Pagine

sabato 31 ottobre 2009

Io e la Natura

Ogni volta che vedo, sento, tocco la Natura mi sento sempre come fossi appena nata, pronta a scoprire le meraviglie del mondo. Sin da piccola mi sono sempre sentita legata alla Natura tanto da immaginarla proprio come una madre, la mia.
Un ricordo tra i miei più cari che ho riguarda proprio la Natura. Era il primo o il secondo anno delle elementari e come al solito, ero tenuta fuori dai giochi. Ero seduta per terra quando mi accorsi di un piccolo angolo in cui c'erano foglie d'autunno impegnate a girare in un vortice. Rimasi incantata a vedere quelle foglie che mi avvicinai e dopo un periodo a fissarle, allungai le mani e le muovevo come se stessi eseguendo una magia. Muovevo le mani in aria "disegnando" così traiettorie che le foglie avrebbero poi seguito. Dopo un po' anche gli altri miei compagni si avvicinarono a me e mi guardavano con stupore.
Ma non è finita qui. Sempre con la mia ingenuità di bambina, alle medie ritrassi Madre Natura come una regina con tutto il necessario, trono e scettro. Una cosa che più stupii i miei compagni di classe è che l'ho ritratta giovane e bella: per loro Madre Natura è la stessa del cartone dei Puffi cioè grassa e anziana. Io risposi che Madre Natura è sempre giovane perché si rinnova sempre.
Quando mi chiedevano se ero credente, ero sempre confusa nel rispondere perché sì credo, ma non in Dio e mi vergognavo un po'. Non perché ritenevo questo mio credere una cosa riprovevole, ma perché la ritenevo una cosa molto intima. Mi sentivo allo stesso modo in cui si sente un bambino intimidito da un adulto estraneo che gli ha appena chiesto il nome.
Però poi questo mio imbarazzo viene sostituito da orgoglio quando poi scopro che sono pagana al 100% attraverso un test. E' come se quel test mi avesse detto, e così confermato, una cosa che sapevo già interiormente. Così m'informai meglio sul paganesimo e ho trovato strano leggere alcuni pensieri che io stessa avevo formulato.
Inoltre non si deve dimenticare quanto sia importante la Natura in quanto fonte ispiratrice per tutti gli artisti anche per quelli che non pensano a Lei come forza generatrice.


domenica 25 ottobre 2009

Il senso dell'autoritratto

Quando mi chiedono di farmi un autoritratto vado un po' in panico: affrontare un autoritratto per me è come affrontare se stessi. Non che io abbia paura di avere a che fare con me stessa (ogni giorno sono con me stessa) e considero ogni mia piccola opera un frammento di autoritratto, ma il volto umano è qualcosa di misterioso e arcano che mi sento quasi in timorosa riverenza come se l'affrontare il mio volto fosse come entrare in un tempio.


Al secondo anno dell'Accademia ci chiesero di fare come verifica un autoritratto partendo da una fototessera. Allora sì che ero in panico anche perché ero un po' più inesperta e non sto parlando solo nell'usare i pennelli e colori. E infatti venne, scusate la parola, uno schifo letterale. Ma convinta che potevo dare di più, dopo qualche mese lo rifeci e venne benissimo tanto da stupire me e il mio professore. Bisogna dire che nella pittura sono sempre stata istintiva quindi il soffermarmi di più sulla pittura e quindi nell'atto del dipingere per me era una piccola conquista.


Dal secondo anno dell'Accademia a questa primavera.


Durante il corso di fotografia, Andrea Bernabini ci dà vari compiti e uno è proprio quello di affrontare l'autoritratto. Ci dava la libertà assoluta di poter ritrarre anche un'altra parte del corpo se non volevamo fare il viso, ma io volevo ritrarlo.
Così ho preso la mia macchina e ho fatte tantissime foto giusto per scherzare un po', per prenderci un po' la mano e alla fine ho realizzato questi autoscatti:






