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venerdì 10 maggio 2013

L'usignolo ovvero il dono dell'arte

L'arte può essere un dono?
Dono non nel senso di riceverlo, ma di darlo.
Quindi, riformulando, l'arte può essere donata?
Come artista mi sento in dovere di essere generosa, di donare la mia arte come se stessi donando un sorriso.
Il punto è che, chi riceve, si rende conto del dono?
Non che mi debba accogliere col tappeto rosso però a volte c'è una certa sufficienza da parte di chi riceve come se il tuo dono sia una cosa dovuta in fondo.

Eccoci giunti all'usignolo, uccello dal soave canto ed emblema di ciò che intendo dire.


tratto da Storia naturale degli uccelli dell'Europa centrale di Johann Friedrich Naumann, 1905

Ode all'Usignolo di John Keats

Il cuore si strugge e un'ottusità plumbea

Affligge i miei sensi, quasi, pieno di cicuta,

O d'un sonnifero pesante trangugiato

Pochi istanti fa, fossi affondato nel Lete:

E non certo per invidia della tua razza felice,

Ma troppo felice nella tua felicità -

Tu, arborea driade dalle lievi ali,

Che in una macchia melodiosa

Di faggi verdi e sparsa d'ombre innumeri

Canti l'estate con la felicità della gola spiegata.

Avere un sorso di vino! E ghiacciato

Da secoli nelle profondità della terra,

Saporoso di Flora e della campagne verde,

Dei balli. dei canti provenzali. d’allegria solare!

Oh, si, bere una coppa piena di caldo meridione,

Colma di rosso, vero Ippocrene,

Con rosari di bolle che s’affacciano all'orlo

E la bocca macchiata di porpora;

Si poter, bere e inosservato lasciare il mondo

Per svanire, infine, con te, nelle foreste oscure:

Sparire, lontano, dissolvermi, e dimenticare poi

Ciò che tu, tra le foglie, non hai mai conosciuto:

La stanchezza, la malattia, l'ansia

Degli uomini, qui, che si sentono soffrire,

Qui, dove il tremito scuote gli ultimi, scarsi capelli grigi,

Dove la gioventù impallidisce, si consuma e simile a un fantasma muore,

Dove il pensare stesso è riempirsi di dolore,

E la disperazione regna, dalle ciglia di piombo,

Dove la bellezza vede spenta la luce dei suoi occhi

E l'amore nuovo non riesce a piangerla oltre il domani.

Andarsene, andarsene. E arrivare da te,

Non portato da Bacco e dai suoi leopardi,

Ma sulle ali della poesia, invisibili,

Anche se la mente, lenta, ha perplessità e indugi:

E il, con te, subito la notte è tenera

Con la sua luna regina sul trono

E le fate stellate tutt’intorno:

Qui, invece, adesso, non ce n’è più di luce, niente,

Se non quella che dal cielo è soffiata

Giù dal vento, nel buio verde e tortuoso di muschio

I fiori che ho intorno, non il vedo,

E neppure l’incenso dolce che impende sui rami,

Ma nell’oscurità profumata intuisco ogni dolcezza

Con cui il mese propizio rende ricca

L’erba, il bosco e il selvaggio albero da frutta,

Il biancospino e l’arcadica eglantina,

Le viole, presto appassite, sepolte tra le foglie,

E la figlia più grande del maggio maturo:

La rosa in boccio, muschiata, piena di vino di rugiada,

Casa sussurrante d’insetti nelle sere estive.

Nel buio ascolto io che spesso

Ho quasi fatto l’amore con la facile morte,

L’ho chiamata coi versi più teneri della mia poesia,

L’ho pregata perché nell’aria via si portasse il mio respiro—

E mai come adesso m’è sembrato ricco il morire:

Spegnersi a mezzanotte, senza dolore,

Mentre tu butti fuori l’anima

In un’estasi stupenda!

Tu canteresti ancora: per le mie orecchie inutili

Per me, una semplice zolla davanti al tuo requiem altissimo.

Non sei mica nato per morire, tu, uccello immortale:

Generazioni di affamati non ti calpestano,

E la tua voce, che ascolta in questa notte fuggente,

Fu ascoltata già de re e da villani:

forse è lo stesso canto che il sentiero trovò

Del cuore di Ruth, quando malata di nostalgia

Pianse in mezzo ai campi stranieri;

Lo stesso, forse, che tante volte ha affascinato

Magiche finestre aperte sulle schiume

Di mari pericolosi in incantate terre deserte.

Deserte! Come una campana risuona questa parola

Che mi riporta alla mia solitudine.

Addio! L’immaginazione non può più illudermi,

Come si dice sia solito fare quest’elfo ingannevole.

Addio, addio. Il tuo canto doloroso svanisce

Oltre i prati vicini, oltre il fiume quieto,

Al di là del colle – ed è sepolto adesso

Tra i boschi della valle vicina.

E stato un sogno soltanto? o una visione?

La musica è svanita: - dormo? son sveglio?





John Keats mentre ascolta un usignolo a Hampstead Heath di Joseph Severn, 1845 ca.



Un esempio poi ancora più eclatante è dovuta alla fiaba L'usignolo dell'imperatore di Hans Christian Andersen.



