Pagine

domenica 17 maggio 2015

Medea (teatro)


di Gustav Klimt
non sono sicura sia Medea quella raffigurata



Ecco qual era il ruolo difficile del quale parlavo qualche mese fa.
Medea, la madre che ha ucciso i suoi due figli perché tradita.
Almeno questo è quello che viene in mente quando la si nomina.
Ogni volta il suo nome ricompare come fosse una maledizione, ma quando si recita non c'è il tempo per giudicare un personaggio e processarlo. Anzi, il farlo sarebbe una grave mancanza per chi lo interpreta.
Quindi come mi sono approcciata a un personaggio simile?
Innanzitutto quale pezzo dovevo interpretare?

La Medea da me interpretata è quella della versione di Seneca ed ecco il mio monologo

Dèi del matrimonio, io vi prego. Tu, Lucina, custode del letto nuziale. E tu, Minerva, che insegnasti a Tifi il governo della nave, la prima che vinse i flutti, e tu sole che distribuisci al mondo la luce del giorno, e tu, Nettuno, che crudelmente regni sul mare profondo, e tu, Ecate Triforme, che offri il tuo complice raggio ai riti segreti, e voi, sui quali Giasone mi giurò fedeltà, e voi, voi che a Medea è più lecito invocare: Caos dell'eterna notte, regno che è agli antipodi del cielo, e voi, Spiriti del male, e tu, Plutone, signore del regno dolente, e tu, Proserpina, signora che un amore più fedele ha rapito: io vi prego con la mia voce funesta.
Ora, ora dovete venire, dee vendicatrici dei delitti, Furie, luttuoso il crine di guizzanti serpi, la nera fiaccola stretta con mani di sangue, orrende come il giorno che appariste alle mie nozze: la morte, date la morte alla nuova sposa di Giasone, al suocero, a tutta la famiglia regale, ma a me date qualcosa di peggio, che io possa augurarlo al mio sposo. Che viva, lui, e corra per città sconosciute, esule, privo di tutto e colmo di terrore, odiato e senza asilo. E rimpianga me come sposa, e batta a porte straniere come un ospite troppo conosciuto. Non riesco dunque ad augurargli nulla di peggio? Sì, generi figli simili al padre, simili alla madre. Ecco, la vendetta è fatta. ho partorito.

(preso da qui)




Avviene molto prima del fatidico atto e qui c'è tutta la disperazione per il tradimento.
La sua invocazione agli dei non è sentita come qualcosa di estraneo poiché lei stessa ne è una discendente: è la nipote di Elio, il dio del Sole.
Quindi lei conosce bene questi dei e nella supplica li onora.
Cristiano Caldironi, il mio insegnante de Il Circolo degli Attori, mi diceva di trovare l'umanità nella supplica.
Il tradimento di una persona che ti amava ma soprattutto tu che amavi.
E la sua furia...
C'è chi quando fa teatro fa fatica ad abbandonarsi del tutto.
Ebbene, a me succede il contrario. Se mi viene lasciato libero il passaggio, sono un fiume in piena.
Quello che potrebbe sembrare una forza, alla fine dimostra una debolezza: ovvero la mancanza di controllo.
Inoltre la potenza ha bisogno di essere interna. Non che io non lo sia, ma si sente la differenza di quando non esprimo a pieno volume la potenza tanto che questi momenti di puro potere rimangono più impressi in chi guarda.
Ma io non voglio essere semplicemente "quella che sbraita" come qualcuno mi potrebbe definire.


il video del mio monologo lo potete vedere qui


L'acustica del luogo non era tra le migliori e quindi dovevo fare molta attenzione alla voce.
Molto più importante di un'espressività piena è la chiarezza anche perché, sempre nel mio intento di migliorarmi, si può esprimere terrore, potenza anche senza alzare troppo la voce.
Provare anche in uno spazio simile mi ha permesso di capire (come è successo altre volte) quanto lo spazio possa modificare uno spettacolo.
Chi ha filmato è una mia amica e mi ha detto che sto migliorando.
Questo mi fa immensamente piacere e non solo perché mi viene detto da una mia amica. L'ho conosciuta in un laboratorio della Non-Scuola alcuni anni fa e ha visto diversi miei spettacoli.
Ha visto anche lo spettacolo de L'eretica tutte e due le volte, sia quella del 2010 per il Ravenna Viso-in-aria (quella dove sono stata filmata) sia in una replica che ho fatto qualche anno dopo.