sabato 17 ottobre 2009

R:Il mio primo "provino" teatrale

Purtroppo non sono stata scelta.
E' ovvio che mi dispiace, ma sono serena. Serena perché so di aver fatto tutto in quanto era in mio potere, ma evidentemente non ero io quella che stavano cercando. Serena perché so che ci saranno molte altre occasioni per me e che io afferrerò. Serena e anche orgogliosa perché per me che ho un piccolo problema alle caviglie, ho l'artrosi ma questa è un'altra storia, reggere 7 ore di prova cercando di tenere il passo con le altre non è stato facile. Ma ci sono riuscita perché ero convinta di quello che stavo facendo e poi quando fai una cosa che ti piace immensamente potresti reggere il cielo come Atlante.
Ah, è vero il ruolo.
Quando mi è arrivata l'e-mail che mi avvisava di questo "provino" non era specificato niente. Cercavano semplicemente una ragazza dai 18 ai 30 anni quindi ho subito pensato che fosse un ruolo minore e quando bisognava motivare il perché si voleva affrontare questo "provino" io ho scritto perché voglio crescere come attrice e non m'importa se il ruolo è piccolo o grande perché io dò sempre il meglio di me stessa e anche di più. Belle parole e sincere soprattutto.
Lunedì poi proprio alla fine della giornata c'è stato rivelato il ruolo e sapete qual è? Mariana, una delle protagoniste della commedia.
Molto piccolo come ruolo, vero?

mercoledì 14 ottobre 2009

Il mio primo "provino" teatrale

Lunedì 12 ho avuto il mio primo "provino".
Perché provino è nelle virgolette? Lo scoprirete presto.
Allora, lunedì 12, dopo che ho lavorato, sono andata al Teatro Rasi. L'e-mail diceva che era dalle 12 alle 20 e lo è stato, letteralmente!

Poco più di 50 ragazze da tutta Italia, tra le quali io ovviamente, erano venute per sostenere il "provino" del Teatro delle Albe riguardo il loro prossimo spettacolo L'Avaro di Molière. Pensavo chissà quanti provini avranno sostenuto, chissà quanti lavori avranno fatto. Vedevo queste ragazze fare stretching, riscaldarsi e io pensavo a ciò che ci sarebbe potuto essere. Poiché era tutto nel mistero, il ruolo e cosa ci sarebbe potuto essere nel "provino" visto che non si doveva portare niente tranne vestiti comodi.

Arriva Marco Martinelli, co-fondatore, regista e drammaturgo della compagnia, che ci dà il benvenuto. Spiega che questa è la prima volta che il Teatro delle Albe decide di fare questa prova e non "provino", perciò ho messo provino tra le virgolette, poiché considera i provini disumani dal punto di vista del ragazzo e che in poco tempo non puoi capire quanto lui riesce a dare. Inoltre il provino stimola la competività e porta il ragazzo a non essere presente, ma a pensare ciò che farà l'altro. Narra dell'avventura compiuta dalle Albe, partita nel 1983 (l'anno in cui sono nata!), che si voleva discostare da un certo tipo di teatro che insegnano alcune scuole e che volevano imparare dai propri errori. Racconta la storia del luogo, il teatro Rasi. Come si può ben vedere dall'abside che compare nel fondale del palco, il teatro Rasi era originariamente una chiesa, la chiesa francescana di Santa Chiara sorta nel Duecento frequentata anche da Dante Alighieri. Quando Napoleone arrivò qui a Ravenna, la fece sconsacrare e così la Chiesa divenne una cavallerizza. Quindi dove prima risuonavano i canti gregoriani, si è passati allo sterco dei cavalli e questo per 80-90 anni. Infine la cavallerizza divenne teatro, "casa" del Teatro delle Albe e luogo del teatro d'innovazione. Quindi gli attori delle Albe hanno ereditato il canto gregoriano, la parte sublime, e lo sterco dei cavalli, la parte animalesca.

Comincia il "provino". Si sale sul palcoscenico e vedo che tutte le ragazze non portano le scarpe e così mi viene in mente l'usanza di non portarle e infine me le tolgo anch'io.
Si sta in cerchio e Marco canta l'ottava che viene usata nei laboratori e tratta dall'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo:

Tutte le cose sotto della luna,
l'alta ricchezza e i regni della terra
sono sottoposti a voglia di fortuna
lei la porta apre d'improvviso e serra
E quando più par bianca divien bruna,
ma più se mostra a caso della guerra
instabile, voltante, roinosa,
è più fallace che alcuna altra cosa.

