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domenica 24 luglio 2011

Autodistruggersi




La recente morte di Amy Winehouse mi porta a voler scrivere un post sul perché molti artisti decidano di autodistruggersi.
Gli animali sono portati alla sopravvivenza, ma alcuni uomini e donne non possiedono questo istinto. Forse si sono dimenticati come si fa a sopravvivere, non se lo ricordano più.
Oppure forse non è stato insegnato a loro.
Nell'arte si insegna la tecnica, ma non l'arte della sopravvivenza e con questo non sto dicendo "Il più forte mangia il più debole." Non è il più forte a sopravvivere, ma quello che riesce a usare appieno le sue doti e qualità.
L'arte e l'autodistruzione sono così vicini tanto che il confine che li separa è così labile.
Nell'arte si distrugge per poter creare, ma spesso quest'azione la si porta anche nella vita mancando però un fondamentale passo ovvero quello della trasformazione. E' un po' come un atto alchemico, il Solve et coagula.
Prima ho parlato di istinto, ma spesso neanche l'istinto riesce a distinguere le trappole ingannatrici. Basti pensare al mondo animale.
E a volte ciò che conduce alla morte è l'inconsapevolezza. Non sai che quel gesto ti può portare la morte anche quello più pericoloso. Pochi vogliono veramente morire consapevolmente.
Un animale ferito spesso decide di amputare la parte debole, ma non lo sa che lo condurrà alla morte.
Non è tanto l'alcol o la droga ad uccidere, sono solo dei mezzi. Ad uccidere veramente è la solitudine o meglio a condurti allo spegnimento totale e spesso quando ci si rende conto di questo è troppo tardi. Oppure è proprio toccando il fondo che si vede l'unica luce quella che ti conduce alla vita, quella autentica, senza illusioni però poi ci si deve ricordare di questa luce, è così flebile, ma ci vuole coraggio per questo.
Razionalmente potremmo dire: "Ma come fa a non sapere che così muore?". La ragione è l'ultima cosa che viene in mente in quei casi oppure lo sa con la testa, ma poi prosegue con gli atti autolesionisti e questo non è una cosa esclusiva solo delle persone famose, ma anche di quelle comuni però la fama stessa è una forma di pazzia.
 
 
E così le scarpette rosse continuano a far ballare coloro che inconsapevolmente decidono di calzarle conducendole alla morte.
 
 


Scarpette rosse, illustrazioni di Anne Anderson

6 commenti:

  1. "Un animale ferito spesso decide di amputare la parte debole, ma non lo sa che lo condurrà alla morte."

    questa frase mi ha smosso nel profondo.
    è il riassunto perfetto.

    "Non è tanto l'alcol o la droga ad uccidere, sono solo dei mezzi. Ad uccidere veramente è la solitudine o meglio a condurti allo spegnimento totale e spesso quando ci si rende conto di questo è troppo tardi. Oppure è proprio toccando il fondo che si vede l'unica luce quella che ti conduca alla vita, quella autentica, senza illusioni però poi ci si deve ricordare di questa luce"
    "non è una cosa esclusiva solo delle persone famose, ma anche di quelle comuni"

    tutto il post è pieno di verità, spero che chi ha sputato sul cadavere di Amy, e chi sputa sui "deboli" ogni giorno, passi da queste parti e tenti di capire...

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  2. Nel post precedente, quello dedicato alla morte di Amy Winehouse, ho aggiunto che nessuno può sapere che baratro uno possa avere quando decide di fare questo percorso.
    In casi come questi non si può giudicare solo con la testa.

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  3. Ciao,
    purtroppo l'autodistruzione colpisce ogni ceto sociale e non solo a 27 anni. Io credo che il club dei 27 sia solo una macabra coincidenza...semplicemente non puoi vivere a lungo in tali condizioni...e allora a 27 anni,ma anche prima o dopo, si muore...e di Amy ci restano delle bellissime cose, a livello musicale...

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  4. Infatti è quello che ho voluto precisare qui: che l'autodistruzione può colpire chiunque non solo le persone famose.
    E considero proprio il Club 27 come una macabra e triste coincidenza.
    Purtroppo neanche la morte metterà fine al suo sfruttamento musicale così come è successo a Michael Jackson.

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  5. Non si sa che si muore. Ma lo si sa che così si potrebbe morire. E' questa la differenza, quel condizionale. Non si vuole la morte, piuttosto la si corteggia, si flirta con essa, si sta su quel labile filo di confine, in equilibrio, per valutare la nostra bravura a resistere alle oscillazioni del vento della vita senza cadere di sotto. Si gioca con la paura che si ha di morire... ma non si vuole morire veramente. Se si vuole morire veramente ci si tagliano le vene, si salta giù da un burrone, ci si spara... non si cercano sottili mezzi di autodistruzione. Chi usa sottili mezzi di autodistruzione in realtà non vuole morire... sta solo lanciando un segnale. Perchè vuole essere trovato, vuole essere riportato indietro. Solo che, spesso, gli altri se ne accorgono troppo tardi... come è successo ad Amy.

    P.S.= Non c'entra nulla ma... La sua canzone "Love is a losing game" secondo me è la più stupenda che lei abbia fatto...

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  6. A volte si cerca di morire però poi qualcosa ti frena e quello che si ottiene è un'altra cicatrice, l'ennesima.
    Quando una persona decide di morire e si butta da un precipizio o si punta una pistola alla tempia o alla bocca o altro ancora, molti dicono che ha avuto coraggio.
    Ma quale coraggio? Quella persona era già morta dentro e se la portava da chissà quanto tempo.
    Ci vuole più coraggio a vivere questa vita, a continuare a lottare, a ricominciare da capo.
    Così come ci vuole un grande coraggio a chiedere aiuto.
    Chi usa sottili metodi di autodistruzioni spesso lo fa per non pensare a cosa gli fa davvero male. Tengo a precisare che tutto ciò non è affatto la "cultura" degli emo.

    Credo che nella canzone "Love is a losing game" abbia messo quasi tutta se stessa.

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Grazie per i commenti