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martedì 28 febbraio 2017

Laboratorio teatrale 100 ore con Ivano Marescotti (sesta parte)


Ivano Marescotti e a destra Chiara Roncuzzi, insegnante de Il Circolo degli Attori


Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte


Mancano due fine settimana in cui ci si incontra, poco più di un mese.
Si entra sempre di più nel vivo del saggio finale, esplorando le diverse possibilità, mostrando le scene e capendo che cosa non funziona.
La tensione c'è, ma contemporaneamente ci si diverte come se stessimo giocando.
Questo non vuol dire che non prendiamo sul serio quello che faremo sul palco. Anzi, tutt'altro.
Lo prendiamo tanto sul serio che ci divertiamo.
Può sembrare un controsenso, un paradosso? Può darsi, ma vedete non bisogna pensare che il divertimento sia qualcosa di fine a se stesso, almeno non qui.

Sabato 25 si inizia con gli esercizi proposti da Cristiano Caldironi, direttore artistico del Circolo degli Attori che organizza questo laboratorio, ovvero due persone di fronte all'altro dove a turno, uno va dal suo compagno con l'intenzione di dargli uno schiaffo. Anche se, come potete immaginare, non lo si dà veramente, la forza sta tutta nel portare la mano che dà lo schiaffo indietro, la camminata sostenuta. Anche se non ci si fa del male, non bisogna pensare che basti una mano tesa per rappresentare lo schiaffo. Perderebbe di forza. Poi dopo che ci si è fermati a pochi centimetri di fronte all'altro, lo schiaffo diventa un pugno e infine una carezza.
Conoscevo molto bene tutto ciò perché l'avevo fatto quasi quattro anni fa, al primo anno del Circolo degli Attori ma anche in questo caso, è necessario farlo come se fosse la prima volta così come quando si va in scena.
Abbiamo fatto il tutto più e più volte con Cristiano che ci diceva di tenere il gesto pulito: lo scatto, il tremito, tutto parte da un moto interiore.
Ha parlato delle emozioni, della sensibilità dell'attore che se può essere uno strumento eccezionale, troppa sensibilità può portare a un eccessivo dispendio di energia, di emozioni anche laddove bastava poco e quando ha nominato il rubinetto che si apre, vi chiederei "Riempiresti un bicchiere aprendo il rubinetto al massimo?" Si otterrebbe una recitazione che straborda dal suo contenuto.
Certe volte è necessario abbassare i toni per arrivare meglio (a proposito di ciò, vi consiglio di guardare questo video dove Leonardo DiCaprio racconta un aneddoto.)
In questo esercizio era necessario che chi fa sentisse ogni intenzione e il passaggio dal pugno alla carezza dove i battiti del cuore e il respiro si rilassano, rimanendo comunque sostenuti.
Velocizzando il tutto, non si ha troppo tempo per pensare e l'azione risulta più vera.
Infine abbiamo infilato nell'azione una battuta del testo che porteremo in scena.
Cristiano ha precisato che non era necessario che la battuta fosse detta, nel testo originale, in un impeto di rabbia. Anche una frase semplicissima, anche tenera, può essere trasformata.
Anzi, succede che dietro a una frase rabbiosa ci sia una richiesta d'amore.
All'inizio la frase era detta per ogni gesto e poi bisognava includere tutti e tre i gesti nella stessa frase.
Infine ogni coppia faceva l'azione mentre le altre guardavano.
Così finisce l'esercizio. Anche se ci siamo mossi poco, comunque c'è stata intensità anche da farci sudare.


Prima di passare a vedere le scene che porteremo al palco, si parla del monologo che Ivano Marescotti ci ha chiesto di leggere ovvero il monologo di Marco Antonio ne Giulio Cesare di William Shakespeare.
Si tratta della sua orazione dopo la morte di Giulio Cesare..
L'abbiamo visto in diverse interpretazioni e ovviamente non poteva mancare quella di Marlon Brando nel film Giulio Cesare del 1953 diretto da Joseph L. Mankiewicz.
Qui potete vedere il monologo (in italiano), dopo l'orazione di Bruto interpretato da James Mason.
Noi l'abbiamo visto in inglese ed è stato molto utile anche perché non tutto viene reso poi dal doppiaggio.




Per esempio, non è stato reso l'inciampo dovuto all'emozione al minuto 2:59 del video qui sopra, momento dove Ivano Marescotti si è focalizzato. Certi ostacoli possono arricchire la nostra interpretazione e bisogna usarli, non negarli.
Un altro punto sul quale si è focalizzato Marescotti è la precisione dei gesti. Sempre meglio fare dei gesti in meno che farne tanti, ma affrettati, senza nessuna cura di quello che si sta facendo.
Come diceva Amleto agli attori non bisogna "trinciare troppo l'aria con la mano" (ne ho parlato qui dove trovate tutto il testo) dove trinciare sta appunto per tagliuzzare.
Inoltre Marlon Brando richiamava sempre di più una statua classica, anche prima di parlare.



