchio interno che è fatta come una chiocciola (che è anche il significato del nome).




E così il laboratorio è finito. Uno dei partecipanti ci chiese cosa fare dopo. Lei ci spiegò un esercizio, che a sua volta era stato dettato da un'altra maestra, ovvero di fare tre suoni che per noi erano comodi e di ascoltarli.
Se poi volevamo leggere qualcosa ci consigliava libri di Tomatis.

2 commenti:

  1. MOlto interessante!
    se sei sempre curiosa e creativa, brava.
    Continua così.
    una tua Fan dall'Accademia!
    Ciao ! ;)
    Alice

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  2. Non conoscevo questo metodo, ma è molto interessante, mi informerò meglio!
    Ho iniziato da poco a studiare canto, oltre che recitazione, e sono rimasta stupita quando ho scoperto che ci sono così tanti modi di produrre un suono. E non sono affatto facili da controllare!
    In bocca al lupo per il tuo lavoro :)

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Grazie per i commenti