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lunedì 5 ottobre 2009

Kindergarten

Il mio terzo laboratorio non-scuola, Kindergarten, è basato su Giochi di famiglia di Biljana Srbljanovic, una autrice serba (Belgrado, 1970). Questo testo è la sua seconda drammaturgia, risale al 1998 ed è stato rappresentato con successo in Germania.
Chi sono i protagonisti? Gli attori sono adulti che giocano a fare dei bambini che giocano a fare gli adulti, come dice l'introduzione al testo, e sono quattro: Nadezda, Vojin, Milena e Andrija. I bambini sono: Nadezda, 11 anni, è una bambina che suscita repulsione negli altri con una serie di tic incontrollabili che le sconvolgono corpo e viso, rimane muta ed è il cane; Vojin, 12 anni, è vestito da perfetto padre di famiglia; Milena, 11 anni è la madre e Andrija, 10 anni, è il figlio.

Questo nel testo originario, ma noi con molte più persone, abbiamo prima preso il testo, interpretato per poi assecondarlo secondo le nostre esigenze e così i bambini si alternano, non ci sono ruoli prestabiliti e si passa da un ruolo all'altro con la stessa facilità che hanno i bambini quando giocano alla famiglia.

Abbiamo creato un inizio dove ognuno di noi era una bambina con il suo grembiule da elementari e il fiocco blu, con le guance molto Heidi, le code di cavallo laterali e la bocca a forma di cuore. Ognuna di noi usciva dal sipario raccontando il proprio voto di scuola e io mi sono basata su uno reale quando ho ricevuto dalla mia maestra di matematica "Più che Ottimo", poi ho menzionato che me l'ha scritto sul quaderno, cosa vera ma per quanto riguarda un'interrogazione di storia, e infine la solita richiesta di un bambino: un giocattolo.
Quando sono uscite tutte le ragazze abbiamo detto a manetta il nostro voto. Poi un segnale e cantavamo in playback una canzone dello Zecchino d'Oro, Il generale Giovanni, che ridicolizzava il potente allo stesso modo che il bambino grida "Il re è nudo!" ne I vestiti nuovi dell'Imperatore di Andersen.
Eravamo tutte sorridenti, ma ciò che sembrava una recita di bambini alla fine si è rivelato per quello che è: un gioco ai tempi della guerra. Dopo essere stata pronunciata l'introduzione, la chiave dello spettacolo, noi ci togliamo il grembiule stravolgendo con la mano il trucco e dietro vengono scaraventate sedie. Le prendiamo e le mettiamo in ordine. Il vero gioco comincia.
Siamo in una periferia di Belgrado lì dove i bambini osservano gli adulti, assimilano e ripropongono i loro "giochi".
In questi giochi si muore presto e continuamente tanto poi si ritorna a giocare ed è facile avere con sè una pistola e puntarla dritto al proprio compagno di giochi.
Nel testo sarà proprio Nadezda, il cane, a diventare il capro espiatorio, quella che più ci rimette in questo gioco, ma nel nostro spettacolo tutti diventano vittime.

In questo laboratorio, io assumo vari ruoli così come gli altri. All'inizio io sono il padre, dispotico e tiranno, che non esita a cinghiare il proprio figlio (naturalmente lui non era sotto di me, ma nascosto dalla mamma) e che fa la spia per far licenziare la moglie.
I ruoli cambiano, arrivano altri bambini, c'è il problema del cane che mangia a sbafo e non fa mai niente e ognuno propone il suo metodo e io sostengo che i migliori ossi da dare sono quelli dei dinosauri.
Poi ci chiniamo a terra, siamo tutti i cani e una ragazza sale sulla sedia, prende il microfono gelato e con rabbia denuncia di quanti civili vengano uccisi in guerra facendo riferimento all'allora Presidente degli Stati Uniti, Bush junior.
Ma il gioco deve continuare e così alla fine sono la madre, premurosa, che si sottomette al marito e che ha cuore la sorte della figlia, ma ancora di più quella del marito.

Tragicamente finisce lo spettacolo: il marito muore per ciò che desidera la figlia, sposarsi e avere un figlio, io urlo disperata e vengo uccisa dalla figlia. Il cane, che prima era oggetto di "Lo mangiamo o non lo mangiamo? E se sì, come lo cuciniamo? E con cosa?" scappa con la figlia. Viene un'altra bambina. E' terrorizzata, ha fatto un incubo e tutti, tranne io e il marito che siamo già morti, la ascoltano incuriosita. Dice di aver sognato di aver ucciso i suoi genitori e ad ogni sparo, tutti gli altri muoiono. Poi si punta la pistola in bocca e muore.

C'è ancora un'altra ragazza, esce dalle quinte e vede tutti noi morti. Ci tasta prima e urla "Svegliati, mamma. Svegliati, papà. Farò la brava se vi svegliate."

Testo molto allegro, eh?

Qui sotto vi posto alcune mie foto di scena fatte dallo stesso ragazzo che ha fatto le foto nel mio primo laboratorio quindi non ricordo.


Che padre che sono, eh?

Eh sì, gli ossi dei dinosauri sono i migliori.

Ed eccomi in veste di madre premurosa
"E fai bene perché la ripresa economica potrebbe riprendersi." Così rispondo a mio marito quando dice che risparmia, che è un vero uomo di casa. So che questa frase non ha alcun senso, ma ho pensato che, visto che giochiamo letteralmente, si sarebbe potuto giocare con le parole.

Mio marito è morto.

Ormai sono un'esperta degli urli

Molte foto non le ho potuto mettere perchè si vedono distintamente gli altri miei compagni. Qui si vedono alcuni visi, ma non si riconoscono perfettamente. Non mi va che persone siano introdotte senza avere il loro permesso.

Il laboratorio è stato rappresentato l'8 marzo 2005 al teatro Rasi e le guide sono sempre Antonio Rinaldi e Eugenio Sideri.

Biljana Srbljanovic ha anche scritto sul quotidiano La Repubblica, nel 1999, un diario di guerra dalla sua Belgrado.

Il prossimo post sarà sulle illustrazioni per la Mostra degli illustratori che ho scartato.

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