E con la melodia di questa ottava, infine, dovevamo inserire il proprio nome e io mi sono impappinata però poi mi sono rifatta perché quando dovevamo farla a 78 giri, a manetta, l'ho detta alla perfezione. Infine Marco ha assunto il ruolo del corifeo, ossia la guida del coro, e ha modificato l'ottava nel testo inserendo altre cose e noi dovevamo seguirlo e il ruolo del corifeo passava da una ragazza all'altra e alla fine non erano semplici cori ma risposte verso la ragazza di prima. Marco era al centro e, dopo che questo gioco, è finito, ha detto che si sentiva minacciato da tutte queste donne terribili come le voleva Antonin Artaud, da queste Baccanti.
Dopo una piccola pausa, si è passati a un altro gioco.
Dovevamo andare al centro del palco e in pochi secondi narrare L'avaro. Potevamo dire quello che volevamo sul testo, raccontarlo come noi volevamo. Prima però dovevamo dire a manetta il nostro nome con la melodia dell'ottava e poi, sempre a manetta, il racconto de L'avaro.
Si è passati poi a un altro gioco. Marco ci ha divisi in due squadre: Luna bianca (le bionde e le rosse) e la Luna nera (le more). Io ero nella Luna nera. Queste due bande metropolitane, ma anche di contadine rabbiose, si fronteggiavano, prima in silenzio, e poi col motto. Infine arriva lo scontro, mantenendo la distanza, dove ognuna assume il ruolo del corifeo e il suo coro sta lì a supportarlo. C'erano dispute di fidanzati, mariti, fratelli, padri, di sesso fatto per carriera, per vendetta, per soddisfare una propria voglia e avevamo una musica punk che ci accompagnava. Poi, ogni tanto, eravamo intervallati da una musica rinascimentale. Quella musica rappresentava il miracolo che spesso avviene in cielo, qualcosa di misterioso e di incantevole, forse una cometa e noi dovevamo guardare verso la platea al buio con lo sguardo di chi sta davvero assistendo ad un miracolo. Poi la musica punk ci faceva ricominciare allo scontro sempre verbale anche se si è rischiato lo scontro fisico e poi ancora la musica rinascimentale e Marco ci disse che dovevamo esprimere le stesse cose però tenendo conto dell'atmosfera di assistere ad un miracolo.
E dopo questa intervallanza di scontro e miracolo, un'altra piccola pausa per passare al lavoro con gli attori delle Albe usando il copione.
L'Avaro è la storia di Arpagone, odiato dai suoi figli Cleante e Elisa poiché non permette loro di vivere come vogliono. Cleante vuole sposare Mariana che segretamente ama e che invece Arpagone vuole sposare ed Elisa non vuole andare in sposa col pretendente scelto dal padre, il signor Anselmo e vuole sposare il valletto Valerio. Arpagone, da vero avaro che è, tiene una cassetta in cui ci sono tutti i suoi averi. Alla fine tutto si aggiusterà.
Il copione riguarda la prima scena del quarto atto e ci sono Cleante, Mariana, la serva Frosina e la governante Claudia. Nel testo c'è un incontro segreto tra i due amanti e viene interpellata Frosina per cercare di trovare una soluzione. A me è stato dato il ruolo di Frosina assieme ad un'altra ragazza. Prima eravamo nel sottopalco e la segretezza dell'incontro è stata accentuata dal buio e dai passi che si sentivano provenire dal palco. Infine eravamo delle marionette sedute che si animavano appena avevano il ruolo. L'essere marionetta permette di caricaturare il personaggio e così si è accentuato l'effetto comico.
Siamo giunti così alla fine. Marco ci ha ringraziato e tutte noi abbiamo ringraziato lui, gli attori e lo staff tecnico della compagnia. Per noi è finita qui, ma non per loro. Infatti, questo di lunedì è il primo di quattro giorni con 50 ragazze "provinate".
Si saprà chi verrà scelta tra venerdì sera e sabato mattina. O almeno lo saprà solo la ragazza perché spedire 200 e-mail può essere davvero estenuante e poi devono cominciare subito a provare.
Anche se non sarò scelta, sono comunque felice di aver fatto questo "provino", di esser stata, per la prima volta, guidata da Marco Martinelli e poi ci può essere un'altra occasione per lavorare insieme, no?
Volete sapere qual è il ruolo? Ve lo dirò sabato quando guarderò nella posta se sono stata scelta o no.

