Pagine

domenica 19 luglio 2009

L'Amadriade

Ho deciso di volervi far attendere il terzo anno. Non che sia eccellente, ma vi spiego meglio dopo.
Ero in bici quando vedo un albero dalla forma strana. A volte se ne incontrano di cose strane e questo albero ai miei occhi aveva una forma umana, leggiadra e nello stesso tempo impaurita e così l'ho voluta chiamare Amadriade come le ninfe mortali dei boschi.
A voi questo piccolo albero.

Prima si passa dal lontano (per familiarizzare bisogna sempre partire da lontani)











E poi piano piano ci si avvicina









Fatto! E dopo questa familiarizzazione, una bella abbracciatona. Chissà se la paura è passata.
P.S.: Ecco, per quanto riguarda il terzo, stavo caricando le foto quando vedo che le ultime tre foto sono sfocate. Già ho dovuto riprendere la parete perché le tele sono quadrate e poi riguardano il movimento quindi non lo volevo compromettere con dei tagli. Quindi ho deciso di non caricare il terzo anno, ma visto che è da un po' che manco decido di mettere queste foto. Spero che sia stata cosa gradita.

2 commenti:

  1. Ciao Alma! Che albero interessante hai fotografato! Non so se è successo anche a te, ma a me questo albero ha fatto pensare a una donna. Se lo guardi attentamente sembra una donna magra con le braccia alzate, è incredibile! Anche in questo caso mi viene in mente un mito, cioè il mito di Dafne raccontato da Ovidio. Se ricordi, nelle Metamorfosi Ovidio racconta che Apollo (Febo) fu colpito da una freccia scagliata da Cupido e si innamorò subito di Dafne e prese ad inseguirla per far l'amore con lei. Dafne, anch'ella colpita da Cupido ma con effetto opposto, fugge per evitare lo stupro. Incalzata dal dio, Dafne prega suo padre di trasformarla in albero. Ecco il bellissimo passo ovidiano:
    "Ha appena finito questa preghiera, che un pesante torpore le pervade le membra, il tenero petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza. Anche così Febo la ama, e poggiata la mano sul tronco sente il petto trepidare ancora sotto la corteccia fresca, e stringe fra le sue braccia i rami, come fossero membra, e bacia il legno, ma il legno si sottrae ai suoi baci. E allora dice: 'Poiché non puoi essere moglie mia, sarai almeno il mio albero. O alloro, sempre io ti porterò sulla mia chioma, sulla mia cetra, sulla mia faretra.'

    RispondiElimina
  2. Sin dall'inizio mi è sembrata una donna spaventata con le braccia in alto. Infatti l'ho chiamata Amadriade come le ninfe dei boschi.Ho pensato anch'io al mito di Daphne e Apollo.

    RispondiElimina

Grazie per i commenti