L'imperatore della Cina ha un castello con molti tesori, rinomati da tutti i visitatori, ma del tesoro più prezioso non ne è a conoscenza ovvero di un usignolo.



di Margaret Tarrant, 1910

Infatti lo impara leggendo il resoconto di un suo visitatore.
Come mai è possibile che non ne sono a conoscenza, pensa l'imperatore.
Quindi interpella tutti gli uomini della sua corte per sapere di questo usignolo, ma nessuno gli sa rispondere.
Anzi, che cos'è un usignolo?
Solo una povera ragazza che lavora in cucina è a conoscenza dell'usignolo e porta subito i nobili uomini nel luogo dove si trova l'uccello.




di William Heath Robinson, 1913


di William Heath Robinson, 1913


di William Heath Robinson, 1913


Kay Nielsen, 1924


di Margaret Tarrant, 1910


di William Heath Robinson, 1913


di Edmund Dulac, 1911


di Edmund Dulac, 1911

E così l'usignolo viene portato a palazzo.
All'inizio tutti notano quanto l'uccello ha un aspetto davvero umile, forse un po' troppo. Davvero è lui il tesoro più prezioso?
Sarà il canto dell'usignolo a mostrare la natura di questa preziosità.


di Harry Clarke, 1916



di Harry Clarke, 1916



di Milo Winter, 1916 ca.

L'imperatore ne è conquistato tanto da commuoversi.

Chiede all'usignolo di restare e lui accetta.




di Margaret Tarrant, 1910

Passano giorni quando l'imperatore del Giappone fa recapitare un dono a quello della Cina ovvero un usignolo meccanico d'oro e riccamente addobbato con pietre preziose.



di Margaret Tarrant, 1910


di Henry Justice Ford, 1894

Tutti rimangono abbagliati da questa magnificenza e chiedono un duetto tra i due usignoli solo che quello meccanico surclassa quello vero e così il vero usignolo se ne va via.

L'imperatore ascolta con piacere l'usignolo meccanico. I giorni passano e questa "meraviglia" robotica rivela la sua debolezza: non ha inventiva, ripete sempre lo stesso motivo e si rompe.

Quante volte ci facciamo abbagliare da ciò che si mostra magnifico ai nostri occhi? Quante volte giudichiamo male un'arte solo perché non è piacevole alla vista?
Eppure così perdiamo di vista meraviglie incredibili.
Inoltre la sola bellezza non basta. Ci vuole espressione.


L'imperatore si ammala e tutti si allontanano.
Rimane solo e l'ombra della morte si avvicina sempre di più tanto che l'imperatore la vede sul suo letto.



di Vilhelm Pedersen


di Edmund Dulac, 1911

La paura è reale, ma ecco che arriva l'usignolo, quello autentico.
Il suo canto allontana la morte.


di Harry Clarke, 1916


di Henry Justice Ford, 1894

L'imperatore è commosso e si rende conto della grave ingiustizia che gli ha fatto.
L'usignolo accetta le sue lacrime e se ne va via facendosi promettere di non gettare via l'usignolo meccanico dopo che l'ha servito così tanto e dirà all'imperatore che ogni tanto ritornerà da lui.

Tutti gli uomini di corte si immaginavano di trovare l'imperatore morto ed invece eccolo lì che dice loro: "Buongiorno."


Ecco una trasposizione della fiaba:





Questa fiaba è a lieto fine però ce n'è un'altra che invece è amara, il racconto di Oscar Wilde chiamato L'usignolo e la rosa.


Invece di raccontarla io, lascio che sia questo cortometraggio a raccontarvi questo racconto.





illustrazioni sul racconto:



di Charles Robinson


di Nika Golz




di Nika Golz


Il Poeta non si rende conto del sacrificio effettuato, è inconsapevole di quale dono ci sia in quella rosa.
Al rifiuto dell'"amata" getta il dono come se non avesse valore.

A volte non ci rendiamo conto del dono che ci stanno facendo, della sua natura, anche perché magari è fuori dal suo contesto.
Eppure un dono rimane un dono.



Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il violino; era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti.
Durante questo tempo, poiché era l'ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero passate per la stazione, molte delle quali sulla strada per andare al lavoro.
Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c'era un musicista che suonava.
Rallentò il passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in ritardo sulla tabella di marcia.
Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna tirò il denaro nella cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare.
Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l'uomo guardò l'orologio e ricominciò a camminare. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni.
Sua madre lo tirava, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista.
Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini.
Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi.
Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento.
Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Raccolse 32 dollari. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, ne' ci fu alcun riconoscimento.
Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo.
Suonò uno dei pezzi più complessi mai scritti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari.
Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston e i posti costavano una media di 100 dollari.

Questa è una storia vera. L'esecuzione di Joshua Bell in incognito nella stazione della metro fu organizzata dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La domanda era: "In un ambiente comune ad un'ora inappropriata: percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?".

(lo scritto viene da una pagina Facebook)

A volte poi cosa succede? Che proprio con questo dovere del donare, l'arte diventa meccanica perché la gente ne richiede sempre di più e ancora di più.





I doni non hanno prezzo, per questo sono ancora più preziosi e tra questi doni ci sono l'arte e, ovviamente, la vita.



P.S.: Ovviamente con la storia del donare, non sto dicendo di lavorare gratuitamente. Il mio discorso riguarda l'essere umili.





Aggiornamento 17 maggio 2013:
La mia carissima amica Marcella Andreini ha realizzato un post sulla musica nelle fiabe di Andersen parlando così dell'usignolo e anche del Pifferaio magico. Clicca qui

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