Cicerone






Sono stati fatti vedere altri esempi di interpretazione dello stesso testo per vedere come è stato reso, che cosa non funzionava, quando certe espressioni corporali e vocali sono manierate, non convincenti.
Magari si potrebbe dire anche che qui si tratta di recitazione cinematografica.
C'è da dire che nella recitazione teatrale non si va tanto vicini all'attore tanto da vederne i particolari. Per questo ho sentito negli anni precedenti del Circolo di sostenere ancora di più la recitazione, ma questo non deve indurre all'esagerazione, alla gigioneria ovvero troppo caricaturale. Anche la voce deve essere sostenuta per far sì che anche l'ultimo della fila senta, ma questo non vuol dire urlare a meno che il ruolo non lo richieda in quel momento e anche se ciò succede, non bisogna fingerlo.
E' tutto un'esercitazione di potenziamento che bisogna tenerlo dentro e controllarlo per poterlo usarlo meglio.


E' il momento delle scene.
La si vede prima nella sua totalità e poi Ivano Marescotti fa vedere come potrebbe essere, quale strada si può esplorare.



Spesso non ci viene detto subito che cosa richiede perché è anche necessario che siamo noi a cercare.
Ci viene chiesto di non affezionarci alle scelte fatte, di essere disponibili a prendere altre strade senza fossilizzarsi sul "Ma prima si era fatto così."
Anche in questo sta la disponibilità che al primo weekend lui ci ha chiesto.
Comunque non siamo soli e non soltanto perché c'è Marescotti, ma perché ci siamo tutti noi che siamo lì a vedere, a fornire un altro sguardo, ad aiutarci.
Per esempio succede che in alcune scene dove c'è un monologo, venga richiesta la presenza di altre persone con le quali lavorare.
Si dà la completa disponibilità per poter aiutare, per arricchire l'interpretazione.
Anzi, si è notato come certe caratterizzazioni possano addirittura cambiare il monologo facendolo trasformare da una semplice narrazione a una scena vera e propria.


Si passa a domenica 26.
La mattina inizia con l'esercizio della musica (ovvero lasciarsi guidare e condurre dal suono così come il vento modifica un prato di erba alta) e anche questa volta, come per l'appuntamento precedente, la canzone è quella dei King Crimson.




Dopo un primo attimo di smarrimento, Ivano Marescotti ci ha fatto vedere per la prima volta la sua interpretazione.
Ha precisato di non averlo fatto all'inizio perché non voleva essere copiato, ma che ognuno, vedendo le diverse strade che si possono esplorare, trovi la sua.
Anche quando mostra come si potrebbe fare durante le scene non è per far vedere che si deve fare così perché sì e questo lo ha precisato sin dal primo incontro.



un altro momento del corso


Sempre di più si vanno a costruire le scene, portando oggetti che non sono mai qualcosa in più, ma hanno la stessa valenza di come quando viene chiesta la nostra presenza per aiutare.
Dopo la pausa pranzo, ho fatto la mia scena.
Anzi, sono andata a crearla.
Mi sono portata tutto quello che mi serviva in quel momento come il vestito, le scarpe, così come altri hanno fatto.
E' importante che nella scena ci sia un conflitto, intenzioni diverse.
Succede che una scena, soprattutto se molto lunga, debba essere suddivisa in microscene perché se tutto ha lo stesso andamento, l'attenzione di chi guarda si abbassa sempre di più.
Bisogna sempre ricordare che recitiamo per un pubblico e quindi è necessario considerare il suo punto di vista, come gli arrivino i nostri gesti, le nostre parole soprattutto quando usiamo degli oggetti.
Per esempio in alcune scene vengono usati oggetti come delle armi e quindi bisogna pensare come arriva il tutto allo spettatore.
Non si può pensare a chi guarda come a qualcosa di opzionale, che se c'è non fa differenza dal fatto che non ci sia.
Estendendo l'azione, l'oggetto acquisisce più potere così come allontanarsi da un oggetto lo fa diventare più importante proprio perché lo spazio è un campo vivo.
Inoltre se gli oggetti sono appartenuti ad un'altra persona o ce li hanno dati, possono diventare loro stessi.
E come è successo nelle scene degli altri, Marescotti viene.
Sono sempre passaggi successivi che poi sta a noi ad incarnarli così che anche noi facciamo uno step in più non soltanto nella realizzazione del testo, ma anche nella sua comprensione.
Si passa alle scene degli altri.

Tornata a casa scrivo questo su Facebook:  
Capisci che un corso sta funzionando quando ti influenza. Per esempio con questo di "100 ore con Ivano Marescotti", sto più attenta a cercare il sottotesto, ad indagare ancora di più.
Sono davvero contenta di parteciparvi.
Una mia amica, e partecipante anche lei del corso, scrive dell'entusiasmo e della complicità teatrale. Sono molto d'accordo.


Sì, sono davvero molto felice di partecipare a questo laboratorio.


Settima parte
Ottava parte (il mio monologo)

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