lunedì 5 ottobre 2009

Kindergarten

Il mio terzo laboratorio non-scuola, Kindergarten, è basato su Giochi di famiglia di Biljana Srbljanovic, una autrice serba (Belgrado, 1970). Questo testo è la sua seconda drammaturgia, risale al 1998 ed è stato rappresentato con successo in Germania.
Chi sono i protagonisti? Gli attori sono adulti che giocano a fare dei bambini che giocano a fare gli adulti, come dice l'introduzione al testo, e sono quattro: Nadezda, Vojin, Milena e Andrija. I bambini sono: Nadezda, 11 anni, è una bambina che suscita repulsione negli altri con una serie di tic incontrollabili che le sconvolgono corpo e viso, rimane muta ed è il cane; Vojin, 12 anni, è vestito da perfetto padre di famiglia; Milena, 11 anni è la madre e Andrija, 10 anni, è il figlio.

Questo nel testo originario, ma noi con molte più persone, abbiamo prima preso il testo, interpretato per poi assecondarlo secondo le nostre esigenze e così i bambini si alternano, non ci sono ruoli prestabiliti e si passa da un ruolo all'altro con la stessa facilità che hanno i bambini quando giocano alla famiglia.

Abbiamo creato un inizio dove ognuno di noi era una bambina con il suo grembiule da elementari e il fiocco blu, con le guance molto Heidi, le code di cavallo laterali e la bocca a forma di cuore. Ognuna di noi usciva dal sipario raccontando il proprio voto di scuola e io mi sono basata su uno reale quando ho ricevuto dalla mia maestra di matematica "Più che Ottimo", poi ho menzionato che me l'ha scritto sul quaderno, cosa vera ma per quanto riguarda un'interrogazione di storia, e infine la solita richiesta di un bambino: un giocattolo.
Quando sono uscite tutte le ragazze abbiamo detto a manetta il nostro voto. Poi un segnale e cantavamo in playback una canzone dello Zecchino d'Oro, Il generale Giovanni, che ridicolizzava il potente allo stesso modo che il bambino grida "Il re è nudo!" ne I vestiti nuovi dell'Imperatore di Andersen.
Eravamo tutte sorridenti, ma ciò che sembrava una recita di bambini alla fine si è rivelato per quello che è: un gioco ai tempi della guerra. Dopo essere stata pronunciata l'introduzione, la chiave dello spettacolo, noi ci togliamo il grembiule stravolgendo con la mano il trucco e dietro vengono scaraventate sedie. Le prendiamo e le mettiamo in ordine. Il vero gioco comincia.
Siamo in una periferia di Belgrado lì dove i bambini osservano gli adulti, assimilano e ripropongono i loro "giochi".
In questi giochi si muore presto e continuamente tanto poi si ritorna a giocare ed è facile avere con sè una pistola e puntarla dritto al proprio compagno di giochi.
Nel testo sarà proprio Nadezda, il cane, a diventare il capro espiatorio, quella che più ci rimette in questo gioco, ma nel nostro spettacolo tutti diventano vittime.

In questo laboratorio, io assumo vari ruoli così come gli altri. All'inizio io sono il padre, dispotico e tiranno, che non esita a cinghiare il proprio figlio (naturalmente lui non era sotto di me, ma nascosto dalla mamma) e che fa la spia per far licenziare la moglie.
I ruoli cambiano, arrivano altri bambini, c'è il problema del cane che mangia a sbafo e non fa mai niente e ognuno propone il suo metodo e io sostengo che i migliori ossi da dare sono quelli dei dinosauri.
Poi ci chiniamo a terra, siamo tutti i cani e una ragazza sale sulla sedia, prende il microfono gelato e con rabbia denuncia di quanti civili vengano uccisi in guerra facendo riferimento all'allora Presidente degli Stati Uniti, Bush junior.
Ma il gioco deve continuare e così alla fine sono la madre, premurosa, che si sottomette al marito e che ha cuore la sorte della figlia, ma ancora di più quella del marito.

