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martedì 17 febbraio 2015

Una bambina, di Torey L. Hayden




E dopo aver cominciato, interrotto, ricominciato, reinterrotto, alla fine sono arrivata alla conclusione di questo libro.
Non so se avete mai sentito parlare di Torey L. Hayden, chiamata "la maestra dei casi difficili".
Questo è il suo primo libro dove lei parla della sua esperienza con questa bambina difficile di 6 anni, Sheila che entra nella classe dei bambini "speciali" di Torey.
Cos'ha fatto "per meritarsi questo"? In pratica ha legato un bambino di tre anni ad un albero e lo ha ustionato.
Ed ora desidero fermarmi qui. Non tanto con il post bensì con questo tipo di narrazione perché, ve ne sarete accorti, ne ho usati di virgolettati.
Ne usiamo parecchi anche quando si parla dei matti (fate finta di vedere il virgolettato).
Odio questa parola intesa così (matti) e poi c'è sempre qualcuno che dice "Ma matti lo siamo un po' tutti."
Non so che cosa loro vogliano intendere. Che un briciolo di pazzia c'è in ogni persona?
Okay, ma provate a leggere questo libro.
E poi quando leggo o sento alcuni che rifuggono dalla normalità perché è banale è noiosa.
Provate a leggere questo libro.
Tutto!

Ci sono due frasi che ho sottolineato nel libro

E' vero che erano tutti bambini dalla personalità disgregata, ma nessuno di loro era fragile. Anzi, il fatto che fossero sopravvissuti tanto a lungo dopo quello che avevano passato era una testimonianza della loro forza.

L'unica reazione normale a un'infanzia come quella di Sheila non poteva che essere il disadattamento cronico. Chi si fosse mai adattato all'oscenità di una esistenza del genere, quello si sarebbe dimostrato infermo di mente!


Torey più volte parla del coraggio.
Perché sì, di fronte a questi bambini, non si può che ammirare il loro coraggio.
Affrontano la vita come è stato insegnato loro e osservano il mondo fuori, quello che non conoscono desiderando di farne parte.
Ci provano. Cadono. Ci riprovano. Ricadono. Ci riprovano ancora.
Per non parlare del coraggio di quando si trovano soli, a tu per tu con le loro paure.
Tutti i bambini hanno paura di qualcosa (del buio, dell'abbandono ecc...) solo che per questi bambini queste paure sono ancora più concrete.
E ben vengano insegnanti come la Hayden, che ricordo è una psicologa infantile, che credono in questi bambini e fanno di tutto, che hanno fiducia in loro. Perché lasciarli soli a se stessi, lasciare che crescano così, convinti che esistano solo quel mondo non fa che incattivirli ancora di più.
Se uso la parola incattivire è perché c'è un significato specifico nel libro.


Dopo questo libro, Torey ha pubblicato altri libri autobiografici, tra i quali anche il seguito di Una bambina ovvero La figlia della tigre, e anche alcuni romanzi.


Qui trovate il sito italiano di Torey Hayden con alcune informazioni.
Di sicuro leggerò altri suoi libri.


P.S.: Parlando poi di bambini violenti con famiglie disastrate, anni fa vidi uno di quei telefilm ispirati a una storia vera. In originale Child of Rage (dal nome del documentario su di lei) e in italiano me lo ricordavo come Perché mia figlia? anche se cercando me lo danno come Infanzia negata.

 

5 commenti:

  1. Ho letto questo libro su consiglio di una mia amica, cosi come "Il gatto meccanico" e "Una di loro". Sono raccontati con grande umanita' e professionalita', non per commuover furbamente il lettore, ma offre uno spaccato di un mondo solo apparentemente lontanissimo

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  2. L'autrice non mi è nuova,forse ho letto qualche cosa di suo.

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  3. @ ApeRegina: Infatti pensa che Una bambina non era nato prima come libro, ma solo come registrazione dei progressi di Sheila e un po' come diario. E ho visto quello che tu dici quindi mi fa piacere che abbia mantenuto questo suo sguardo.

    @ olgica valtorre: Magari prova a vedere nel sito italiano se c'è qualcosa che te la fa venire in mente.

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  4. In un mondo giusto, i bambini dovrebbero sempre essere protetti dalla sofferenza, dovrebbero essere tutelati e sereni.
    Per questo sono assolutamente certa del fatto che non viviamo in un mondo giusto.

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  5. Eh, sarebbe troppo bello. Possiamo fare il possibile e non solo proteggere i bambini ma anche informarli dei rischi che corrono senza però limitare la loro libertà di movimento (ovvero rintanarli a casa per paura)

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Grazie per i commenti