Fra cinque giorni sono passati già cinque anni dalla prima volta che l'ho messa in scena.
Già nella replica, ho fatto qualche modifica al testo ma soprattutto all'interpretazione.
Sono sicura di poter migliorare ancora e ancora anche perché è una mia precisa volontà e non soltanto perché mi è stata consigliata.
Anche perché, come è per la pittura, non si tratta di uno snaturarsi, ma semplicemente di un'evoluzione.
Non si tratta di un voler spegnere il fuoco, ma semplicemente domarlo per danzarci.



P.S.: Il fatto che in entrambi sono vestita completamente di bianca è completamente un caso. Se ne L'eretica, il bianco era il colore predominante dello spettacolo, in quello dove interpreto Medea c'era un altro motivo.
Come potete notare eravamo tutti vestiti di bianco e ognuno aveva un monologo incentrato sulla follia o comunque che c'entrava qualcosa. Si spaziava (non in questo ordine) dall'Enrico IV di Pirandello allo Shylock de Il mercante di Venezia e alla Caterina de La bisbetica domata (entrambi di Shakespeare), al Don Giovanni di Molière, alla Blanche de Un tram chiamato desiderio di Tennessee Williams all'Ivanov di Anton Checov, al monologo di Barbara Giorgi Potete chiamarmi strega per Franca Rame, al La cosa di Giorgio Gaber, al monologo di Novecento di Alessandro Baricco e al mio di Seneca appunto.
Ma questi monologhi avevano un preciso scopo.
Erano lo spettacolo che dei dottori (noi) facevamo per i nostri pazienti (gli spettatori).
Alla fine, consegnavamo a loro la medicina (un tic-tac) con il bicchiere e dicevamo loro di ritornare nelle loro camere.










foto fatte dalla stessa ragazza che ha filmato.
Magari più avanti ci saranno altre foto



La cosa più divertente è che il finale era assolutamente a sorpresa per gli spettatori e loro all'inizio erano inconsapevoli di questo gioco che li avrebbe coinvolti poi.
Questo era Follie Urbane.

P.P.S.: Oltre a Cristiano Caldironi, ringrazio anche Christian Amadori il nostro coach che ci ha aiutato molto per l'approccio fisico (no, non sto parlando di una cosa sconcia :D ) e ovviamente ringrazio tutti i miei compagni d'avventura.


Aggiornamento 22 maggio 2015: eccovi altre foto scattate da Sara Tantaro (un'altra allieva del Circolo) con aggiunti stralci dei monologhi interpretati.






Il primo ad aver iniziato è Leonardo Ciavattone con il Don Giovanni di Molière







Ma una volta piantata la bandiera, che cosa ti resta da dire, o da volere? Tutto il bello della passione è finito.
Ti annoi, ti addormenti nell’amore se qualche nuova creatura non viene a richiamarti e a offrirti la vitalità di una conquista da fare.
Credimi, non c’è niente di più sublime che infrangere la resistenza di una donna attraente. 
Ti dirò, in questo io ho l’ambizione dei conquistatori, dei grandi condottieri, che volano di vittoria in vittoria, e non riescono a mettere un limite ai loro vasti disegni.
Non c’è niente che possa fermare l’impeto del mio desiderio.
Sento di avere un cuore capace di amare tutta la terra.


(Atto I, Scena I)




Simona Melandri ne Caterina de La bisbetica domata di Shakespeare

E per acquistarsi la fama di uomo faceto (parla di Petruccio) egli farà la corte a mille, fisserà il giorno delle nozze, farà invitare amici, farà pubblicare i bandi, ma senza intenzione di sposarsi mai. E ora la gente segnerà a dito la povera Caterina e dirà: "Ecco là la moglie del pazzo Petruccio se pur garberà a costui di venire a sposarsela!" 


(Atto III, Scena II)




Marco Amadei nell'Enrico IV di Pirandello




Mi credete; lo avete creduto fino ad ora, che sono pazzo! — È vero o no? Ma lo vedete? Lo sentite che può diventare anche terrore, codesto sgomento, come per qualche cosa che vi faccia mancare il terreno sotto i piedi e vi tolga l’aria da respirare? Per forza, signori miei! Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito

in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! — Eh! che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! 