Tragicamente finisce lo spettacolo: il marito muore per ciò che desidera la figlia, sposarsi e avere un figlio, io urlo disperata e vengo uccisa dalla figlia. Il cane, che prima era oggetto di "Lo mangiamo o non lo mangiamo? E se sì, come lo cuciniamo? E con cosa?" scappa con la figlia. Viene un'altra bambina. E' terrorizzata, ha fatto un incubo e tutti, tranne io e il marito che siamo già morti, la ascoltano incuriosita. Dice di aver sognato di aver ucciso i suoi genitori e ad ogni sparo, tutti gli altri muoiono. Poi si punta la pistola in bocca e muore.

C'è ancora un'altra ragazza, esce dalle quinte e vede tutti noi morti. Ci tasta prima e urla "Svegliati, mamma. Svegliati, papà. Farò la brava se vi svegliate."

Testo molto allegro, eh?

Qui sotto vi posto alcune mie foto di scena fatte dallo stesso ragazzo che ha fatto le foto nel mio primo laboratorio quindi non ricordo.


Che padre che sono, eh?

Eh sì, gli ossi dei dinosauri sono i migliori.

Ed eccomi in veste di madre premurosa
"E fai bene perché la ripresa economica potrebbe riprendersi." Così rispondo a mio marito quando dice che risparmia, che è un vero uomo di casa. So che questa frase non ha alcun senso, ma ho pensato che, visto che giochiamo letteralmente, si sarebbe potuto giocare con le parole.

Mio marito è morto.

Ormai sono un'esperta degli urli

Molte foto non le ho potuto mettere perchè si vedono distintamente gli altri miei compagni. Qui si vedono alcuni visi, ma non si riconoscono perfettamente. Non mi va che persone siano introdotte senza avere il loro permesso.

Il laboratorio è stato rappresentato l'8 marzo 2005 al teatro Rasi e le guide sono sempre Antonio Rinaldi e Eugenio Sideri.

Biljana Srbljanovic ha anche scritto sul quotidiano La Repubblica, nel 1999, un diario di guerra dalla sua Belgrado.

Il prossimo post sarà sulle illustrazioni per la Mostra degli illustratori che ho scartato.

giovedì 1 ottobre 2009

Grandi novità

Ho due notizie importanti da darvi e a livello teatrale:
1) Il 12 aprile ci sarà un provino per un ruolo nello spettacolo "L'Avaro" del Teatro delle Albe. Ma ci sarà una concorrenza spietata visto che ci sono circa 250 ragazze!!! Così mi è stato detto.
Più che provino sarà una giornata di lavoro dalle 12 alle 20. Ancora non so come faranno.
2) A maggio 2010 ci sarà una rassegna teatrale Ravenna viso in aria che permette di dare visibilità agli artisti che vogliono presentare i loro lavori teatrali e io ne ho uno che a gennaio 2009 ho voluto portarlo al concorso Lo Scenario che è dedicato ai giovani teatranti. Purtroppo non sono andata avanti perché il mio lavoro presentava delle ingenuità. Era in quelli "forse da mandare" e c'erano degli altri avanti a me così non ho potuto precedere. Ma non mi sono data per vinta, questa drammaturgia era già una cosa che volevo rappresentare e così ho cambiato, ho aggiunto, ho tolto e perfezionerò ancora. Mi rendo conto che da questa rassegna posso ricevere critiche positive oppure delle vere e proprie legnate, ma io m'impegnerò e farò del mio meglio. Scusate se ancora non ho detto niente di questa mia dammaturgia e se ancora non vi espongo qualcosa, ma mi rendo conto che c'è da tutelarlo, non verso di voi, ma verso i malintenzionati.
Naturalmente quando saprò qualcosa di più, e quando avrò fatto questo provino, vi farò sapere qualcosa.