(Atto II)








Annalisa Parisi nella prima parte del monologo La cosa di Giorgio Gaber








Ma cosa parlo a fare con questa faccia da cretino (ovviamente il monologo è stato reso al femminile), da perdente? Un pugno ci vorrebbe POOM! invece di star lì ad inciampare sulle parole, un fiume di parole, che poi quella và a casa e dice: ma che ha detto? Niente! POOM! Invece, quello si che se lo porta a casa.




Ed eccomi qua













Mauro Benedetti in Shylock de Il mercante di Venezia di Shakespeare








Ma non ha occhi un ebreo? Non ha un ebreo mani, organi, membra, sensi, affetti, passioni? Non si nutre degli stessi cibi, non è ferito dalle stesse armi, non è soggetto alle stesse malattie, non si cura con gli stessi rimedi, non è riscaldato e agghiacciato dallo stesso inverno e dalla stessa estate come lo è un cristiano? Se ci pungete, non facciamo sangue? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci oltraggiate, non dobbiamo vendicarci? Se siamo simili a voi in tutto il rimanente, vogliamo rassomigliarvi anche in questo. Se un cristiano è oltraggiato da un ebreo, qual è la sua mansuetudine? La vendetta! Se un ebreo è oltraggiato da un cristiano, quale può essere, sull'esempio cristiano, la sua tolleranza? Ebbene, la vendetta! La malvagità che mi insegnate la metterò in opera e sarà difficile che io non abbia a superare i maestri.

(Atto III, Scena I)




Alberta di Leone in Blanche de Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams


Quando avevo 16 anni, mi innamorai di un ragazzo. Ma così di colpo, e in un modo così pieno, totale! E' come se all'improvviso tu accendi un faro nella penombra, così si trasformò il mondo per me! Ma ero sfortunata. Fu un inganno.







Momento di ballo, l'unico momento collettivo







Patrizia Messere nel monologo de Potete chiamarmi strega di Barbara Giorgi per Franca Rame




Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale…  sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.







Cesare Bertini ne Novecento di Alessandro Baricco




Non è quello che vidi che mi fermò, Max

È quello che non vidi.
Puoi capirlo? Quello che non vidi... In tutta quella sterminata città c'era tutto tranne la fine.
C'era tutto.
Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita.
Questo a me piace. In questo posso vivere.
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai... Quella tastiera è infinita.
Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.








Paolo Zanzi nell'Ivanov di Anton Cechov




Sono un uomo cattivo, miserabile e meschino. Bisogna essere miserabile, frusto e consunto come Paša, per amarmi e stimarmi ancora. Come mi disprezzo, Dio mio! Quanto profondamente odio la mia voce, i miei passi, le mie mani, questi vestiti, i miei pensieri. Non è una cosa ridicola e offensiva? Non è ancora passato un anno da quando ero sano e forte, ardito, instancabile, pieno di energie, lavoravo con queste stesse mani, parlavo in modo tale da commuovere fino alle lacrime anche gli ignoranti, sapevo piangere quando vedevo il dolore, mi indignavo quando incontravo il male. Sapevo che cosa fosse l'ispirazione, conoscevo l'incanto e la poesia delle notti silenziose, quando da un'alba all'altra te ne stai al tavolo da lavoro oppure rallegri la tua mente con i sogni. Avevo fede, guardavo al futuro come negli occhi di mia madre... E adesso, oh, Dio mio! sono stanco, non credo più, passo giorni e notti negozio. Non mi ubbidiscono né il cervello, né le mani, né le gambe. La tenuta sta andando in fumo, i boschi fremono sotto la scure.


(Atto III, Scena VI)






E alla fine ecco che uno ad uno veniamo risucchiati.
Ma non è finita qui.
Come vi ho anticipato nel post prima di queste foto, noi interpretavamo degli infermieri di un ospedale psichiatrico che realizzava uno spettacolo per i pazienti ovvero gli spettatori ma, ovviamente, loro ne erano inconsapevoli.

4 commenti:

  1. Ho visto tutto il video... Sei davvero molto brava.

    RispondiElimina
  2. Uno spettacolo dal tema difficile. Interessante la storia di questa sorta di "dietro le quinte".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie,
      Uno non può immaginare tutto il lavoro che c'è dietro le quinte se almeno una volta non ha partecipato anche solo come osservatore.
      E poi immagino anche a te, al lavoro che fai per i video.
      E' una fatica, ma poi si è felici come non mai.

      Elimina

Grazie per i commenti